Quasi mille euro. È il “dazio” che ogni famiglia italiana sarà costretta a pagare alla guerra che Putin sta portando avanti contro l’Ucraina da più di tre mesi. Un conflitto che non sembra vedere spiragli di pace – con i negoziati inchiodati a una sorta di “stallo alla messicana” – e che, secondo quanto stima l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, ad oggi impatta sul Pil nazionale per circa 24 miliardi di euro in meno.

Un contraccolpo che ricade duramente sulle tasche dei cittadini: in valori assoluti, infatti, la riduzione in termini reali del nostro Prodotto Interno Lordo pari a 24 miliardi se rapportata alle 25 milioni di famiglie presenti in Italia, si traduce in una perdita di potere d’acquisto medio di 929 euro per ogni nucleo. 

Così l’inflazione ricade sulle famiglie italiane nel 2022

Con l’inflazione che quest’anno galoppa attorno al 6% con tendenza al rialzo, sono le famiglie meno abbienti e i soggetti privi di reddito fisso quelli che soffriranno di più della perdita del potere d’acquisto. Per queste classi sociali, infatti, l’incremento dei prezzi si sentirà molto di più perché andrà a incidere soprattutto sui generi alimentari condizionati in questa fase dall’aumento dei beni energetici di importazione.

Stando ai numeri dell’Istat, il caro vita si riverbererà in un incremento effettivo dell’8,3 per cento per le famiglie più povere e del 4,9 per quelle benestanti. Un’asimmetria riconducibile al fatto che nel carrello della spesa delle persone meno agiate, i beni e i servizi ove i prezzi sono aumentati pesano in proporzione maggiore delle altre tipologie di consumatori.

L’aumento dei prezzi colpirà di più al Nord e nel Lazio

I più penalizzati in Italia saranno i residenti in Trentino-Alto Adige per i quali la perdita di potere d’acquisto dovuta agli effetti inflattivi della guerra tra Russia e Ucraina si concretizzerà in -1.685 euro a famiglia. A seguire gli abitanti della Val d’Aosta che perderanno 1.473 euro in potere d’acquisto e Lazio (-1.279 euro).

Ma se le prime due regioni risentiranno dell’aumento dei costi energetici, nel Lazio – su cui incidono pesantemente i risultati della provincia di Roma – si patirà soprattutto il forte calo dei consumi interni e per l’effetto dell’inflazione sui beni importati (nel biennio 2020-2021 la regione Lazio ha registrato un saldo commerciale negativo di ben 17 miliardi di euro).

Non meno critica la situazione in Veneto (-1.065 euro), in Toscana (-1.059euro) e in Basilicata (-1.043 euro); in queste due realtà del Centro-Nord la perdita di potere d’acquisto sarà riconducibile, in particolar modo, alla contrazione della domanda interna e ai rincari delle bollette di luce e gas, così come nel Piemonte (-1.039 euro) e in Emilia-Romagna (-1.035 euro).

La guerra in Ucraina farà diminuire il Pil dell’1,4%

A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia che confrontando le ultime previsioni di crescita del Pil effettuate prima dell’avvio del conflitto (gennaio 2022) con quelle realizzate dopo l’invasione russa (aprile scorso), ha messo in luce che la diminuzione della ricchezza prodotta nel nostro Paese sarà dell’1,4%.

A soffrire meno saranno invece le regioni del Sud, nelle quali l’impatto della crisi sarà meno duro perchè i costi energetici, rispetto al resto del Paese, sono molto più contenuti, l’economia è meno esposta alle instabilità dei mercati internazionali ed è dimensionalmente più piccola in termini di Pil pro-capite  

Sul medio periodo c’è anche il rischio stagflazione

Il quadro economico generale si presenta a tinte molto fosche e, a sentire l’Ufficio Studi della Cgia, è molto elevato il pericolo che il Paese stia scivolando lentamente verso la stagflazione. Un fenomeno che si manifesta quando a una bassa crescita del Pil, che nei casi più drammatici diventa addirittura negativa, si affianca un’inflazione molto alta che fa impennare il tasso di disoccupazione, così come è successo nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso.

E se ciò non dovrebbe succedere nel 2022, sul medio periodo il trend pare già segnato: le difficoltà legate alla post-pandemia, agli effetti della guerra, alle sanzioni economiche inflitte alla Russia, all’aumento sia dei prezzi delle materie prime, in particolar modo di quelle agroalimentari, e sia dei prodotti energetici, rischiano di spingere anche la nostra economia verso una crescita pari a zero, con un’inflazione che si avvierebbe a sfiorare le due cifre. Uno scenario che potrebbe addirittura rendere pressoché inefficaci i 235 miliardi di euro di investimenti previsti nei prossimi anni dal Pnrr.

Una misura per salvare i salari ed evitare crollo dei consumi

Per provare ad arginare le conseguenze di questo mix di elementi negativi, la Cgia chiede subito una misura salva-salari contro l’inflazione. «Il Governo dovrebbe  intervenire subito, tagliando in misura importante il cuneo fiscale.  Solo con una misura salva-salari, infatti, potremmo evitare il crollo dei consumi delle famiglie e, conseguentemente, anche i ricavi degli artigiani e dei piccoli commercianti» questa la proposta che arriva da Mestre.