McKinsey e l’International Association of Credit Portfolio Managers (Iacpm) hanno intervistato 44 istituzioni finanziarie a livello globale sugli ultimi sviluppi in materia di analisi dei dati per la gestione del portafoglio crediti. Oltre il 60% degli intervistati ha dichiarato di aver aumentato negli ultimi due anni l’utilizzo di nuove tipologie di dati e di tecniche analitiche avanzate, come il machine learning, per la gestione del portafoglio crediti. Una percentuale ancora maggiore di intervistati (oltre il 75%) prevede che queste tendenze continueranno nei prossimi due anni.
L’implementazione di nuove tecniche ad alta intensità di dati come il machine learning si concentra su asset class e casi d’uso specifici. Nei portfolio di credito alle Pmi, i modelli di machine learning sono stati utilizzati per lo scoring e il pricing del credito, oltre che per lo sviluppo di early warning signal. Nelle asset class corporate, invece, il loro utilizzo è in gran parte limitato allo sviluppo di early warning indicator.
Decisioni automatizzate
Le banche che hanno automatizzato completamente le decisioni per la maggior parte del portafoglio (oltre il 50%) sono ancora relativamente rare (circa l’11% per i portafogli PMI e circa il 4% per il midmarket). Tuttavia, per i portafogli PMI, circa il 30% degli intervistati ha dichiarato di aver automatizzato più del 30% delle decisioni. Inoltre, nel segmento PMI, gli intervistati riferiscono di aver ottenuto un beneficio significativo in termini di tempi di esecuzione, con il 37% dei partecipanti che ha registrato una riduzione di oltre il 10%.
A tutti gli intervistati è stato chiesto quali saranno le maggiori sfide per l’analisi del rischio di credito e della gestione del portafoglio nei prossimi due o tre anni. Tra le sfide più importanti vi sono i requisiti patrimoniali, di accantonamento e normativi per i modelli di stress-testing (58%), le sfide poste dalle incertezze dei modelli dopo la pandemia (51%) e l’incorporazione dei modelli di machine learning all’interno dei vincoli normativi e di rischio (42%). Tuttavia, la stragrande maggioranza (86%) ha citato il rischio climatico e l’ESG come la prossima grande sfida.
Stress test climatici
Le banche che hanno avviato gli stress test climatici stanno valutando se costruire nuovi modelli di credito o adattare quelli esistenti agli stress test. Gli intervistati si sono divisi equamente in tre parti, affermando di stare sviluppando nuovi modelli di stima delle perdite attese, di utilizzare i modelli attuali o di non aver ancora preso in esame il tema. Inoltre, le analisi sugli scenari di perdita dovuti allo stress climatico si sono concentrate maggiormente sui portafogli midmarket, corporate e CRE (più del 50% delle banche per ciascun segmento), mentre un numero minore di banche (meno del 40%) ha condotto queste analisi sui portafogli PMI. La maggior parte delle istituzioni finanziarie in Europa, Medio Oriente e Africa sta sviluppando modelli internamente o si sta affidando a modelli di fornitori terzi per valutare il rischio climatico. Le istituzioni della regione Asia-Pacifico sono le meno avanzate e quelle nordamericane si collocano a metà strada.
L’analisi indica che i gestori di portafoglio hanno iniziato solo di recente a considerare il modo in cui i rischi climatici ed ESG influenzano l’identificazione e la misurazione del rischio, compresi i rating dei debitori. Ora hanno bisogno di nuovi strumenti e processi per analizzare le perdite da stress climatico e gli scenari climatici; devono inoltre esaminare come la valutazione del rischio climatico possa essere integrata nei processi di credito esistenti.