Oltre al «pezzo di carta»c'è l'expertise del tesoriere

Per troppo tempo il tesoriere è stato assimilato al contabile bancario, un impiegato amministrativo senza troppo expertise. Poi, con la crisi economico-finanziaria del 2008, ci siamo svegliati e ci siamo resi conto che una gestione più oculata della gestione dei flussi di cassa  era un tema imprescindibile. Eppure, le figure c’erano e ci sono sempre state, ma erano posizionate in un livello dell’organigramma dell’impresa medio-basso. Oggi, fortunatamente, ci siamo evoluti. Da quattro o cinque anni, inoltre, l’imprenditore o i manager con potere decisionale hanno compreso il reale valore dell’esperienza del tesoriere, portando a un “innalzamento” della posizione nell’impresa. Inoltre, con la Legge 14 il governo ha messo in campo degli strumenti contro le crisi aziendali, imponendo la presenza di un tesoriere. Questo provvedimento prevede la nomina di qualcuno che verifichi la pianificazione dei flussi di cassa nelle Srl. Al momento, dunque, basta un esperto in questioni contabili come nel caso di un commercialista. La vera trasformazione si avrà alla fine di quest’anno, quando le imprese fino a 20 milioni di euro di fatturato dovranno pensare a una figura apposita per riuscire ad adempiere alle nuove necessità legislative. Per questo motivo sarà fondamentale riuscire a fare formazione nei confronti di quei professionisti che adesso si occupano esclusivamente della contabilità bancaria. L’attesa, dunque, è più per una riqualificazione delle figure interne che per una nuova selezione di personale. 

Una buona percentuale di tesorieri nelle pmi è ancora un ragioniere che ha sviluppato un set di competenze ad hoc

D’altronde, il tesoriere ricopre un incarico abbastanza ibrido, che riporta per alcune competenze al direttore finanziario e per altre all’amministratore delegato. Dal punto di vista del livello d’istruzione, una buona percentuale di questi professionisti – specialmente nelle piccole e medie imprese – è ancora un ragioniere che ha sviluppato un set di competenze particolarmente elevate. La laurea in economia o in altre professioni può essere un punto di partenza significativo, ma quello che conta davvero è la formazione. Al momento, in Italia, non ci sono apposite scuole e il modo migliore quindi è imparare “sul campo”. Anche un ingegnere gestionale, che esce dall’università con delle competenze molto elevate, necessita di un periodo di apprendistato di un paio d’anni prima di riuscire a svolgere in maniera ottimale l’incarico di tesoriere. Si tratta, insomma, di un mestiere molto particolare che non si impara in una scuola o con un master. Un’ulteriore peculiarità è che questo impiego non è assimilabile esclusivamente all’uomo “dei conti”, ma necessita anche di spiccate capacità relazionali per dialogare con le banche e le finanziarie.

Per far fronte alle nuove esigenze professionali che diventeranno sempre più cogenti a mano a mano che i tesorieri diventeranno sempre più centrali per le aziende, AiTi – l’associazione italiana di categoria che può contare su un network di oltre 600 professionisti – organizza un corso post-laurea della durata di 125 ore in collaborazione con l’università di Modena e Reggio Emilia. 

In questo modo vengono istruiti tutti quei lavoratori – laureati ma anche figure che vengono richieste dalle aziende di implementare le proprie competenze – mettendo a disposizione di chiunque necessiti di un maggiore expertise un bagaglio culturale elevatissimo. 

Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è che normalmente chi fa tesoreria in azienda è il 10% di chi fa amministrazione. Il che significa che bisogna appoggiarsi in maniera anche molto aggressiva alla tecnologia, ad esempio per poter tenere sotto controllo tanti conti bancari differenti. Software e altri dispositivi di ultima generazione, inoltre, permettono di dedicare più tempo alle attività ad elevato valore aggiunto.

* presidente di Aiti, Associazione italiana tesorieri d’impresa