Senza la Unim 13, del 1924, il disegno tecnico sarebbe illeggibile. Senza la Uni 286, del 1934, sarebbe impossibile pilotare un aereo. Senza la Uni 7154, del 1973, le condizioni di lavoro non sarebbero così sicure. Senza la Uni 10969 del 2002 i beni culturali ce li saremmo già giocati. E senza la Uni 11483 del 2021 non ci sarebbe alcun freno all’improvvisazione nell’ambito della comunicazione professionale. «La comunicazione è una disciplina che in Italia accusa un gap culturale: fino a poco tempo fa è stata considerata per lo più una “non professione” o la professione per chi non avesse specifiche competenze», spiega a Economy Rita Palumbo, relatrice della norma 11483:2021. Così, le associazioni professionali di categoria, a partire dalla primavera del 2018, si sono fatte promotrici del progetto della norma “Attività professionali non regolamentate – comunicatore professionale – requisiti di conoscenza, abilità e responsabilità e autonomia”, «sia per dare definizione e corpo alle competenze e abilità che i professionisti della comunicazione hanno nell’esercizio delle loro funzioni nei vari ambiti operativi, sia per fornire al mercato le metriche necessarie per riconoscere posizione e valore dei professionisti della comunicazione che operano come consulenti o come dipendenti», sottolinea Palumbo. Che comunque avverte: «Le norme Uni sulle attività professionali non regolamentate sono squisitamente qualificanti e non abilitanti. L’accesso alla professione rimane libero, le norme tecniche sono applicate su base volontaria e non impongono in alcun modo obblighi vincolanti né ai professionisti né alle organizzazioni che li ingaggiano». Una scelta di buonsenso, insomma.

Rita Palumbo

Cosa dice la norma 

Così, oggi abbiamo una norma che definisce come comunicatore professionale quel professionista che si occupa della comunicazione come asset strategico di sviluppo di istituzioni, organizzazioni pubbliche, private e non profit e persone fisiche, e che svolge la propria attività a forte contenuto intellettuale e multidisciplinare – di tipo sia esecutivo che manageriale – in qualità di libero professionista, imprenditore, dipendente o altre forme. «Un manager che gestisce processi complessi, progetta, coordina, realizza strategie e attività funzionali allo sviluppo di qualsiasi organizzazione, pubblica, privata e non profit», specifica Rita Palumbo, «con responsabilità di risorse professionali ed economiche, sia come dipendente che come consulente esterno. Questa definizione, in un contesto non solo liquido, ma anche confuso, è a mio avviso una rivoluzione». 

La norma mette ordine individuando innanzitutto cinque ambiti di riferimento: comunicazione pubblica ed istituzionale, comunicazione d’impresa, comunicazione tecnica, comunicazione politica, comunicazione sociale per il terzo settore. E in termini di competenze, a seconda dei livelli di autonomia e responsabilità, il comunicatore professionale può essere inquadrato come junior, expert e senior. Per ciascuno di questi livelli, la norma specifica compiti comuni a tutti i profili e compiti specifici. E ancora: il quadro delle capacità, abilità e competenze viene ricondotto a sei fasi tipiche del processo, dall’analisi alla progettazione, dall’attuazione al monitoraggio, dalla valutazione alla conclusione con la rendicontazione qualitativa ed economica del piano attuato. E poi i compiti specialistici, le linee guida, gli aspetti etici e deontologici… «Oggi la comunicazione è un asset strategico indispensabile per lo sviluppo di qualsiasi organizzazione pubblica, profit o non profit. Non serve a vendere, ma è fondamentale per la notorietà e la reputazione sia nel mercato interno che nei mercati globali», continua Rita Palumbo. «Purtroppo, c’è ancora tanta confusione sugli ambiti di intervento, sulle abilità e sulle conoscenze necessarie per gestire il complesso sistema di strategie, attività e strumenti della comunicazione, ancor oggi confusa e sovrapposta con il marketing e la pubblicità. È necessario riconoscere a queste figure manageriali – che affiancano i decisori d’impresa e i leader della pubblica amministrazione in scelte strategiche di ampio respiro – le competenze e la professionalità che esercitano nella gestione delle complesse dinamiche di creazione di valore e relazione con gli stakeholder». 

