870 milioni di euro di Iva non versata: è la clamorosa contestazione del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano a Meta, il gruppo guidato da Mark Zuckerberg che controlla i social media Facebook, Whatsapp e Instagram. Secondo le Fiamme Gialle, l’Iva non versata riguarda l’iscrizione degli utenti sulle piattaforme social. L’utente mette a disposizione i propri dati personali, che vengono poi ceduti a terzi per operazioni di direct marketing, o anche utilizzati dagli stessi social network. Secondo l’accusa, il valore aggiunto in discussione sarebbe fornito dalla stessa base utenti dei vari social coinvolti, da cui Meta può trarre un profitto che deve essere tassato con l’applicazione dell’Iva. Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, l’indagine assegnata a Giovanni Polizzi, Pm che fa parte dei sostituti procuratori del secondo dipartimento guidato dall’aggiunto Tiziana Siciliano, si è poi dedicata a stimare la base imponibile, che corrisponderebbe a circa 4 miliardi di euro cui applicare l’aliquota Iva del 22%.
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Il gruppo di Zuckerberg: l’Iva non è dovuta
L’indagine della procura di Milano potrebbe essere presa a esempio da altre procure Ue. Quanto a Meta, nega che possa esistere un nesso diretto tra i dati forniti dagli utenti e l’accesso alla piattaforma: per questo l’Iva non sarebbe dovuta. Assistita dall’avvocato esperto in diritto tributario Nicola Crispino, ha dichiarato attraverso un portavoce: «prendiamo sul serio i nostri obblighi fiscali e paghiamo tutte le imposte richieste in ciascuno dei Paesi in cui operiamo. Siamo fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso da parte degli utenti alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell’Iva. Come sempre, siamo disposti a collaborare pienamente con le autorità rispetto ai nostri obblighi derivanti dalla legislazione europea e nazionale».
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Metta sotto indagine, il precedente tedesco è a suo favore
A quanto apprende il Sole 24 Ore da fonti vicine al gruppo Meta, già nel 2018 le autorità tedesche chiesero il parere del Comitato Iva presso la Commissione Ue per sapere se la fornitura di servizi elettronici senza corrispettivo da parte di fornitori di servizi It in cambio del diritto di utilizzare i dati dei propri clienti e la concessione da parte degli utenti al fornitore di servizi informatici all’uso di tali dati costituissero un’operazione imponibile ai fini Iva. In questo caso il Comitato Iva stabilì che la fornitura di dati non è una prestazione di servizi imponibile.