a cura di Davide Giudice
La stragrande maggioranza dei giovani non ha dimestichezza con la tematica previdenziale e tende a sottovalutarne l’importanza. Stando ai dati statistici diffusi della COVIP emerge che, nonostante la crescita delle adesioni, neanche 1 lavoratore su 3 è coperto da previdenza complementare e tra i giovani solo 1 su 5.
Attraverso alcune riflessioni e considerazioni in merito allo stato attuale del mercato del lavoro, in questo contesto di redditi bassi e flessibilità, emerge che i giovani lavoratori sostengono costi già elevati in termini di discontinuità economica ed occupazionale e, di fronte al verificarsi della precarietà, si trovano in seria difficoltà a conseguire una progettualità e una visione di lungo periodo quale potrebbe essere la sottoscrizione di un prodotto di previdenza complementare. E i sociologi del rischio individuano una loro ulteriore condizione di vulnerabilità sociale nella aspettativa adattiva per cui i giovani suppongono che nel futuro si ritroverannono i medesi valori pensionistici dei loro genitori.
Ma stupisce che tra i provvedimenti di sostegno, sia quasi nulla la conoscenza di una esclusiva opportunità fiscale conferita ai giovani di prima occupazione. La normativa prevede infatti che i lavoratori di prima occupazione, successiva al 1°gennaio 2007, e limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, possono, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione, dedurre dal reddito complessivo i contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro, fino a un massimo di 2.582,29 euro. In sostanza, sommando 5.164,57 e 2.582,29, l’importo massimo annuale complessivamente deducibile (a partire dal 6 anno successivo a quello di iscrizione) sale per questi lavoratori a 7.746,86 euro.
I lavoratori di prima occupazione, secondo i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate arrivati con la risoluzione n. 131/2011, sono coloro che prima del 1° gennaio 2007 non avevano alcuna posizione contributiva aperta. Tutti questi lavoratori sono quindi beneficiari potenziali della maggiore deducibilità dei versamenti effettuati per la pensione integrativa e dei contributi complementari.
Una decisione che può prendere il singolo lavoratore al primo impiego ma anche la famiglia di origine. Basta dare un’occhiata a una simulazione per rendersi conto che un investimento di questo tipo, non solo è abbordabile da parte dei genitori, ma sicuramente preferibile al mantenimento della stessa liquidità su un conto corrente che non rende più nulla.
Rispetto alla deduzione totale che gli sarebbe spettata, nei primi cinque anni, (5.164,57 X 5 = 25.822,85 euro) il totale complessivo dei contributi versarti e regolarmente dedotti è stato di 3.300,00 euro. A partire però dal 6° anno, ossia, dal 2017 in poi in base al nostro esempio, il lavoratore può fruire del bonus fiscale di 22.422,85 euro, o meglio della differenza tra la deduzione complessiva spettante e quella già fruita, per cui 25.822,85 – 3.300,00.
Il diritto al bonus può quindi esercitato entro i successivi 20 anni, ossia, dal 6° al 25° anno per un importo annuo massimo, oltre il limite dei 5.164,57 euro, di 2.582,29 euro.
Tutto questo oltre naturalmente alle agevolazioni fiscali alla previdenza complementare introdotte dallo Stato per rendere i prodotti assicurativi previdenziali più interessanti rispetto ad altri strumenti d’investimento, riducendo il reddito imponibile e danno origine ad un risparmio sotto forma di minori imposte IRPEF. Cui si aggiunge anche il guadagno derivante dall’investimento finanziario del prodotto assicurativo previdenziale prescelto.