Per mettersi un abitino attillato con successo, una donna deve essere sufficientemente snella. In modo analogo, per indossare le pratiche di Industry 4.0 con profitto un’industria deve avere una produzione snella, in inglese lean. Altrimenti l’abitino digitale invece di amplificare le sue qualità rischia di evidenziarne i difetti. «C’è il rischio che sull’onda dell’entusiasmo per le agevolazioni fiscali del piano industria 4.0 si cerchi di scimmiottare quello che hanno fatto le industrie tedesche automobilistiche, nelle quali è nato il paradigma Industry 4.0, dimenticando che in quanto automotive sono industrie lean, che cioè prima hanno semplificato i processi e li hanno resi stabili, e solo successivamente hanno cominciato ad applicare le tecnologie» dice Tommaso Rossi, direttore alla Liuc – Università Cattaneo dell’Executive Program L’eandustry 4.0, il cui titolo incrocia i termini lean e Industry 4.0. «Processi produttivi e logistici snelli, ovvero pensati in ottica lean, sono un prerequisito fondamentale per l’implementazione del paradigma Industry 4.0. Il rischio è di utilizzare le tecnologie per gestire una gran confusione; prima devo semplificare, e dopo applicare le tecnologie. È come pretendere di far funzionare un modello matematico senza verificare le ipotesi su cui è basato» spiega Rossi. Il termine lean manufacturing è stato ideato da due studiosi americani per definire il sistema di produzione della Toyota, messo a punto dall’ingegnere meccanico Taiichi Ohno. «Lean è fare di più e meglio con meno, arrivare a rendere possibile il paradosso di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Con le tecniche lean riesci a fare efficienze, e questo recupero non è fine a se stesso ma investito per dare maggiore valore al cliente. Con il lean elimini tutti gli sprechi nelle attività produttive e logistiche, cose che se il cliente avesse visto avrebbe detto: questa quota parte del tuo tempo non te la pago…». Per Taiichi Ohno è uno spreco l’utilizzo di qualsiasi risorsa – uomo, macchina, spazio, tempo – in quantitativo superiore al minimo necessario per dare al cliente il valore che vuole avere. Una ricerca dell’essenzialità produttiva nella quale si sentono gli echi della filosofia zen, così come quelli della celebre frase dell’architetto tedesco Mies van der Rohe Less is more, meno è meglio: forse non è un caso che proprio in Germania i principi lean siano stati applicati in modo sistematico, preparando il terreno per la nascita di Industry 4.0. «Taiichi Ohno ha codificato 7 sprechi, in giapponese muda, che significa anche peccato, il che ricorda i 7 peccati capitali… Ci dice: cercate in queste 7 aree e troverete gli sprechi. Una volta che ci si è abituati a cercarli, poi, si riesce a individuarli anche senza l’aiuto di questo metodo strutturato» dice Rossi.
Lean è fare di più e meglio con meno, arrivare a rendere possibile il paradosso di avere la botte piena e la moglie ubriaca
Ecco i 7 peccati: sovrapproduzione («molte aziende pensano che produrre un lotto sia più economico di produrre solo quel che vuole il cliente, ma in realtà con il lotto si immobilizza il capitale e aumenta il rischio di obsolescenza del prodotto» dice Rossi); movimenti («si possono risparmiare gli spostamenti degli operatori: un passo, un secondo, uno yen»); attese («ogni volta che faccio attendere il prodotto alla macchina non aggiungo valore e faccio sì che il cliente abbia il prodotto più tardi; è il concetto di just in time»); scorte («quando pianifico di produrre in anticipo occupo spazio, aumento il rischio di obsolescenza, immobilizzo capitale»); perdite di processo («spreco di materiale quando ne uso più del necessario, e di tempo quando per esempio finisce il mio turno e non do valore al tempo residuo»); prodotti difettosi («spreco di capitale immobilizzato che addirittura nessuno ripagherà»); trasporto (il cosiddetto turismo aziendale: succede che in una fabbrica con un’estensione, poniamo, di 300 metri i componenti da lavorare compiano spostamenti per più di 1 km»).
Presso la LIUC – Università Cattaneo è attivo il Lean Club, dal 2012 parte del Lean Educational Network del MIT, divenuto un punto di riferimento per le aziende italiane e non che vogliono scandagliare a dovere le sette aree di spreco individuate da Taiichi Ohno. «Le circa 70 aziende che gravitano attorno al nostro Lean Club dopo 5 anni di servizi, corsi, seminari, hanno un elevato livello di semplificazione dei processi, come attestato dal lean assessment. Sono abituate ad analizzare i dati per fare problem solving prima di compiere il passo successivo, sono insomma pronte per compiere il salto verso Industry 4.0, e molte lo stanno facendo, chi con più mezzi e più rapidamente chi con mezzi minori. Ma paradossalmente la scarsità di mezzi acuisce l’ingegno, spinge a cercare di capire davvero quale o quali pilastri di Industry 4.0 servono per il proprio contesto di business, e cosa potrà darmi un vantaggio competitivo e amplificare così i vantaggi che già ottengo con il lean» dice Tommaso Rossi, che è anche direttore del Lean Club.
Piu’ che un corso, un vero allenamento a gestire
L’Executive Program L’eandustry 4.0 della LIUC – Università Cattaneo fa proprio il principio confuciano del «sento… dimentico, vedo… ricordo, faccio… capisco e imparo»: è insomma un corso con un marcato tratto esperienziale. Per ciascuno degli argomenti trattati nell’ambito lean e in quello Industry 4.0, i partecipanti sono chiamati a sperimentare quanto appreso sull’i-FAB, una fabbrica simulata per la produzione di calcio balilla progettata da LIUC e realizzata con il contributo di numerosi partner industriali. Una sorta di palestra dove poter operare senza paura di commettere errori. «Mettiamo le mani in pasta nella tecnologia attraverso la nostra fabbrica, che assembla calcio balilla e poi li disassembla – altrimenti ci ritroveremmo con una scorta infinita…» spiega il direttore Tommaso Rossi. «La produzione viene giocata in varie configurazioni, prima tradizionale senza lean, poi piano piano i concetti lean sono applicati dagli studenti con le nozioni che noi forniamo. Dopo averli applicati tutti risimulano una produzione e vedono di quanto sono aumentati produttività, qualità, sicurezza. Solo a quel punto si cominciano ad applicare i pilastri di Industry 4.0 rilevanti per la produzione di calcio balilla: sono ogni volta gli studenti a decidere quali pilastri applicare, così si vede il miglioramento portato da ognuno» aggiunge Rossi. L’Executive Program prevede 160 ore di attività didattica suddivise in 4 moduli, dal 27 ottobre 2017 al 28 giugno 2018. Per iscriversi c’è tempo fino al 20 ottobre.