L’insolente salute cinese e il fieno in cascina della Francia

In Cina spendono…

Per capire come sarà il mondo post-Covid non basta scorrere le tabelle e i grafici preparati dalla signora Gita Gopinath (nella foto), capo-economista del Fondo Monetario Internazionale, da cui si apprende che la ripresa sarà “lunga, ineguale e incerta” (con un Pil che perderà il 4,4% quest’anno per riguadagnare il 5,2% l’anno prossimo con uno scarto al ribasso per le economie avanzate che perderanno il 5,8% di Pil nel 2020 e una più debole risalita, solo il 3,9%, nel 2021), ma bisogna tornare a Wuhan, in Cina, la metropoli industriale da dove tutto è cominciato, e fare la conoscenza di un’altra signora, Li Yaquing, di professione agente di commercio.

Miss Li per la festa nazionale d’autunno è tornata qui, nella sua città natale, dopo essere stata confinata per mesi a Shangai, dove lavora. A Wuhan ha riabbracciato genitori e parenti che non vedeva da febbraio, ma, soprattutto, ha potuto scatenarsi in lunghi pomeriggi di shopping nei centri commerciali e nei mall con le loro vetrine di nuovo scintillanti come hanno fatto – ecco il punto – 637milioni di cinesi che nella “settimana d’oro” di inizio ottobre hanno speso 466miliardi di yuan (58,8miliardi di euro), stando alle cifre diffuse dal ministero del turismo e definite – bontà loro – “incoraggianti”.

Colpiscono soprattutto le vendite del settore del lusso che dimostrano, come ha scritto Le Monde Diplomatique, “une santé insolente”, uno stato di salute che nessuna casa di moda o colosso dei cosmetici può vantare nelle boutique e nei mall di Parigi, Londra, Milano o New York. Per dire, Prada ha venduto qui il 60% in più rispetto al 2019 e Louis Vuitton e Dior hanno letteralmente raddoppiato i fatturati. La crescita del lusso è “fascinante” ha dichiarato al giornale francese il responsabile di Boston Consulting China che intravede un balzo del 30% del settore già quest’anno. Mentre il concessionario Bmw di Shangai, il molto rispettabile signor Liu Yufei, conta gli incassi di questi otto giorni di ottobre che gli hanno regalato il doppio delle vendute rispetto al 2019.

Alta moda, lusso, auto di grossa cilindrata: è la Cina “comunista” a darci quasi fisicamente la misura di quella “ineguaglianza” che il Covid 19 ha impresso drammaticamente nell’economia globale come si può vedere ritornando in Francia.

…e in Francia risparmiano

Qui, se il “confinement” ha generato 50 miliardi di risparmio aggiuntivo (con inevitabile congelamento dei consumi al punto da spingere quest’estate Bercy, il ministero dell’economia, a sollecitare i francesi a “sortir et dépenser”, uscire e spendere), due terzi di questa “bas de laine” – noi diremmo: fieno in cascina – cioè di queste risorse – una trentina di miliardi – sono state accumulate dalle famiglie più ricche, come si può leggere in un paper del Conseil d’analyse économique, una sorta di ufficio studi che dipende direttamente da Matignon, dal governo.

Ebbene, secondo l’autrice dello studio, Camille Landais, che insegna alla London School of Economics, proprio questo “eccesso di risparmio” delle famiglie “les plus aisées”, quelle che rappresentano il nono e il decimo decile del campione statistico con i redditi più alti, è l’indicatore che fa intravvedere il lascito peggiore della pandemia, cioè una recessione che ha aumentato esponenzialmente tutte le “inegalitées”.

In Francia (e in quasi tutte le economie avanzate) i governi hanno attivato la leva dei sussidi finanziati a debito, cioè a carico delle casse pubbliche. Ma questo, ha fatto sapere l’economista di sinistra Thomas Piketty, ha generato uno stock di debito che ormai rappresenta il 1000% (mille!) del Pil mondiale. Debito che non potrà mai essere rimborsato se i governi non si decideranno a tassare i ricchi. I quali hanno “bas de lain” sufficiente a evitare la recessione più dura e più difficile del secolo. Che l’Italia prova a schivare guardando a Bruxelles.