Ha lasciato il Parlamento da qualche mese, sbattendo elegantemente la porta di Forza Italia, partito con cui era entrato in Senato nel 2018 ma che, dopo certe virate filo-sovraniste, aveva finito, nell’arco di una sola legislatura, per non riconoscere più. Lui che, in Aula o nei talk-show non ha mai mancato di fare professione di fede liberale e mantenere sempre invitta la sua fiera autonomia di pensiero.
Via da Fi in tempi non sospetti, alla vigilia di quel 25 settembre trionfale per il centrodestra a trazione meloniana, è transitato nel Terzo Polo calenda-renziano per poi sfilarsi con stile dall’agone. Una scelta sofferta ma solo per chi non conosce l’uomo, Andrea Cangini, giornalista di razza – ex direttore del Quotidiano Nazionale e del Resto del Carlino – prestato alla politica ma senza l’assillo di farne parte a qualunque costo.
E oggi? Oggi, parafrasando il generale prussiano Carl von Clausewitz, «continuo la mie battaglie politiche con altri mezzi», dice sorridendo, «la Fondazione Luigi Einaudi di cui sono segretario generale è una autorevolissima e importante istituzione culturale che mediante varie attività, diffonde il pensiero liberale e di Luigi Einaudi in particolare». «L’ultimo progetto che abbiamo messo in campo è la traduzione in ucraino di una serie di opere, un’antologia di scritti di Einaudi, che presenteremo in settembre a Leopoli», racconta, «è un’iniziativa simbolica che serve soprattutto a noi italiani per ricordarci che la guerra in ucraina è la nostra guerra e ci riguarda tutti».
Sulla guerra ci torneremo più avanti. Ma adesso vorrei commentare subito con te le primarie del Pd di domenica. Ha vinto a sorpresa Elly Schlein, l’ala più estremista. Tu alla vigilia avevi scritto che la vera anima popolare in realtà era Bonaccini e non lei. Cosa ci dobbiamo aspettare adesso?
Premesso che è il ruolo che poi fa la persona, bisogna vedere se la Schlein sarà coerente con il suo profilo e con quello che ha detto nella campagna per le primarie, ma immagino di sì. Se così fosse ci sarebbe uno spostamento a sinistra dell’asse politico del Pd che andrà a minacciare Conte. Perché nuovi elettori che erano provvisoriamente emigrati nel Movimento 5 Stelle potrebbero tornare al Pd. Questo lascerà spazi al Terzo Polo che sarà costretto a ad andare avanti sulla strada intrapresa nonostante le difficoltà e nonostante il conflitto tra i due leader. Infatti, semmai Matteo Renzi avesse pensato di poter rientrare nel Pd in caso di vittoria di Bonaccini, adesso dovrà investire nel progetto terzopolista, a maggior ragione perché ci saranno più spazi per i moderati che si sentiranno ancora meno rappresentati dal Partito Democratico.
Non è singolare che la Schlein e la sua constituency parlino soprattutto di “diritti” con una strana e anomala sineddoche che sembra volere identificare le battaglie di libertà esclusivamente con i temi dell’orientamento di genere? E i diritti sociali? Lavoro, istruzione, salute?
La verità è che per parlare alle minoranze, si è smesso di parlare dei grandi temi nazionali. La sconfitta delle sinistre alle politiche si spiega proprio con l’aver abbandonato i temi del lavoro e le grandi battaglie sociali per agitare la bandiera dei “diritti” e concentrarsi solo sulla tutela delle minoranze. La Schlein sta replicando questo errore, nonostante ormai sia riconosciuto come tale un po’ dappertutto. Mi pare insomma che la strada della sinistra italiana sia quella intrapresa in Francia da Melenchon. Voglio aggiungere una cosa, però.
Vai.
Con poco più di un milione di votanti quelle di domenica sera sono state le primarie meno partecipate in tutta la storia del Pd. Per cui sono in forte dubbio sul fatto che la Schlein possa riportare a votare la massa degli astensionisti. Altrimenti lo avrebbe già fatto. Il primo test vero saranno le elezioni europee del 2024, quando si voterà con il proporzionale e lì neanche l’ipotesi di alleanza con il Movimento 5 Stelle potrà essere innescata. E poi tornando al tema delle primarie, mi lascia molto perplesso che Elly Schlein si sia iscritta al Pd 2 mesi fa per candidarsi alla segreteria e farsi votare nei gazebo da persone che passavano lì davanti ed erano disposte a pagare due euro. I partiti, nei sistemi democratici e in particolare nell’area di sinistra, di solito funzionano in un altro modo.
Citando il titolo di un libro uscito di recente, davvero “le idee di sinistra sono migrate a destra”?
