rifugiati e richiedenti asilo

I migranti vengono in Italia perché la considerano, nella migliore delle ipotesi, l’anticamera dell’Europa – nel senso che, se fosse per loro, andrebbero oltre, più a Nord – e nella peggiore un posto sufficientemente incasinato per non rimandarli a casa, umano per accoglierli con umanità e inefficiente per non torcergli un capello neanche se delinquono.

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Nuova operatività ristori Emilia-Romagna

A partire dal 21 novembre ampliata l’operatività dei Ristori da €300 milioni riservati alle imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. La nuova misura, destinata a indennizzare le perdite di reddito per sospensione dell’attività per un importo massimo concedibile di 5 milioni di euro, è rivolta a tutte le tipologie di impresa con un fatturato estero minimo pari al 3%.


Peccato che l’Europa se ne strafrega dei problemi che in Italia sono causati dall’ondata di nuove migrazioni. La Germania blocca i migranti dall’Italia, la Francia blinda le frontiere. Non li vogliono, non dal nostro territorio.

E questo è. Non c’è niente da fare: è la storia. E allora guardiamola da vicino. Ci sono i “maranza” che spaventano le città, tra i migranti; c’è la manovalanza della criminalità, certo, lo siamo stati anche noi italiani nell’America degli Anni Venti e Trenta, i protagonisti della delinquenza. Ma poi abbiamo scalato la società americana – che lo permetteva – e siamo diventati imprenditori, banchieri, politici, inventori.

Accadrà anche adesso, anche in Europa, anche con gli immigrati africani e asiatici. Ci vorrà tempo, certo. E l’Europa non è aperta all’ascensore sociale come lo erano, pur tra le loro infami contraddizioni, gli Stati Uniti di un secolo fa. Ma accadrà anche adesso.

Gli immigrati hanno fame, hanno bisogno e voglia di lavorare, e fanno bambini.

Crescono, comprano, investono. E lavorano, lavorano, lavorano. Qualche giorno fa Presadiretta, il programma Rai, ha raccontato come oggi gli immigrati africani in Italia, in particolare i senegalesi, tengano su l’economia dei loro paesi. Lavorano, e neanche si giovano per intero dei frutti del loro lavoro.

Altro che big resignation (le grandi dimissioni). Altro che cultura “yolo” (you only live once). Altro che Neet (nè studenti nè lavoratori).

La nostra generazione Z o si sveglia oppure è – pardon: fottuta.

Altro che divanarsi, altro che illudersi del ritorno dei vari redditi parassitari. A forza di rifiutare i lavori che impegnano il weekend o che occupano le serata e lasciarli agli immigrati, i nostri ragazzi finiranno ai margini. E’ un’evidenza solare. E attenzione: finiranno ai margini anche nelle professioni e nei mestieri ad alta soglia di competenza, digitale compreso (vedi alla voce India, Bangalore). Perché quelli che vogliono (e sanno) studiare sono tanti, tra i nostri immigrati.

Buon per loro, se lo meritano. Peggio per i nostri ragazzi, convinti di avere il diritto divino di scegliere solo i lavori comodi che gli piacciono e diversamente di starsene a casa ad aspettarlo. Aspettino pure: non arriverà.

 

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Sergio Luciano, direttore di Economy e di Investire, è nato a Napoli nel 1960. Laureato in lettere, è giornalista professionista dal 1983. Dopo esperienze in Radiocor, Avvenire e Giorno è stato redattore capo dell’economia a La Stampa e a Repubblica ed ha guidato la sezione Finanza & Mercati del Sole 24 Ore. Ha fondato e diretto inoltre il quotidiano on-line ilnuovo.it, ha diretto Telelombardia e, dal 2006 al 2009, l’edizione settimanale di Economy. E' stato direttore relazioni esterne in Fastweb ed Unipol. Insegna al master in comunicazione d’impresa dell’Università Cattolica e collabora al Sussidiario.net.