I manager della Silicon Valley mandano i figli in scuole dove non esistono computer né tablet.

di Lella Coppola

È così, almeno in termini di tendenza: dirigenti e impiegati delle tech corporation della Silicon Valley (Google, Apple e Yahoo) mandano i figli a una scuola dove non ci sono computer, tablet, iPad, cellulari o semplicemente schermi.

La scuola si chiama Waldorf School of the Peninsula e fa parte dell’Associazione delle scuole Waldorf of North America (espressione americana della scuola Steineriana).

Non ci sono dispositivi digitali e nemmeno TV, tranne che per rare eccezioni, fino all’età delle nostre medie perché la scelta della scuola, avallata dai genitori, è privilegiare la fantasia e un approccio olistico che integri lo sviluppo intellettuale, pratico e creativo dei bimbi. Tutto insieme, non per fasi o materie.

Qualcuno potrebbe pensare che comunque questi bambini a casa hanno genitori impiegati in qualche grande azienda tecnologica che sapranno insegnare loro come utilizzare computer e cellulari. Il che è probabilmente vero.

Ma al di là del caso specifico, questa osservazione fa pensare che chi pretende che la scuola assuma in toto le nuove tecnologie per aggiornarsi probabilmente è ancora un passo indietro rispetto a quello che la scuola potrebbe e dovrebbe fare.

Veniamo da così lontano… Basta pensare che chi scrive alle elementari aveva ancora il bidello che riempiva il calamaio di inchiostro. E non ho fatto le guerre puniche.

La scuola italiana parte da lontano e non è certo andata di corsa in questi ultimi decenni, ecco perché, non avendo ancora adottato le nuove tecnologie in modo capillare, potrebbe paradossalmente trovarsi alla stessa altezza di una scuola che avesse seguito le tendenze, per poi rendersi conto che occorreva fare un passo indietro.

Insomma, la scuola italiana ha di buono che è così lenta da trovarsi a doppiare se stessa.

Fantasia al potere

All’Association of Waldorf Schools of Noth America sostengono che l’uso massivo dei computer a scuola non ha dato prova di sortire risultati apprezzabili, mentre è certo che inibisca l’immaginazione, il movimento, l’interazione umana e la capacità di concentrazione. L’assenza di dispositivi digitali nelle scuole Waldorf e la convivenza con la natura come parte del programma sono intese a sviluppare le capacità di pensiero laterale e di problem solving, quelle capacità di pensiero innovativo che saranno richieste dalle aziende di domani.

Ciò che rende tutto questo ancora più interessante – al di là dell’annosa diatriba sulle scuole steineriane – è che molti pezzi grossi dell’industria tecnologica mandano i propri figli in scuole innovative che sovvertono le regole dell’insegnamento tradizionale, a volte senza prevedere l’uso del computer. Quando non ne aprono una loro stessi. E’ il caso dei fondatori della Portfolio School di New York, Babur Habib e Doug Schachtel, dove bambini di età diverse imparano insieme in classi aperte in cui accanto al computer ci sono trapani e stampati 3D. O delle miscroscuole Alt School in California e New York, fondate da un ex dirigente di Google, Max Ventilla, con il sostegno finanziario di colleghi e dello stesso Mark Zuckerger.

O ancora della Wildflower School di Boston, fondata da Sep Kamvar, ancora un ex Google.

Ma a quanto risulta dalle cronache, anche il vulcanico Elon Musk, patron di Tesla e Space X, avrebbe fondato una microscuola per i suoi cinque figli e quelli dei vicini.

Allora, o i dirigenti delle grandi corporation tecnologiche della Silicon Valley peccano tutti della stessa presunzione e avevano tutti lo stesso sogno nel cassetto, oppure – ed è certamente l’ipotesi più probabile e più interessante – lavorando alle nuove tecnologie e alla rappresentazione ravvicinata del nostro futuro hanno deciso che per i loro figli vogliono scuole che mettano al centro dell’attenzione il loro sviluppo intellettuale e creativo, forme di pensiero anziché soluzioni, processi speculativi anziché formule, libertà di movimento e lavori manuali anziché divise e programmi scolastici chiusi, riscontri argomentati da parte degli insegnanti anziché rigide griglie di valutazione.

Questo dovrebbe farci riflettere. Dai commenti di molte di queste persone sul futuro che ci aspetta emerge, infatti, che i robot e l’intelligenza artificiale ci sostituiranno in tutto ciò che è funzionale e forse persino nello studio e nella realizzazione di altre macchine intelligenti, ma non potranno seguirci sul piano del pensiero laterale, della creatività, dell’espressione artistica, della filosofia, dell’azzardo concettuale.

Quindi, chi ha le idee chiare sul futuro, non alleva programmatori ma pensatori autonomi, che sanno usare le mani e l’immaginazione e che imparano a scegliere e decidere con la propria testa invece di seguire l’onda.