Certo, che la banca nazionale saudita (quella dei petrodollari) rifiutasse di salvare una banca svizzera (sinonimo di sicurezza) è proprio un segno dei tempi. Abbiamo avuto la pandemia, abbiamo avuto la guerra, il caropetrolio, l’inflazione e la siccità. Sembra la caduta degli dei, e diciamo che le cose potrebbero andar meglio, per il mondo dell’economia.
Eppure, c’è da giurarlo e non per ottimismo beota, “arriveranno i Nostri”, anche stavolta. La grande finanza internazionale è un enorme circo barnum dove comandano veramente in pochi e tutti questi pochi non si amano, non s’incontrano in circoli segreti per decidere le sorti del mondo, ma sono di fatto accomunati da un unico, convergente interesse: “The show must go on”, lo spettacolo dei soldi che moltiplicano se stessi deve continuare, tutto fa denaro, a cominciare dal denaro che ha prodotto la pandemia per tanti (non per tutti, sia chiaro), per proseguire col denaro prodotto dal caro-petrolio e dalla guerra per tanti altri. Sembrerà cinico dirlo ma è così: come dopo il terremoto due imprenditori vennero intercettati a ridere pregustando i lavori di ricostruzione, così sta andando per tutte queste sciagure. Noi soffriamo, ci spaventiamo, ci preoccupiamo. E qualcuno ci straguadagna.
Ma allora perché di quando in quando qualcun altro, in Borsa, ci lascia le penne e si scotta? Perché da almeno cento anni tutti sanno – lo disse una volta e per sempre John Kenneth Galbraight – che “la Borsa è quel posto che provvede periodicamente a separare il denaro dagli imbecilli”, e dobbiamo aggiungere anche dagli amici corrotti degli imbecilli, (o amici imbecilli dei corrotti, o anche di altri imbecilli, il prodotto non cambia).
Dunque abbiamo una “major” della certificazione contabile, la Kpmg, un mese prima dei due crack bancari americani da cui è partita l’attuale turbolenza (Signature Bank e Silicon Valley Bank) ne ha certificato i bilanci, come se fossero immacolati. E senza andare per il sottile sarà anche stata colpa dei certificatori che fisicamente hanno messo un timbro da non mettere, ma è pur vero che le regole della certificazione fanno ormai acqua da tutte le parti e sono ridotte più a formalismi burocratici che a sostanza.
In compenso, la Pwc – altra major del settore – aveva mosso un muscoletto, nella sua qualità di revisore del Credit Suisse, scrivendo poche settimane fa un “parere negativo” sull’efficacia dei controlli interni sul reporting di Credit Suisse, benché i rendiconti presentino “in modo corretto, sotto tutti gli aspetti rilevanti” la posizione finanziaria della banca nel periodo 2020-2022.
Ma insomma – vien da chiedersi – che deve fare un banchiere per vedersi rigettare la richiesta di certificazione del bilancio? Strangolare in piazza il proprio certificatore?
Cosa accadrà di preciso al Credit Suisse ora è diffiile dirlo. Com’è difficile anche dire se il crac contagerà ulteriori istituti. Però lo spettacolo deve continuare e continuerà.
Le autorità si inventeranno qualcosa. Hanno drogato il mercato per dieci anni con le emissioni di denaro inventato dal nulla, per superare la crisi del debito facendone di più; hanno lasciato fluttuare nell’aria la bolla mai fatta scoppiare dei derivati, e ancora fluttua; hanno fatto gonfiare l’altra bolla delle criptovalute; e hanno guardato compiaciuti il gonfiore estremo raggiunto dalla bolla delle start-up.
Le autorità finanziarie americane hanno lasciato correre ogni estremo. E le grandi banche e i grandi fondi sono più o meno tutti imparentati tra loro e con le autorità nella corresponsabilità di aver lasciato crescere i problemi. Ora insieme li dovranno ricomporre. Sceglieranno qualche capro espiatorio e lo faranno saltare, ma giusto per fare scena.
La finanza occidentale risponde a criteri autoreferenziali. In realtà non risponde a nessuno. Un’altra finanza nel mondo non c’è, quella cosiddetta orientale è a circuito chiuso, per ora. E dunque qualcosa accadrà, per quanto non si possa ancora dire precisamente cosa, e ci si debba allacciare le cinture per superare i prossimi giorni di turbolenza. Ma stiamo certi: anche stavolta l’appuntamento con la fine del mondo sarà opportunamente rinviato.