Paolo Abati, Direttore generale di Estra

di Lorenzo Nicolao

Non si intravedono soluzioni al conflitto ucraino, i prezzi salgono, la Russia taglia le forniture e l’inflazione accelera. L’approvvigionamento del metano e del gas rappresentano un problema generale per tutta l’Europa, fino a toccare contesti regionali come quello di Estra. Da oltre 50 anni nel settore delle utility locali e cresciuta nel tempo fino a essere uno dei primi dieci gruppi industriali per la vendita di gas e luce, oltre che per la distribuzione di gas e Gpl, l’azienda toscana che dal 2017 ha tra i suoi soci anche l’anconetana Viva Servizi, divenendo leader nel Centro Italia, si trova ora alle prese con la tempesta perfetta, per la quale servono soluzioni adeguate tanto nel breve, quanto nel lungo termine. Con 817mila clienti e 7mila chilometri di rete tra Toscana, Marche e Abruzzo, fino al Sud, è impossibile non risentire degli sconvolgimenti internazionali, circostanze che richiedono subito la massima reattività. Il governo italiano è intervenuto con degli incentivi, ma prezzi che – nel momento in cui scriviamo – superano i 140 euro a kilowattora rendono molto complicato l’acquisto del gas in vista dell’inverno anche da Paesi alternativi alla Russia. «Non solo. I principali Paesi esportatori sono tutti in condizioni geopolitiche instabili, dal Medio Oriente al Nord Africa – spiega a Economy il direttore generale di Estra Paolo Abati – Occorre una diversificazione delle forniture che possa arginare avvenimenti come l’invasione russa dell’Ucraina e le sue inesorabili conseguenze. Tutto questo rende essenziale l’aumento della produzione nazionale, processo inevitabile per fronteggiare i problemi che si presenteranno dal prossimo inverno».

La crisi attuale è però anche opportunità di una transizione energetica chiamata a includere sostenibilità e carbon neutrality. «Oggi possiamo accelerare questo cambiamento – rimarca Abati – dal momento che i rincari delle importazioni hanno reso più competitive  le fonti rinnovabili e soluzioni che hanno minore impatto sull’ambiente. Per quest’ultime fino ad oggi erano serviti numerosi investimenti, dei quali spesso non ci si poteva far carico. Ora abbiamo modo di approfittarne, a patto che amministrazioni pubbliche e istituzioni vengano incontro agli operatori, come sembra in parte abbiano iniziato a fare. Quello che di base è un bene ambientale, in questa fase rappresenta una svolta dai significativi vantaggi economici, senza ricorrere ad alcun approccio ideologico, ma stimando semplicemente i fattori attuali e la realtà di una domanda che in futuro sarà sempre più alta».

Per riuscire a realizzare tutto questo, Abati ha citato l’eolico, il fotovoltaico, impianti rinnovabili che finora non hanno mai goduto di autorizzazioni agevoli, ma incontrato una burocrazia ancora troppo farraginosa. «Nel lungo periodo anche il nucleare di ultima generazione potrebbe essere una risposta valida, dal momento che le scorie e la pericolosità non sono più quelle delle strutture di una volta, oltre alle emissioni rappresentate unicamente dal vapore acqueo», sottolinea il direttore generale di Astra. «Invece, per le rinnovabili, l’aspetto da valutare è duplice: da una parte ci si deve muovere in fretta sul fronte degli accumuli, ovvero su come si possa stoccare questo tipo di energia. Dall’altra c’è un problema direttamente collegato al primo, ovvero l’imprevedibilità di queste risorse, dato che l’apporto di energia rinnovabile, che provenga dal vento, dal sole o da altri fattori naturali non è mai costante nel tempo, ma dipende dalle condizioni ambientali. Rispondere prontamente a queste sfide ci permetterebbe di uscire molto più velocemente dalla situazione di ricatto nella quale riversiamo, perennemente appesi ai Paesi produttori di idrocarburi».

L’idrogeno, sia blu con il coinvolgimento di combustibili fossili, sia verde a zero emissioni grazie all’elettrolisi dell’acqua garantita da fonti rinnovabili, rappresenta per Estra un altro tema sul tavolo, che ha coinvolto perfino progetti europei nella Provincia di Arezzo per le sperimentazioni su un “idrogenodotto”. Sebbene sia tra gli elementi più diffusi in natura, finora era stato molto dispendioso fare ricerca sull’elemento. «Con l’andamento dei prezzi invece si aprono nuovi spiragli. L’idrogeno può essere anche un vettore energetico, miscelandolo con il metano, riducendo i consumi generali e di conseguenza la dipendenza dai Paesi produttori dai quali importiamo ancora troppo – sottolinea Abati – Oggi l’emergenza ci porta a dover fare le scelte giuste, non solo nel breve termine, ma anche nel lungo, proprio come nel caso di una soluzione come questa, che richiede ancora tantissimo lavoro da fare».

Facilitare la realizzazione di nuovi impianti per Estra è una priorità legislativa, volta allo snellimento della burocrazia. I processi autorizzativi richiedono domande e progetti ben definiti, ma poi li si lasciano in balia, anche per mesi, del responso di una sovrintendenza comunale o di un’amministrazione regionale. «Un paradigma insufficiente per far fronte al presente. Potremmo accorciare di molto i tempi anche solo disponendo di un elenco delle aree territoriali nazionali dove non si possono realizzare gli impianti, sia per motivi ambientali, sia per ragioni storico-culturali. Ma per tutte le aree il processo deve essere snellito, evitando i “no” sentiti tante volte, perché magari le pale eoliche non possono essere collocate sul crinale di una montagna», ha ricordato Abati. «Altrimenti non girerebbero e va specificato che esteticamente non sono molto peggiori dei noti tralicci tanto diffusi. Una soluzione va trovata, soprattutto se strutture dal basso impatto sull’ambiente continuano a incontrare le stesse difficoltà burocratiche di tutti gli altri», aggiunge il direttore generale. «C’è anche il tema degli sprechi, solo parzialmente risolto dalle comunità energetiche, perché l’energia che supera il fabbisogno di una zona del Paese non sempre viene riutilizzata in loco». Non solo una questione dei distributori, ma anche dei clienti finali. «Ci sarebbe poi un problema culturale, legato direttamente al comportamento delle persone. In tal senso stiamo spingendo molto per la digitalizzazione, attraverso nuovi servizi a portata di app, nell’ambito delle smart home, che possano prevenire gli sprechi e dare ai clienti maggiore consapevolezza sui consumi, nel tentativo di ridurli».

La roadmap di Estra racchiude anche delle acquisizioni mirate, al fine di raggiungere un ambizioso obiettivo come l’economia circolare. Il biogas che diventa metano può dare il suo contributo, come lo smaltimento di rifiuti organici, dal momento che l’Italia ha di molto migliorato negli ultimi anni la raccolta differenziata sul territorio. Per gli investimenti futuri l’azienda guarda anche al Pnrr, ma secondo Abati rimangono gli ostacoli del presente: «La strada della diversificazione è lunga. Il “price cap” sul gas, come hanno ricordato anche il ministro Roberto Cingolani e il presidente Mario Draghi, è il primo rimedio che si può mettere in atto attraverso un coordinamento comune almeno all’interno della comunità europea, ma dobbiamo ricordare anche la radice del problema. La guerra in Ucraina, oltre la tragedia che rappresenta, è un conflitto che non vedrà vincitori, perché produce ineguaglianze, aumenta l’inflazione e genera povertà. La risposta migliore sarebbe la pace, ma non possiamo permetterci il lusso di non guardare, da subito, ad alternative valide anche negli anni a venire».