Ci sono in Italia 263.115 cause tributarie pendenti davanti alle Commissioni provinciali e ulteriori 154.518 davanti alle Commissioni regionali, aumentate peraltro dell’80,6% in dieci anni.
Basterebbero questi due dati per descrivere in quale inferno viva la fiscalità nel nostro Paese. Ma è una descrizione lacunosa, perché i contribuenti capaci di andare in giudizio contro il fisco, o chiamati dal fisco a rispondere dei loro comportamenti, sono una sparuta minoranza rispetto all’esercito di quelli che subiscono le vessazioni di uno stato esattore strutturalmente iniquo, non essendo più capace di monitorare con la minima efficacia il suo rapporto con i contribuenti ed essendo del tutto sprovvisto dei mezzi sufficienti per controllare la rispondenza tra le scartoffie e la vita vera, in un territorio che per almeno due terzi è sostanzialmente privo di qualunque autentico controllo del territorio stesso.
Prima di leggere “Come difendersi dal fisco”, il manuale-pamphlet dell’avvocato Luciano Quarta recentemente pubblicato dalla Società editrice La verità srl, bisogna rileggersi almeno questi dati e – se si ha la (relativa) fortuna di essere lavoratori dipendenti senza proprietà immobiliari, unico gruppo sociale sostanzialmente protetto dal problema del rapporto attivo col fisco – capire comunque come vivono gli altri italiani, i lavoratori autonomi e gli imprenditori, che invece mangiano pane e fisco, un boccone amaro quotidiano che nasce da un rapporto antagonista, dove i contribuenti cercano di fregare lo Stato e questo reagisce non moltiplicando i controlli di sostanza bensì gli adempimenti di facciata, rendendo asfissiante e costosa la fedeltà fiscale e non riuscendo comunque ad arginare la piaga dell’evasione.
In queste pagine ci rivolgiamo a quanti, pur pagando le tasse, vengono schiacciati dall’enorme peso di carichi fiscali ingiusti
«In questo manuale non ci rivolgiamo a chi viene sospettato di aver evaso o eluso il fisco. Vogliamo piuttosto parlare a quelle persone che senza alcun dubbio hanno dichiarato fino all’ultimo centesimo – e quindi è fuori discussione che si possa trattare di evasori – ma vengono schiacciate dalle norme peso di carichi fiscali che per diverse ragioni possono risultare illegittimo». scrive Quarta nella sua introduzione.
Chiariamo subito: esattamente come in carcere albergano migliaia di incalliti delinquenti che si dichiarano innocenti, è possibilissimo che migliaia di evasori protestino mendacemente la loro illibatezza fiscale. Allora che fare? Mentre nel diritto penale vige la presunzione d’innocenza e – come insegnavano i latini – “in dubio pro reo”, cioè nella mancanza di prove certe si assolve il sospettato, in materia di fisco si ribalta il criterio e si persegue “a prescindere”. E’ così che l’opinione pubblica “benpensante” vuole. Ed è così che l’ordinamento fiscale italiano, negli ultimi trent’anni, nel vano – e infatti fallito – tentativo di arginare l’evasione si è risolto in un fardello ormai insostenibile per il cittadino onesto, restando impotente contro gli evasori veri.
Insieme con il penoso controllo dell’immigrazione clandestina e la inesistente tutela dell’ordine pubblico nelle città, la salvaguardia dei diritti dei contribuenti è una punta del tridente che ha infilzato la sinistra di governo alle ultime elezioni. E il libro di Quarta – che fa solo l’errore di richiamarsi inopportunamente ad un solco discutibile, quello degli “escapologi”, che promettono formule per dribblare il fisco o eluderlo, che è cosa diversa dal respingerne i costanti attacchi iniqui – è comunque un contributo interessante. Oltre che specialistico: si concentra infatti sulla fase della cosiddetta “riscossione” e manda un messaggio essenziale: anche in questa fase estrema, secondo l’autore, un modo per difendersi dagli abusi ci può essere e spesso c’è. Perciò è da leggere. (s.l.)