Carlo Romanelli

Per Donatello Aspromonte, vicepresidente di Manageritalia Executive Professional, «La nuova norma Uni 11483:2021 è un primo determinante passo che ci ha visto tutti coinvolti per dare valore a una professione, come quella del comunicatore professionale, che opera con funzioni anche manageriali. Rappresentanza, valorizzazione del ruolo e un welfare personalizzato e personalizzabile sono alcuni dei punti cardine di quello che già facciamo per le alte professionalità che operano come executive o a stretto contatto con i vertici aziendali». E proprio dall’indagine effettuata da AstraRicerche per Manageritalia su un campione di oltre 500 comunicatori (dipendenti, autonomi o imprenditori), emergono alcune linee guida per il futuro dei professionisti della comunicazione. Secondo Carlo Romanelli, presidente Manageritalia Executive Professional, «La parte più interessante della ricerca è quella relativa alle competenze: il 36% lamenta che non siano pienamente utilizzate nella propria attività lavorativa e ben il 43.2% che non siano riconosciute. È poi chiaro a tutti (82.2%) che le proprie competenze dovranno crescere o cambiare per fronteggiare il mercato del lavoro e le nuove sfide professionali già nei prossimi 3-5 anni, tanto che quasi tre intervistati su quattro (73.9%) affermano di essere interessati a un percorso di certificazione delle competenze. Eppure, solo il 26.8% conosce i contenuti della norma tecnica Uni 11483:2021. Altri due temi caldi sono la percezione di avere un reddito non adeguato rispetto all’impegno richiesto (64%) e il desiderio di avere un’associazione dedicata alla professione del comunicatore in Italia (76,5%). Da qui l’impegno di Manageritalia, in particolare con la sua associazione degli executive professional che, collaborando con le asltre principali associazioni del settore, come fatto nel caso della elaborazione della norma Uni, vuole dare risposta a queste esigenze. Manageritalia, infatti, che rappresenta già tanti comunicatori inquadrati come dirigenti o quadri, mette così in campo, anche per gli autonomi, la sua capacità di offrire rappresentanza istituzionale e sindacale, sistemi di welfare e networking. Questa è la roadmap per il futuro da realizzare, come detto, insieme alle associazioni con le quali stiamo già collaborando da tempo». 

Dietro le quinte della Uni 11483:2021 c’è anche Dipartimento di Scienze Politiche e della Comunicazione dell’Università di Salerno diretto da Virgilio D’Antonio. «I corsi di laurea in Scienze della Comunicazione hanno più di trent’anni. Il nostro corso, poi, è stato il primo corso erogato nell’anno accademico 1990-1991», dice. «In trent’anni abbiamo formato migliaia di studenti, in tanti sono oggi in ruoli manageriali in agenzie, multinazionali e istituzioni». E a riunire i corsi di Scienze della Comunicazione è l’SdC Network: «È uno spazio di confronto sulla realtà del lavoro scientifico, didattico e professionale che riguarda le diverse discipline di Scienze della Comunicazione», spiega D’Antonio. «In questi anni i nostri corsi sono stati terreni fertili per la contaminazione tra i saperi perché sono tante e diverse le discipline in essi presenti. I fenomeni della comunicazione, come analizzarli, gestirli e governarli, hanno generato nuovi campi di studio e, dunque, nuove discipline che spesso faticano a farsi riconoscere nell’ambito delle declaratorie dei settori scientifico-disciplinari. SdC Network aggrega e favorisce il confronto tra colleghi di discipline diverse, con diversi ruoli, che hanno il comune obiettivo di rafforzare gli studi e le offerte didattiche di Scienze della Comunicazione. Con SdC Network cercheremo di intensificare le occasioni di confronto con i rappresentanti del mondo delle professioni e delle istituzioni».