“Piccole” economie di scala nella sanità: i care givers

Diversi  anni  fa durante  un  viaggio  di  ricerca  in  Sud Africa  ho  avuto modo  di  studiare  l’organizzazione degli hospice  e dei  servizi  di  cure  palliative  in  quel magnifico  paese. Un aspetto  ricorrente  nelle  diverse  strutture è la  presenza  dei  care  givers: familiari  e  amici  che  vengono  formati  ad assistere  i  propri  cari  con  corsi  ad  hoc e che  ricevono  supporti di  varia natura  incluso un piccolo  salario  che  aiuta la  famiglia e  che ha  come  ritorno un’economia di  scala a livello delle spese per  l’assistenza nelle  singole  strutture. Recentemente  mi  sono  appassionata alla storia di una mamma e della sua  bambina affetta da una gravissima malattia genetica rispetto  alla  quale, pur  avendo  solo  11 anni, è la  più  anziana  paziente sopravvissuta. Praticamente  la bambina fin dalla  diagnosi, nei primi  mesi  di  vista,  vive  in cliniche  altamente  specializzate  prima in  Europa poi da  cinque  anni  negli  Stati Uniti, dove  ha  subito un  trapianto  multiplo degli  organi addominali – intestino, stomaco, milza.  Accanto  a  lei  in  ogni  istante  con una determinazione, una dedizione, uno slancio  d’amore  a flusso  continuo la  mamma: una persona  semplicemente straordinaria  che  è  riuscita  persino  ad  ottimizzare  le  tecniche  di  manutenzione e  pulizia  dei  sofisticati  e  complessi  strumenti  che  tengono in  vita la sua  stupenda e  intelligentissima  bambina, al  punto  che  il  suo  lavoro  viene  presentato  nei  congressi  medici. Non sono  certa  che  questo  suo impegno  venga  pienamente  riconosciuto  in  un  contesto culturale ed  organizzativo  molto  diverso  da  quello  sudafricano. La forza  dell’amore  è  una  risorsa  immensa. Le nostre  sofisticate  tecnologie  mediche  non sempre riescono  a sostituirla  e  purtroppo neppure  ad integrarla.

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