di Franco Oppedisano

Da un eccesso all’altro. Durante la pandemia lo smart working sembrava una tendenza inarrestabile. Ma con la fine della crisi sanitaria la maggior parte dei dipendenti sono stati richiamati in ufficio, come se niente fosse accaduto. Ma certe trasformazioni lasciano li segno. «Negli ultimi due anni, il mondo del lavoro ha subito molti cambiamenti repentini, vincolati ma strutturati per gli anni a venire», spiega a Economy Luca Barbarossa, regional product marketing manager, Emea South di Jabra, la multinazionale specializzata in dispositivi audiovideo «È così che il lavoro ibrido, un mix di “faccia a faccia” e distanza, è diventato la norma per molte aziende, sia in Italia, che a livello internazionale. Inizialmente, l’uso del telelavoro può essere stato percepito da alcuni come una soluzione di crisi, la cui pertinenza sarebbe stata applicata solo a momenti molto particolari, ma in realtà si tratta di una tendenza destinata a rimanere ben salda nelle nostre nuove abitudini lavorative. In un mondo in cui il lavoro si sposta sempre più verso ambienti virtuali, l’accesso alla tecnologia è fondamentale per garantire soddisfazione, inclusione e successo sul lavoro. Adattabilità e flessibilità sembrano essere diventate le parole d’ordine».

L’impressione è che sia stato fatto un lungo salto in avanti su una strada comunque complicata…
Non si tratta di vederla come una costrizione, ma al contrario come una “nuova libertà”. E la libertà è un prerequisito per l’innovazione. La creatività dei team è stimolata dal fatto di beneficiare di un migliore equilibrio tra vita professionale e personale, o dal fatto di poter scegliere la propria organizzazione e il proprio ambiente di lavoro. In un certo senso, stiamo passando da un obbligo di modalità – il classico “faccia a faccia” in presenza dalle 9 alle 18 – a un obbligo orientato al risultato, e questo approccio ha più rilevanza e significato.

Secondo alcune recenti indagini tre aziende su 10 hanno già deciso di far tornare tutti in azienda, mentre il 73% dei datori di lavoro sta valutando la possibilità di ridurre il lavoro a distanza. Cosa non funziona nel lavoro ibrido?
In effetti, la coesistenza tra questo nuovo ambiente di lavoro e i vecchi metodi di organizzazione e gestione è oggi un vettore di pressioni sociali e disuguaglianze tecnologiche, che ostacolano la flessibilità. Anche al di là delle regole di presenza obbligatoria, si pone un problema di percezione. Nonostante il desiderio dei dipendenti di lavorare in un formato ibrido, molti di loro ammettono di temere che una minore presenza in ufficio possa influire sulla loro carriera.

Ed è vero?
Uno dei motivi per cui i dipendenti lavorano a tempo pieno in ufficio più di quanto vorrebbero è la pressione sociale. Può essere una forza invisibile, ma potente sul posto di lavoro. Anche quando un’azienda sembra dare ai propri dipendenti la piena libertà di lavorare dove vogliono, una cultura radicata che sottintende “è meglio essere presenti in ufficio per ottimizzare le proprie prospettive di carriera” nega, in modo esplicito o implicito, qualsiasi reale grado di autonomia concesso ai dipendenti.

Cosa si può fare?
I manager, e la singola società nel suo complesso, devono assicurarsi che la loro comunicazione e le loro azioni chiariscano che i dipendenti non saranno danneggiati se non lavorano in ufficio. Un buon punto di partenza è l’adozione di metodi di valutazione delle prestazioni basati su risultati e obiettivi concreti e trasparenti. Un altro passo fondamentale è la formazione dei manager sui pregiudizi del lavoro a distanza, ma anche sui pregiudizi inconsci che portano a trattare in modo preferenziale le persone con cui hanno un contatto più diretto. I dipendenti spesso riflettono il comportamento dei loro leader. Uno dei modi migliori per dimostrare che non c’è nulla di sbagliato nel lavorare in modalità ibrida è semplicemente dare il buon esempio.

