Se il cristiano pone l’accento sulla necessità di ridistribuire a tutti le ricchezze prodotte, il neo-liberista si è concentrato sull’aumento del Pil e della ricchezza nella convinzione che poi il resto si aggiusterà. La quadratura del cerchio sta nella possibilità di mostrare che è possibile organizzare un’economia che avanzi nella direzione della prosperità, senza lasciare indietro nessuno. è la sintesi di una visione del mondo di cui parla ad Economy, in questa intervista, Stefano Zamagni (nella foto), economista e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.
Come è cambiato il rapporto tra religione ed economia?
La domanda ovviamente non è oziosa, a condizione che si tenga distinto il concetto di religione dal concetto di fede. Nel senso che la fede è un’opzione libera della coscienza individuale nei confronti della trascendenza, la religione invece è l’insieme di norme sociali e a volte legali che incarnano nel concreto una certa fede. In breve, una persona può essere religiosa senza avere fede. Posto questo chiarimento è evidente che l’economia ha a che vedere con la religione perché la religione nel momento in cui fissa certe norme di comportamento, fissa certi canoni o limiti che non possono essere violati; ha un impatto diretto sull’agire economico.
In che modo?
Ad esempio, fintanto che la religione proibiva la cessione di crediti con tasso d’interesse, perché questo avrebbe significato un comportamento usurario, è evidente che certe iniziative di natura economica non poterono svilupparsi. Ecco perché per quanto riguarda il mondo occidentale è fondamentale il contributo della scuola di pensiero francescana. Molti lo ignorano, ma l’economia di mercato nasce tra il 1300 e 1400. Furono proprio i francescani i primi, già nel 1300, a spiegare e motivare che la richiesta di un tasso di interesse limitato era pienamente compatibile con la religione cristiana e da lì ovviamente è nata tutta l’economia di mercato quale conosciamo oggi. Questo è un esempio, tanti altri se ne potrebbero fare. Se una norma religiosa impedisce alle donne di lavorare fuori casa, è chiaro che questo ha un impatto diretto sull’attività economica. Chi pensa che ci sia una separazione dimostra di non sapere, di non capire bene che cosa è l’economia. Quale che essa sia, il funzionamento dell’economia dipende dalle norme sociali prevalenti in un certo contesto storico e in una certa configurazione geo-politica. Cogliere questo collegamento è fondamentale per comprendere la specificità del dato e dell’agire economico.
Quando nascono i principi fondamentali dell’agire economico?
Nascono con i padri della Chiesa. Se noi leggessimo i documenti di economia di Basilio da Cesarea, per esempio, avremmo come l’impressione di leggere documenti di economia scritti ieri. I principi fondamentali sono i quattro principi della Dottrina sociale della Chiesa e sono sempre rimasti quelli: 1. La centralità della persona umana, 2. Il principio di solidarietà, 3. Il principio di sussidiarietà, 4. Il bene comune. Dottrina sociale della Chiesa che nasce nel IV secolo dopo Cristo, non con l’encliclia Rerum Novarum di Papa Leone XIII come a volte erroneamente si crede. Per tale Dottrina questi quattro principi devono essere compresenti tutti e quattro nelle varie situazioni di vita. Non è possibile considerarli in una relazione additiva, bensì moltiplicativa.
Cioè?
Per affermare o fare avanzare uno dei quattro principi, non si può sacrificare uno degli altri 3. Questo è un punto che si tende a dimenticare, ma la Dottrina sociale della Chiesa insiste che un’azione economica in linea con questi presupposti deve portare avanti in simultanea tutti e quattro i principi. Nel corso del tempo, è evidente che la traduzione pratica dei quattro principi o quattro pilastri è andata soggetta a varianti diverse perché la realtà è mutata.
Secondo Stefano Zamagni l’approccio di Papa Francesco è bottom-up e rientra nel pensiero filosofico del realismo storico
E qual è l’ atteggiamento economico di Papa Bergoglio rispetto ai cambiamenti attuali e rispetto ai precedenti Papi?
Quando si fanno questi confronti si dimentica che la religione cristiana è una religione incarnata, ovvero che è dentro la storia; mentre altre religioni sono fuori dalla storia. Tema nodale anche nel dialogo inter-religioso. Una persona, ovviamente, è libera di poter dire che preferisce una matrice religiosa ad un’altra, ma non si può negare il fatto che il cristianesimo sia incarnato nella storia ed è attento alle sue trasformazioni. Ecco perché, ad esempio, Leone XIII nella celebre enciclica Rerum Novarum (1891) si concentra sulla questione operaia perché in quel tempo stava nascendo la seconda rivoluzione industriale e il Papa era preoccupato del modo in cui gli operai erano trattati. Quando arriviamo a Benedetto XVI, invece, egli inaugura con l’enciclica Caritas in Veritate (2009) la stagione della cosiddetta dopo-modernità, che ha conosciuto la fioritura della quarta rivoluzione industriale iniziata nel 2001. Papa Francesco invece, che viene dopo Papa Benedetto, vive nella nostra situazione attuale in cui gli effetti congiunti della globalizzazione e finanziarizzazione da un lato e dell’ultima fase della quarta rivoluzione industriale dall’altro stanno radicalmente trasformando il quadro di riferimento. Ecco perché egli scrive prima l’enciclica Evangelii Gaudium e poi la Laudato Sì, citata in tutto il mondo da credenti e non credenti. Anche i Papi precedenti si erano occupati nei loro documenti magisteriali della questione ambientale, ma Papa Francesco dedica un’intera enciclica, la Laudato Sì appunto, al tema ambientale perché questa è diventata una delle principali questioni che affliggono l’umanità.
E a livello di “stile papale”?
