Sono illecite e generano un danno ingiusto da risarcirsi le riprese realizzate in modo occulto ad insaputa del soggetto ripreso e poi mutilate e solo in parte trasmesse, spesso decontestualizzate, in servizi di approfondimento giornalistico della trasmissione Report.
E’ quanto ha stabilito la Ia Sezione Civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18006/2018 depositata il 9 luglio scorso (Pres. dott. P. Campanile, Rel. Dott. A. P. Lamorgese), con la quale ha confermato il pronunciamento del tribunale di Roma cher aveva ritenuto illegale la condotta denunciata.
Il caso riguardava un’intervista realizzata ad un professionista in modo occulto, senza che fosse messo in condizione di sapere e vedere che la conversazione veniva registrata e che sarebbe stata mandata in onda. Una pratica tristemente familiare anche ad imprese e manager, spesso nel mirino dell’informazione giudiziaria spettacolo in onda in tv.
Nel caso in esame la Cassazione ha respinto il ricorso della Rai contro la decisione del Tribunale di Roma che l’aveva condannata, in solido con un giornalista free lance della trasmissione Report, a risarcire 25mila euro a un notaio filmato nel corso di un’inchiesta sui professionisti coinvolti nelle attività di riciclaggio e scommesse illegali.
Il professionista aveva contestato le riprese effettuate, la messa in onda non integrale delle risposte, il tutto con l’effetto di arrecare danno alla sua persona, onorabilità ed attività professionale.
Secondo il Tribunale quanto denunciato dal professionista corrispondeva pienamente al vero anche in considerazione «delle modalità, parziali e mai frontali, delle inquadrature del notaio» e «dalla scarsa qualità della voce registrata con mezzi inadeguati».
La Corte ha confermato che il trattamento dei dati personali del professionista coinvolto fatto dalla Rai e del free-lance autore del servizio era illecito, perché la ripresa era stata effettuata «in modo occulto e con artifici, quindi in violazione dell’art, 2 del codice deontologico dei giornalisti», a norma del quale il giornalista è tenuto a “ rendere note la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta” delle notizie e ad “evitare artifici e pressioni indebite”.
La Corte ha confermato che pur ammettendosi la verità della notizia e dell’interesse pubblico mancava il requisito della continenza, essendo la figura del notaio stata proposta al pubblico in modo ingiustificatamente lesivo e pregiudizievole. Gravava, inoltre, sulla Rai l’obbligo di visionare il materiale prima della messa in onda. Confermato anche il risarcimento riconosciuto al professionista di euro 25mila.
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