Uno dei problemi legati al lavoro ibrido di cui si è sempre parlato è la difficoltà di controlli. Ci sono dei metodi legali per farlo?
Già adottata da oltre la metà delle aziende, la modalità operativa ibrida ha ancora molta strada da fare. Offrire ai dipendenti una maggiore autonomia rende il ruolo dei manager ancora più vitale. Essi devono essere proattivi per garantire che la cultura aziendale e le modalità operative dei team siano favorevoli al raggiungimento degli obiettivi. Oggi più che mai le aziende devono sostenere i manager in questo rinnovamento della loro professione, in modo che possano dare l’esempio, dimostrando che il lavoro da casa non ostacola in alcun modo il progresso e promuovendo un ambiente professionale trasparente e appagante. Una delle loro principali missioni è ora quella di fornire supporto mentale ai dipendenti, ovunque essi si trovino. Un approccio eccessivamente dall’alto verso il basso, che imponga le nuove modalità di lavoro, non è utile; è meglio coinvolgere i dipendenti nelle discussioni sull’organizzazione concreta del lavoro ibrido. La fiducia deve essere reciproca, sempre con l’obiettivo della creatività, dell’efficienza e del benessere di tutte le parti. L’autonomia sarà un elemento essenziale per migliorare la soddisfazione e l’impegno dei dipendenti sul lavoro. Una maggiore autonomia avrà un impatto positivo sul loro senso di appartenenza, sulla motivazione, sulla produttività, sulla fiducia, sull’equilibrio vita-lavoro e sul benessere mentale. Se diminuisce, questi pilastri fondamentali della cultura organizzativa e del successo andranno in crisi.

Perché alcuni sindacati non nascondono di preferire la settimana di quattro giorni lavorativi allo smartworking?
Il lavoro ibrido non è incompatibile con la settimana di quattro giorni. È possibile dividere i quattro giorni tra diversi luoghi di lavoro. L’importante per un’organizzazione è consentire la flessibilità dei propri dipendenti, valorizzare il meglio di loro, promuovere la comunicazione e l’equità ovunque ci si trovi. Sarà poi la valutazione dei risultati e del raggiungimento degli obiettivi a decretare il successo o meno della settimana lavorativa piuttosto che dello smartworking o di entrambi. A parte questo, non possiamo parlare per i sindacati, spetta a loro commentare.

Sembra che il miglior alleato del lavoro ibrido sia una resistenza crescente da parte dei dipendenti che non vogliono rinunciare alla flessibilità acquisita. Quindi, per molte imprese il lavoro ibrido non è un modo più efficiente di lavorare, ma un tentativo di acquisire e mantenere in azienda competenze difficili da trovare. Non si possono ottenere entrambe le cose?
Per mesi i dirigenti si sono preoccupati degli aspetti sociali del lavoro ibrido, ad esempio di come mantenere la cultura aziendale e massimizzare le interazioni informali tra colleghi. Tuttavia, i dati dimostrano che se si lascia che siano le persone a decidere, di solito esse optano per un equilibrio che soddisfa automaticamente queste esigenze. In altre parole, di solito optano per il lavoro ibrido. Ma soprattutto, creando una cultura del lavoro virtuale in cui l’attività che svolgiamo è indipendente dal luogo in cui ci troviamo, le imprese hanno l’opportunità di assumere talenti completamente da remoto. In tutto il mondo, le cosiddette “grandi imissioni” sono state un brusco risveglio per molte organizzazioni. Ampliando il bacino di candidati idonei al di là del raggio di percorrenza di una sede fisica, le società creano notevoli opportunità di assumere i migliori tra i migliori. Inoltre, la Generazione Z rappresenta una realtà non solo nativa digitale, ma anche ibrida. Molti hanno iniziato la loro carriera professionale durante la pandemia. Quindi, il lavoro a distanza e ibrido è l’unica cosa che hanno sperimentato. Infatti, il 64% della Generazione Z in tutto il mondo…

considera il laptop, le cuffie e qualsiasi luogo in cui sia possibile ottenere una connessione internet efficace alla stregua del proprio “ufficio”, come evidenziato anche dalla nostra ricerca Hybrid Ways of Working Global Report. Ciò testimonia la crescente importanza della tecnologia nel definire l’esperienza dei dipendenti.