È evidente che ci sono sottolineature diverse, come è evidente che ci sono stili espostivi diversi. Ad esempio, l’impostazione filosofica di Benedetto XVI era quella che che si potrebbe definire top-down, cioè parte dai principi per scendere alla realtà, mentre l’approccio di Papa Francesco che rientra nel pensiero filosofico del realismo storico, è piuttosto bottom-up. Papa Francesco parte della datità storica, la legge alla luce dei principi, la interpreta e si spinge a lanciare proposte o linee di intervento. La Dottrina sociale della Chiesa rimane sempre la stessa, ma nel corso del tempo riceve sottolineature e focalizzazioni diverse a seconda delle problematicità che gli eventi storici richiedono.
Un esempio?
Beh, un conto è applicare il principio di solidarietà in una società stazionaria e chiusa come è stata fino al medioevo, altra questione è applicare lo stesso principio in una situazione come quella attuale caratterizzata da fenomeni come la globalizzazione e la quarta rivoluzione industriale.
Perché la scelta di Assisi?
Come dicevo, perché l’economia sociale di mercato la fanno nascere i francescani intorno ad Assisi. Il primo monte di pietà, da cui proviene la banca moderna, viene istituito a Perugia nel 1462. Le prime banche, così come altre innovazioni economiche, sono nate in Italia e in particolar modo in terra di Toscana e Umbria e poi sviluppate ulteriormente altrove.
Quindi un primato italiano?
La questione non è affermare un primato italiano, bensì affermare la verità storica ed è per questo che Papa Francesco intende organizzare un evento come Assisi 2020. È la prima volta ,nella storia bimillenaria della Chiesa di Roma, che accade qualcosa del genere. Dunque un’operazione di verità storica alla presenza di 500 invitati che oggi si stanno formando e stanno iniziando a studiare e praticare una economia diversa. Ad Assisi saranno presenti giovani economisti, imprenditori e imprenditrici provenienti da tutti e 5 i continenti per ricordare insieme a Papa Francesco in quale contesto nacque l’economia di mercato.
Lo slogan di assisi 2020 potrebbe essere “operare una prosperità inclusiva”, come vuole la dottrina sociale della chiesa
Un incontro culturale, dunque?
Non solo. Papa Francesco, come dicevo, si richiama ad un approccio da realismo storico ed è evidente che dopo dei documenti di principio realizzati in questi ultimi anni dovesse passare al piano dell’azione. Ecco perché proporrà ai 500 giovani under35 provenienti dai 5 continenti di sottoscrivere un accordo, per riportare al centro i quattro principi della Dottrina sociale della Chiesa e ripensare il modello economico in crisi.
Quindi anche lei pensa che sia possibile creare una valida alternativa al sistema liberista come si manifesta oggi nel mondo?
Non solo penso sia possibile, credo che non ci sia altra soluzione. Dopo il capitalismo delle campagne, il capitalismo industriale, il capitalismo della finanza, oggi siamo entrati in una nuova fase che è quella del capitalismo immateriale legato cioè alle nuove tecnologie: intelligenza artificiale, cloud, robotizzazione, ecc. In questo modello di capitalismo immateriale, se noi non cambiamo i principi fondativi che finora hanno guidato il sistema, assisteremo alla sua stessa autodistruzione. Di questo rischio se ne stanno rendendo conto anche i non credenti e soprattutto quelli che vivono in terra d’America. Il problema non è quello di mettere dei correttivi al sistema, ma di salvare l’economia di mercato. Lo slogan di Assisi 2020, infatti, potrebbe essere: “operare una prosperità inclusiva”. La stessa Dottrina sociale della Chiesa vuole un modello che garantisca la prosperità e quindi non accetta affatto la tesi della decrescita. La prosperità è fondamentale, ma deve essere inclusiva e non appannaggio di pochi come vuole il neo-liberalismo. La grande sfida è fare stare insieme, il che è possibile, la prosperità con l’inclusivisità. Questa proposta sta piacendo molto in tutto il mondo e in modo trasversale sia ai credenti che ai non credenti, perché entrambi iniziano a vedere la speranza e la possibilità concreta di ripensare il modello economico.
Dopo la «Laudato sii» il Papa torna a indicare all’umanità un tema cruciale: ripensare l’economia per superare l’ormai fallita mera logica del mercato
Nel maggio del 2015, con l’enciclica “Laudato sii”, Papa Francesco, semplicemente riallacciandosi al magistero spirituale del Santo dal quale ha preso in prestito il nome, ha riacceso in tutto il mondo il fuoco del dibattito ecologico. Cinque anni dopo, l’iniziativa assunta dal Pontefice convocando ad Assisi – di nuovo San Francesco! – i giovani economisti e gli imprenditori di tutto il mondo promette di segnare una nuova svolta nella storia dell’umanità. Quella di “ridare un’anima” all’economia. Oltre la mera logica del mercato.
Comunque la si pensi in materia religiosa non è negabile, infatti, che oggi Papa Bergoglio è davvero l’unico leader ideologico capace di catalizzare il dibattito colto e, insieme, l’emozione popolare sui temi che indica all’attenzione del mondo. I suoi non pochi detrattori prendono le distanze da questo Papa dandogli paradossalmente del “comunista”. Non hanno evidentemente mai letto il Vangelo. Il mercato, lecitamente, provvede a dettare le regole di quella gara che è la competizione economica: e a stabilire chi può salire sul podio. Gli esseri umani, poi – tutti insieme – devono occuparsi e preoccuparsi al meglio anche di chi a salire su quel podio non ce l’ha fatta. Assisi ci ricorderà quest’obbligo. E da questo numero Economy contribuirà, nel suo piccolo, a preparare il terreno. (s.l.)