
Una crescita del 14 per cento a 14,49 miliardi di euro, trainata dall’export, specie dal segmento lusso. L’industria calzaturiera italiana recupera i livelli pre-pandemia: sono i dati del Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici presentati al Micam, la più importante fiera del comparto in programma fino al 22 febbraio a Fiera Milano Rho. “Sebbene il quadro di insieme sia incoraggiante, dopo un biennio complesso, ci sono alcune indicazioni meno confortanti” dice Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici. “In primis la disomogeneità della ripresa, due imprese su cinque non hanno ancora ripianato il gap col 2019 e parecchie non sono riuscite a superare la crisi, cessando l’attività, e poi le conseguenze delle dinamiche inflattive sugli utili delle aziende. L’anno che doveva segnare la piena ripartenza dopo la pandemia ha sì registrato il proseguimento del recupero della domanda – ha concluso Ceolini – ma è stato penalizzato dal perdurare dei costi elevati delle materie prime, che dopo la fiammata di fine 2020 non hanno dato segni tangibili di ribassamento, e dai picchi record nei prezzi degli energetici, con un’inflazione mai così alta in Italia dal 1985. A ciò si è aggiunto, a fine febbraio, lo scoppio di un conflitto di cui ancora oggi non si vede la fine, in un’area da sempre tra i maggiori clienti di alcuni distretti calzaturieri italiani”.
LEGGI ANCHE: MGM acquista Rekord, ora è il primo gruppo europeo di calzature outdoor
Industria calzaturiera italiana, è record nell’export
Tra i dati spicca il nuovo record stabilito dall’export: 10,48 miliardi di euro nei primi 10 mesi del 2022, più 23,5 per cento, già superiore al valore dell’intero 2021, con un prezzo medio al paio che ha raggiunto i 57,26 euro. Un risultato su cui hanno rivestito un ruolo determinante le performance messe a segno dai brand internazionali del lusso, per i quali molte aziende italiane operano da terzista. Tra i mercati, risultati premianti nella UE. Incrementi ben oltre la media in Nord America e Medio Oriente, più 55 per cento. Bene, nonostante risultati altalenanti durante l’anno condizionati dai lockdown, anche la Cina, più 41 per cento in valore, ma soprattutto per l’alto di gamma. Tra le tipologie, le scarpe in pelle, tipiche della tradizione made in Italy, sono le uniche che ancora presentano un divario in volume sul 2019. Sul versante interno, gli acquisti delle famiglie hanno evidenziato variazioni contenute ma comunque positive. Il lungo periodo di crisi ha fatto scendere a 3.765 unità i calzaturifici attivi, con un saldo negativo di 216 unità a confronto con dicembre 2021. I livelli occupazionali hanno registrato nel 2022 un rimbalzo, dopo la significativa contrazione di fine 2020 e l’ulteriore meno 1,8 per cento del consuntivo 2021, con il recupero di 1.750 addetti, pari a più 2,5 per cento, su dicembre 2021 (sono risaliti a 72.336). Un’inversione incoraggiante ma assolutamente insufficiente, comunque, a ripianare le perdite del biennio antecedente.