Per lo sviluppo economico e sociale contemporaneo, il digitale rappresenta un’opportunità tanto grande da non essere ormai nemmeno più una scelta ma un dato di fatto cui è necessario dare seguito. Ciò che, però, non è sempre chiaro è il contributo che le tecnologie di nuova concezione possono recare al processo di inclusione sociale della popolazione, ed in particolare delle categorie più fragili come può essere, ad esempio, quella dei disabili.

Nuova operatività ristori Emilia-Romagna: banner 1000x600

Nuova operatività ristori Emilia-Romagna

A partire dal 21 novembre ampliata l’operatività dei Ristori da €300 milioni riservati alle imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. La nuova misura, destinata a indennizzare le perdite di reddito per sospensione dell’attività per un importo massimo concedibile di 5 milioni di euro, è rivolta a tutte le tipologie di impresa con un fatturato estero minimo pari al 3%.



In linea generale, infatti, al digitale è riconducibile l’insieme degli strumenti che possono favorire l’inclusione sociale dei disabili, riducendo le barriere che spesso impediscono loro di partecipare pienamente alla vita sociale e lavorativa.

Diversity & inclusion non è beneficienza

Questa importanza è stata amplificata dalla pandemia di COVID-19, che ha reso necessario l’utilizzo di tecnologie digitali per mantenere il contatto con familiari, amici e colleghi e per accedere ai servizi sanitari e sociali. Ma l’utilizzo del digitale per l’inclusione sociale dei disabili (e non solo) va ben oltre la pandemia e rappresenta una soluzione a lungo termine.

Iscriviti alla newsletter di Intesa Sanpaolo: banner 1000x600

Iscriviti alla newsletter di Intesa Sanpaolo

Esperienze, anteprime ed eventi esclusivi. Scopri le nostre iniziative.



Di recente, lo studio Rethink & Broaden Diversity, Equity, and Inclusion to create competitive advantage elaborato da Bcg-Boston Consulting Group ha realizzato un’analisi globale incentrata sull’attuale capacità delle imprese di attivare politiche inclusive anche nei confronti dei portatori di handicap. Da quanto emerge, sebbene molte imprese siano ancora piuttosto lontane dall’avviare politiche di equità socio-aziendale concrete ed articolare, è evidente che alti livelli di equità, diversità e inclusione siano sempre più associati ad una maggiore innovazione e produttività, oltre a facilitare l’acquisizione di nuovi talenti, ciò che (al di là delle politiche d’immagine) rappresenta uno dei principali scopi di ogni azienda.

Per essere chiari, le politiche inclusive non sono beneficienza ma, soprattutto, investimenti lungimiranti nel benessere dell’azienda e della società. Lo conferma anche il dato economico secondo cui tali iniziative sono capaci di attivare un circuito economicamente virtuoso producendo un ritorno dell’investimento 1,3 volte maggiore per chi vi da seguito rispetto a chi non lo fa.

Secondo il World Economic Forum, evoluzione tecnologica e automazione produrranno entro il 2025 un doppio effetto: mentre da una parte verranno persi in tutto il mondo 85 milioni di posti di lavoro, allo stesso tempo se ne creeranno 97 milioni di nuovi, con un saldo netto di 12 milioni di occupati in più, e di questi nuovi occupati possono e devono farne parte anche i disabili che possono avvantaggiarsi in una società dei servizi maggiormente digitalizzata.

Digitale boost per favorire l’inclusione dei disabili

Vi sono quindi tre aspetti particolari in cui il digitale può essere davvero un boost per favorire l’inclusione digitale anche della popolazione disabile.