Sì, ma il fenomeno ha radici lontane. Mi ricordo un reportage del 1994, mi pare da Sesto San Giovanni, in cui si scoprì che gli operai avevano incredibilmente votato per Silvio Berlusconi. Da allora ad ogni elezione ci si dimentica dei ceti più disagiati, le periferie. E le classi, quelle un tempo dette lavoratrici o operaie non votano più a sinistra ma votano per Berlusconi, poi per Salvini, oggi per la Meloni. Non è una scoperta ma un dato acquisito. Evidentemente il centrodestra – con argomenti naturalmente demagogici – riesce a rassicurare e trasmettere quell’idea della protezione di cui, in un’epoca di grande disorientamento, sradicamento e precarietà sociale, molti elettori hanno bisogno.
Che giudizio ti sei fatto di Giorgia Meloni premier nei primi 100 giorni del suo governo?
Sicuramente ha fatto una scelta strategica, ancora prima di andare a vincere le elezioni. Una scelta chiarissima, si è schierata dalla parte della NATO senza se e senza ma, mettendo da parte l’antieuropeismo e tutta la retorica euro-scettica. Nei fatti sta rispettando gli equilibri europei. La legge di bilancio è stata scritta con grandissima attenzione ai conti pubblici, questo è fondamentale. Certo, è stato un errore drammatizzare il rapporto con la Francia, anche perché sui migranti è l’unico alleato possibile che abbiamo. E poi perché l’unico modo che abbiamo di far sentire la nostra voce in Europa è spezzare l’asse franco-tedesco e allearci proprio con i francesi, a maggior ragione in una fase importantissima che sta per aprirsi e che è quella della negoziazione del Patto di Stabilità. Se invece per un fatto di politica interna e per compiacere il proprio elettorato si spinge la Francia tra le braccia della Germania, forse si prende qualche voto in più ma non si fa l’interesse della nazione.
Altri errori del centrodestra?
Mah, prima delle elezioni si diceva che il problema della Meloni fosse quello di avere poco credito sul piano internazionale. Nel conquistarselo la stanno aiutando molto i suoi alleati, penso alle intemerate di Berlusconi e alle titubanze di Salvini sull’Ucraina. Tutto questo, implicitamente, accresce la credibilità della Meloni che è diventata l’unico punto di riferimento stabile del fronte atlantista. È un quadro desolante e prima o poi bisognerà riflettere sul fatto che in Italia solo il 30% dell’opinione pubblica è favorevole all’invio delle armi in Ucraina. E larghissima parte dei rappresentanti politici dei cittadini è sostanzialmente contraria.
Lo spazio politico al centro, come tu stesso hai detto, resta uno spazio da conquistare, dunque. Ma chi si può davvero accreditare presso l’elettorato moderato, liberale, i ceti produttivi?
Non lo so. La legge elettorale con cui voteremo alle prossime politiche probabilmente sarà quella attuale, che obbliga di fatto a scelte di campo e questo fa la differenza. Anche l’elezione della Schlein ci dice che l’elettorato è sempre più polarizzato. Probabilmente andranno a votare sempre meno persone, ma quelle che lo faranno saranno sempre attestate su posizioni estreme. Con il crollo del ceto medio è venuto meno il voto dell’area mediana, dove tradizionalmente la politica è mediazione. Quindi le prospettive del terzo polo non sono facili. Il centrosinistra potrà vincere le elezioni solo se guadagna credibilità e mette insieme tutto, e intendo “tutto-tutto”, il che però renderebbe impossibile governare. Per esempio, oggi il centrosinistra non reggerebbe la politica estera di difesa sull’Ucraina. Andrebbe in pezzi. E visto che questo oggi è il tema, la strada è ancora lunga. Per cui la Meloni direi che può dormire sonni tranquilli.
Vuoi dire che da qui al 2026 sarà il centrodestra a gestire tutta la partita del PNRR e dell’ammodernamento e delle riforme?
Penso proprio di sì. Se Berlusconi o Salvini non impazziranno, ritengo che questo governo possa arrivare alla fine della legislatura e portare tutto a compimento, spero per il Paese, nel migliore dei modi.
Chiudiamo con un bilancio di quest’anno di guerra tra Russia e Ucraina. La pace sembra ancora un’ipotesi remota. Dove finiscono le ragioni e iniziano i torti?
I torti sono tutti dalla parte di Putin che già nella conferenza di Monaco del 2007, aveva attaccato l’Occidente e i valori su cui la civiltà occidentale si fonda oggi, cioè la democrazia e la libertà. Questa non è una guerra che riguarda solo il popolo ucraino – anche se il popolo ucraino lo sta pagando più di tutti gli altri – ma riguarda ciascuno di noi, chiunque dica di credere nella democrazia e nella libertà dell’Europa, nell’Occidente, nella tolleranza, nella libertà di pensiero e di stampa e via dicendo. E chi non lo vede molto spesso mente, perché animato da antiamericanismo, anticapitalismo o ingenuo e adolescenziale idealismo. Ma la realtà è un’altra.
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