La qualità del lavoro da remoto dipende anche dagli strumenti che si hanno a disposizione. Qual è la dotazione base che dovrebbe avere un dipendente?
La sfida legata a questa nuova realtà è quella di mettere in campo tutte le possibilità per garantire la qualità degli scambi tra i dipendenti. Le condizioni di distanza e di videoconferenza comportano un maggiore affaticamento dei dipendenti, soprattutto a causa della maggiore concentrazione richiesta. Comprensibilmente, è meno facile affidarsi al linguaggio del corpo o alle espressioni facciali dell’interlocutore per cogliere il suo messaggio, il che induce stanchezza, essendo anche il campo visivo ridotto. L’obiettivo è ora quello di garantire che le conversazioni a distanza siano naturali e fluide come gli scambi “faccia a faccia”. Alcuni studi dimostrano che l’affaticamento del cervello, la sensazione di sovraccarico e lo stress sono più importanti quando si collabora in video. Ma questo non è un motivo per rifiutare del tutto il lavoro ibrido. Piuttosto, è necessario compensare le sue imperfezioni per mettere in luce i suoi preziosi punti di forza. In questo senso, le attrezzature tecnologiche possono supportare gli esseri umani, in termini di audio e di immagini. Come Jabra negli ultimi anni ci siamo orientati verso un tipo di produzione che favorisse anche il lavoro ibrido. Tra le tante soluzioni ricordiamo la gamma delle cuffie Evolve 2 – compatibili con tutte le principali piattaforme di Unified Communications e progettate per il lavoro a distanza – e la Jabra Panacast 20, una webcam 4K progettata per postazioni in telelavoro e smart working.

Cosa bisogna avere, invece, in azienda?
Dall’inizio della pandemia e parallelamente all’ascesa del lavoro ibrido, è emerso il termine “meeting equity”, che riflette il desiderio di includere i dipendenti da remoto in condizioni ottimali, in modo da non svantaggiarli. Essere visti e ascoltati, indipendentemente da dove si lavora, è il nostro leitmotiv in Jabra. Il nostro obiettivo è portare questa equità a tutti gli utenti che operano in ambienti di lavoro ibridi: devono godere degli stessi diritti e degli stessi vantaggi sia che si trovino a casa, in ufficio o altrove. Questo è particolarmente importante dal momento che l’80% delle riunioni in tutto il mondo sono ibride. Per garantire l’equità a tutti gli utenti, Jabra mette a disposizione tutto il suo know-how tecnologico, soprattutto per quanto riguarda l’intelligenza artificiale. Ad esempio, con la nostra gamma video PanaCast, il sistema esegue automaticamente lo zoom e decide il posizionamento dell’immagine. Ciò non impedisce, parallelamente, una copertura completa della stanza grazie al campo visivo di 180° offerto dalla telecamera.  Questa caratteristica ha molto senso perché permette di soddisfare gli utilizzi più diffusi, incluse le riunioni ibride in sale di piccole o medie dimensioni. Inoltre, il 42% degli intervistati dell’Hybrid Ways of Working Global Report ha dichiarato di non sentire ciò che viene detto durante le riunioni. In tale ottica, la serie Speak2 è stata progettata per andare oltre le prestazioni di un altoparlante standard e di un suono full-duplex, in modo che tutti i partecipanti alle riunioni non solo si sentano percepiti, ma anche “ascoltati”. Questo speaker di nuova generazione permette agli utenti che parlano simultaneamente di confrontarsi in modo molto più naturale, come se ogni interlocutore fosse presente di persona, senza disturbare il flusso della conversazione.