In primo luogo, può aiutare a superare le barriere fisiche e sensoriali che spesso impediscono di partecipare alla vita sociale. Ad esempio, le tecnologie di comunicazione come Skype, Zoom e altre applicazioni di videoconferenza consentono ai disabili di partecipare a riunioni, eventi e conferenze senza dover uscire di casa o affrontare le difficoltà del trasporto. Inoltre, le tecnologie di assistenza come i dispositivi per la lettura e l’ascolto, gli schermi tattili e le tastiere ergonomiche sono di grande supporto alla navigazione internet e ad accedere alle informazioni, ai servizi e alle opportunità di lavoro.

Disabili: lavoro agile può creare posti di lavoro

In secondo luogo, il digitale è importante perché crea nuove opportunità di lavoro. Secondo un rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), i disabili rappresentano circa il 15% della popolazione mondiale, ma solo circa il 23% di questi ha un lavoro. Migliorare questo aspetto rappresenta anche un investimento netto in dignità e un passaggio dal mero assistenzialismo (talvolta non così tanto indispensabile) a quello che potremmo definire “supporto concorrente” in cui alle persone sono forniti gli strumenti e l’assistenza necessaria a rendersi il più possibile indipendenti.

Nell’ambito lavorativo quindi, il digitale incide fortemente offrendo opportunità di lavoro che possono essere svolte a distanza, come la scrittura, la traduzione, la programmazione, il marketing digitale e il customer service. Inoltre, il digitale può anche essere utilizzato per creare imprese sociali che producono tecnologie di assistenza per i disabili, avviando un circolo virtuoso in cui si migliora la qualità della vita e fornendo opportunità di lavoro per i disabili stessi.

Digital divide in Italia è motivo di esclusione digitale

Il terzo aspetto in cui il digitale incide sull’inclusione delle persone disabili è relativo alla piena partecipazione alla vita sociale, culturale e politica. Ad esempio, le tecnologie di realtà virtuale possono consentire ai disabili di visitare luoghi lontani, di partecipare a eventi culturali e di vivere esperienze che altrimenti non sarebbero possibili. Nel momento poi in cui sarà possibile accedere ad un sistema di voto elettronico per tutti i tipi di elezione, anche i diritti politici e l’elettorato attivo guadagneranno certamente di significato potendo includere anche tutte quelle persone che per vari motivi sono impossibilitate a partecipare.

Certo, la sfida è probante, soprattutto in un Paese come l’Italia in cui il digital divide è ancora un motivo di esclusione in generale. Proprio per questo motivo per superarla è importante che i governi, la scuola e il terzo settore sviluppino politiche e programmi inclusivi per garantire la massima diffusione e accessibilità alle tecnologie digitali. Ciò significa non solo sviluppare tecnologie accessibili (e sicure), ma anche infrastrutture diffuse, e garantire che entrambe siano poste nella reale disponibilità, in termini economici e di competenze, anche delle persone con disabilità.

Metaverso valore aggiunto per l’inclusione dei disabili

Date queste tre indicazioni, vi sarebbe poi un quarto contesto in cui il digitale può rivelare sensibilmente il suo valore aggiunto in termini di inclusione: il metaverso. In tale ecosistema, infatti, le persone hanno contemporaneamente la possibilità di essere contemporaneamente “qui e altrove”, ed è proprio la sua caratteristica di tangibile incorporeità a rappresentare un passo in avanti ulteriore che fornisce alle persone con disabilità la possibilità di progredire sentendosi meno escluse ma anzi parte significativa di un mondo sul nascere. D’altra parte, anche se al momento questa rivoluzione non appare così tanto tangibile è evidente che il metaverso sia un settore destinato a crescere. Lo ha confermato di recente anche uno studio di Ernst & Young per cui i ricavi riconducibili a questo settore cresceranno del 40% nel prossimo decennio, creano nuove opportunità di vita e di lavoro per milioni di persone, molte delle quali oggi sono di fatto ne sono escluse.

Includere nella trasformazione digitale tutti i cittadini sarà la vera sfida delle società post industriali già a partire da questi anni. Vincere o perderla non rappresenta un mero dato statistico ma la differenza tra un Paese che è in grado di progredire e uno che è incapace a farlo.