Nei tempi distopici che stiamo vivendo, Elon Musk è un super-influencer. E che abbia deciso di prendere il controllo di Twitter sembra naturale, come se Totti avesse comprato l’Olimpico di Roma.
Più stravagante le ragioni di questo suo blitz: in sostanza, garantire la libertà d’espressione e il pluralismo sul social più giornalistico (ma anche meno frequentato, rispetto ai mostri Facebook, Instagram, Whatsapp) del sistema.
Apriti cielo, i democratici americani temono che Musk riapra le porte di Twitter al più famoso “bandito” dell’uccellino azzurro, Donald Trump. Ma palesemente non è questo il problema creato dal blitz del fondatore di Tesla.
Democrazie a rischio, serve lo spezzatino dei social
La mossa del nerd che inventò Paypal vaneggiando di poter sovvertire l’ordine del regime monetario mondiale – accontentandosi poi di intascare alcune decine di miliardi vendendolo per quel che è, un sistema di pagamento alternativo – desta (o dovrebbe destare) ben altro allarme.
Fin quando gli Stati Uniti non si decideranno a imporre lo spezzatino di tutti i grandi social media – facendoli in cento pezzi – la democrazia mondiale sarà a rischio, per una minaccia fortunatamente incruenta rispetto a quella di Putin ma altrettanto sovversiva.
Musk attacca Twitter blaterando – come fa sempre, e cambia opinione ogni due per tre – di voler rimuovere i bavagli che quel social avrebbe imposto alle discussioni sui suoi server, introducendo regole di espressione piuttosto severe.
Ma il punto non è se Musk abbia ragione o no. Il punto è che il mondo non deve fidarsi dell’opinione di un singolo uomo su un tema così delicato.
Non possono essere controllati da poche mani
In un sistema democratico non si possono imporre norme che limitino la libertà di espressione di un media – e un social è un medium! – se non su pochissimi temi che l’Europa ha ben definito: apologia di reati contro l’umanità, contenuti pedopornografici e quant’altro definito illecito dalle leggi penali. Questo vincolo di principio – lasciare liberi i media – significa di fatto non poter impedire che un medium sposi, ad esempio, i movimenti no-vax piuttosto che le filosofie totalitarie: e ben si è visto, negli ultimi tempi, da quel flash-mob violento e omicida che è stato l’attacco a Capitol Hill alle vicende della pandemia.
E dunque non potendo dettare regole censorie per prevenire che l’ultimo Musk di turno dia i numeri su un suo social di proprietà, l’antidoto è impedire che i social siano così pochi e siano controllati da poche mani.
La moltiplicazione unico antidoto
E poiché il mercato largamente imperfetto di quella “fabbrica di monopoli” che sono gli Stati Uniti ha permesso che il potere dei social si concentrasse appunto nelle mani di quell’altro ambiguo personaggio che è Mark Zuckerberg, con l’aggiunta marginale di Linkedin e, appunto, Twitter, quel che conta è imporre la moltiplicazione e diversificazione dei social, per indurre una segmentazione nuova del mercato e impedire che le manie e le fissazioni del Musk o dello Zuckerberg di turno diventino possano diventare punti di riferimento unici dell’opinione pubblica.
Un Paese normale avrebbe frenato Musk e Zuck
Trattenendo le parole soltanto per prevenire il rischio di querela, la storia di questi due – Zuckerberg e Musk – è la storia di successi economici scandalosi, che sarebbero stati almeno fiscalmente ridimensionati se non addirittura dichiarati illeciti in qualsiasi ordinamento meno demenziale di quello americano, costruiti con percorsi e metodi che definire soltanto “opachi” è solo (nuovamente) un modo per non farsi querelare. Ma non importa: oggi nel mondo basta avere soldi per farsi imperatori dei social.
Ma il mondo ci è già passato, qualche decina d’anni fa, all’epoca del boom della tv: ma allora aveva anticorpi contro i tycoon. “Quarto Potere” ha insegnato quanto pericoloso potesse essere il successo incontrollato dei magnati dei media. I boss delle televisioni sono stati arginati e contrastati ovunque, anche negli Usa, con leggi restrittive e con mille espedienti normativi che favorissero il pluralismo. Invece negli ultimi vent’anni la setta della Silicon Valley, assoldando il Partito Democratico soprattutto di Obama, è riuscita a non farsi imbrigliare.
Gli oligarchi americani che comandano i social
È questo il pericolo, è questo l’assurdo. Illuminare gli evidenti connotati pazzoidi di Musk è addirittura superfluo perché le evidenti ragioni di inaffidabilità del personaggio – violatore seriale delle regole di Borsa, megalomane, spregiudicato approfittatore delle leggi ambientaliste e cinico propalatore di favole sempliciste sulla decarbonizzazione – non saranno mai capite dai suoi adoratori.
Il punto non è dimostrare che Musk non sarebbe affidabile rispetto agli interessi della democrazia e del pluralismo, nemmeno nel pubblicare un mensile di uncinetto.
Il punto è che non possiamo permettere che pochi oligarchi vomitevolmente ricchi comandino su social così grandi e potenti. Quando gli Stati Uniti rinsaviranno, la cosa accadrà, come già accadde contro lo strapotere di Standard Oil o At&t. Fino a quel giorno, la democrazia mondiale è e resterà in grave pericolo.