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Citylife, Porta Nuova, l’Expo, gli scali ferroviari: non esiste nessun’altra città in Italia dove il real estate non solo non si fermato con la crisi, ma anzi ha preso la rincorsa

Merito di una mentalità più aperta rispetto al resto del paese o c’è qualcosa d’altro che ha fatto da volano? I protagonisti che hanno ridisegnato lo skyline milanese negli ultimi anni, riuniti al 25° Forum Scenari Immobiliari a Santa Margherita Ligure, hanno dato una visione lucida e disincantata del “miracolo milanese”.

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L’anomalia milanese

«Milano sta apassando da una città monocentrica a una città policentrica – ha esordito Armando Borghi, a capo del progetto Citylife – Ci sono zone che in passato non avevano appeal e che ora si stanno e si sono riqualificate e stanno attraendo investitori, residenti, aziende». «Milano non è cambiata: è ripartita – ha analizzato Mario Abbadessa, managing director di Hines Italy, che ha realizzato il Bosco Verticale  firmato da Stefano Boeri – C’è talmente tanta liquidità a livello internazionale che non è l’Italia ad essere diventata più attraente, ma la verità è che gli altri mercati sono saturi e rendono praticamente zero. I capitali esteri non sono più riusciti ad allocare risorse all’estero e sono confluite su Milano, che dava rendimenti più interessanti. Non c’è stato nessun grande intervento di coordinamento politico. Se per esempio sta nascendo il salotto di piazza Cordusio non è per via di qualche intervento dall’alto, che non c’è stato, ma è perché i capitali internazionali hanno fatto sistema e si sono messi insieme. Per essere competitiva, anche Milano deve fare sistema all’interno di un coordinamento».

Non è un caso se al Forum di Santa Margherita erano presenti più investitori stranieri che italiani. «Noi come Allianz – ha confermato l’amministratore delegato di Allianz Real E state, Mauro Montagner- negli ultimi quattro anni abbiamo investito in Italia circa un miliardo di euro e più di metà è stata investita a Milano. La città viene vista come possibile attrattore di talento giovane e di società innovative». «Ci sono stati momenti in cui l’Italia è stata una piazza secondaria, ma adesso il paese e soprattutto Milano è ricominciata ad essere una piazza interessante – gli ha fatto eco Antonio Mazza, general manager di Aareal Bank Ag –  Questo è comunque un mercato che fa fatica a crescere».

A fare la forza di Milano, nei prossimi anni, saranno ancora i fattori esogeni. Un esempio? La brexit: «Il mercato delle compensazioni di cosiddetto euroclearing – ha continuato Mazza – dovrà trasferirsi da Londra e Milano è una candidata per raccogliere questo tipo di uffici. Si tratta di circa 10mila persone che si dovranno trasferire e si è stimato che porteranno un aumento del pil di circa tre miliardi di euro. Bisognerà offrire un prodotto abitativo di qualità e infrastrutture».

Le banche, secondo Mazza, fanno una guerra all’ultimo spread per finanziare un prodotto che sul mercato, anche quello milanese, scarseggia: «Ci sono tutti i presupposti per andare ad affrontare operazioni un po’ più rischiose», ha concluso il manager.

Imperativo, ora più che mai, per garantire la continuazione di questo ciclo positivo, è incentivare l’apporto di capitali “indigeni”: «Non possiamo continuamente fare affidamento sugli investitori esteri – ha concluso Marco Doglio, che guida il Global Real Estate di Ubs – Abbiamo la necessità di avere investitori italiani che possano stabilizzare il mercato. Il vero problema è che le grandi aziende italiane dovrebbero cominciare, o meglio ricominciare, a investire sul territorio».