Una raccolta che si annuncia particolarmente avara anche nel 2018 con conseguente aumento dei prezzi al litro: l’olio di oliva italiano, uno dei capisaldi del Made in Italy, sta vivendo un momento piuttosto complicato. Se prima la partita per la “supremazia” nella produzione di olio era circoscritta a Spagna e Italia (che mantengono le prime due posizioni a livello mondiale), il Maghreb sta iniziando a rappresentare un competitor sempre più credibile: la Tunisia, ad esempio, è passata in cinque anni da 70.000 a 220.000 tonnellate di olio, mentre l’Italia, per il 2018, prevede una produzione in calo del 38% a 265.000 tonnellate. Alcune regioni italiane, come ad esempio la Puglia – che rimane leader nel nostro paese con 87.000 tonnellate prodotte – ha registrato un calo del 58%, complice anche l’infezione della Xylella che tanti guai ha portato tra Tavoliere e Salento.
Una delle soluzioni per uscire dall’impasse è esportare il prodotto, dove continua ad essere particolarmente apprezzato. È il caso della Coricelli, l’azienda olearia umbra (lo stabilimento principale è a Spoleto) che ha progressivamente incrementato la propria quota di export e oggi vanta poco meno del 60% di revenues provenienti da altri paesi. In particolare Stati Uniti, Brasile e Sudafrica. La Cina, poi, è uno dei mercati su cui l’azienda sta puntando maggiormente, con un incremento della quota di mercato dal 5 al 6% nel 2018, dopo una presenza che dura ormai da tre lustri.
Il 2017 si è chiuso con un fatturato global di 110 milioni di euro e il primo semestre del 2018 ha fotografato conti in salute e una notevole possibilità di crescere ancora. Nei primi sei mesi di quest’anno, infatti, si è registrato un +20% a volume e +18% a valore anno su anno, con un fatturato di circa 63 milioni.
«Il mercato dell’olio è percepito come statico, mentre noi siamo convinti che si possa e si debba fare innovazione anche qui»
La strategia? Un rilancio del mercato nostrano, con una crescita in termini di volume del 70% e una quota di mercato – in aumento – del 5%, grazie a un ampliamento della rete di vendita e all’ampiamento dei canali tradizionali della Gdo. In Italia Coricelli si assesta su una quota di mercato del 4,9 % secondo le ultime rilevazioni AC Nielsen (Gen-Giu 2018), in crescita del +1,9 rispetto allo stesso periodo del 2017 e in controtendenza rispetto al resto del mercato che, secondo rilevazioni AC Nielsen, è in calo nel periodo del 2,8%.
Ma non di solo olio di oliva può vivere Coricelli: grande successo, infatti, sta riscuotendo la linea Ethnos, olii speciali dedicati ai palati più esigenti che ricercano prodotti con elevate proprietà nutrizionali. Nel primo semestre di quest’anno, infatti, le vendite di queste diverse tipologie che vanno dal cocco all’argan, dalla noce alla canapa. Oli certificati biologici e di sola spremitura che sono stati scelti dalle maggiori catene distributive italiane come Coop e Conad.
«Il mercato dell’olio è percepito come statico dichiara Chiara Coricelli, Amministratore Delegato del gruppo e prima donna a ricoprire questo incarico –, noi siamo convinti invece che si possa e si debba fare innovazione anche in questo mondo e la nostra scelta di introdurre gli oli Ethnos ci sta premiando».
Se Coricelli avanza a piccoli passi in Italia, all’estero è uno dei brand più conosciuti e distribuiti presente in 110 paesi nel mondo con una quota di export del 60%. I principali mercati sono rappresentati da Stati Uniti, Canada, Giappone, Polonia e Cina dove l’azienda è presente da 15 anni, ma anche Belgio, Brasile, Germania, Corea del Sud e Romania. Proprio per la continua attenzione rivolta all’estero, e con l’obiettivo di diffondere in tutto il mondo la cultura dell’olio e della dieta mediterranea, nel 2013 l’azienda ha introdotto per i mercati esteri la linea di pasta, aceti, sughi e pelati a marchio Coricelli.