Letta + Conte, il tandem centristasi liberi presto dal vaffa-man Grillo

Nel brodo primordiale della devastata politica italiana, l’avvento di una persona istruita e perbene come Enrico Letta al vertice del Pd è stato senz’altro una buona notizia.

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A partire dal 21 novembre ampliata l’operatività dei Ristori da €300 milioni riservati alle imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. La nuova misura, destinata a indennizzare le perdite di reddito per sospensione dell’attività per un importo massimo concedibile di 5 milioni di euro, è rivolta a tutte le tipologie di impresa con un fatturato estero minimo pari al 3%.



Meno univocamente apprezzabili sono state invece le primissime mosse del neo-segretario. Invocare lo ius soli e il voto ai sedicenni nel discorso d’insediamento facendone addirittura il “punto-titolo” dei media aveva senso? Lo ius-soli è argomento divisivo che c’entra davvero poco con la drammaticità di un’accoglienza dei migranti che grida vendetta per l’assoluta inadeguatezza umanitaria e organizzativa e con la necessità, invece, di una razionalizzazione della materia che valorizzi l’apporto lavorativo e umano dei migranti economici senza ritrasformare l’Italia nel centro d’accoglienza di tutta l’Unione che di fatto è spesso stata in passato; il voto ai tiktoker è ancora più stravagante come mossa, perché nel merito la materia è assolutamente controversa e non ha alcuna radici in alcuna area di consenso, paradossalmente meno che mai tra i potenziali interessati.

L’impegno per riparare in poche mosse con la scelta dei nuovi capigruppo all’oggettivo e storico maschilismo del Pd è invece senz’altro più compresibile, per quanto stia impietosamente incaricandosi di dimostrare che poi sono a volte i rapporti tra le leader a replicare anche in peggio i vizi storici del gallismo maschile, il che non giova alla causa delle donne: ma non è colpa di Letta.

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Il vero nodo è quello dei rapporti con i Cinquestelle. L’abbraccio con Conte è fisiologico, come Letta l’ex presidente del consiglio è un neo-democristiano, ed in fondo un Italia nuovamente incardinata in una guida centrista con elementi di sinistra e di solidarismo sociale appare oggi uno scenario ideale rispetto all’incredibile casino seguito al triennio brillante ma per altri versi deludente di Renzi. Solo che è l’abbraccio con Conte la scelta fisiologica, non un abbraccio che includa Beppe Grillo.

Nel suo saggio di qualche anno fa, “Ho imparato”, Letta individua lucidamente un filo conduttore tra il “Vaffa” di Grillo, la “rottamazione” di Renzi e le “ruspe” di Salvini. Qual è questo filo conduttore? L’evocazione populista della discontinuità violenta come antidoto alla crisi della politica. Grillo predicava che si dovesse mandare “affanculo” i vecchi partiti; Renzi ha rottamato la classe dirigente storica del Pd e pezzi di quella nazionale; Salvini evocava l’uso delle macchine per movimento terra al fine di bonificare la società dai suoi nemici interni (vattelapesca: immigrati, rom e quant’altro).

È chiaro che questo atteggiamento aggressivo e manesco, più antropologico che culturale, è una delle armi propagandistiche peggiori ma anche più efficaci del populismo ed è fonte di infiniti equivoci e errori. Grillo ne ha sempre fatto una bandiera, al di là della parola-chiave, al di là del vaffa. Nel pensiero grillino, gli “altri” sono sempre quelli da bandire, spianare, emarginare, ed è sempre tutta colpa loro: giochino facile dall’opposizione e senza corresponsabilità condivise, ridicolo dopo che si è stati al potere, e tuttavia ancora praticato per la memoria da pesce rosso che affligge l’elettore italiano.

Grillo è ancora lì, incredibilmente, invece di essersi autoesiliato per la vergogna. Eternamente guitto, con il casco da astronauta in testa anziché la mascherina sul viso, in questo suo esibirsi perenne, indistintamente tra palco e Palazzo, eppure centrale nella pur ristrettasi residua platea elettorale pentastellata. Giuseppe Conte non ha scelto, o non ancora, la rottura netta con l’eredità di violenza politico-sociale rappresentata dal pensiero (pensiero?) originale di Grillo. E quindi se l’abbraccio Letta-Conte implica l’inclusione di questo terzo incomodo, l’autore indimenticabile delle filippiche contro il “partito di Bibbiano” e contro il “Pdl-meno-elle”, ovviamente non va bene. Dipende da Conte, certo: ma anche da Letta, se Conte tiene a questa ricollocazione che estragga i cocci del Movimento dall’infantilismo inconcludente che tanti costi ha comportato per la politica italiana, nonostante l’impegno del medesimo Conte. E Letta sa bene quant’è pericolosa la logica del “vaffa”. Lo spieghi a Conte e, insieme, facciano un passo avanti. Anzi, una svolta.