Lo chiamano Great Resignation per dare un tocco romantico alle dimissioni volontarie dal lavoro. O per rievocare Great Expectations, il magnifico romanzo di Dickens. Occhio però, perché la sorella del protagonista usa un bastone per picchiarlo. Non esattamente un segnale incoraggiante. Lo chiamano anche Yolo (You Only live Once) e anche qui c’è dietro un’epica di come sia diventato saggio e bello vivere la propria vita all’avventura. Affari&Finanza ha rimarcato che l’8% degli impiegati negli Stati Uniti si è licenziato: fanno circa dieci milioni di persone che – si badi bene – non hanno perso il posto di lavoro a seguito della crisi originata dal Covid, ma hanno volontariamente deciso di cambiare vita, di dimettersi, di provare nuove strade e nuove fortune. Solo a novembre negli Usa 4,53 milioni di persone si sono dimesse.

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A partire dal 21 novembre ampliata l’operatività dei Ristori da €300 milioni riservati alle imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. La nuova misura, destinata a indennizzare le perdite di reddito per sospensione dell’attività per un importo massimo concedibile di 5 milioni di euro, è rivolta a tutte le tipologie di impresa con un fatturato estero minimo pari al 3%.



Per farlo si sceglie, tra l’altro, di raccontare le proprie vicende sui social network, soprattutto TikTok, il social cinese da oltre un miliardo di utenti attivi che sta spopolando proprio per la possibilità di condividere brevi video. Solo che un conto è postare il balletto sulle note della boy band preferita, un altro è fare – come è accaduto – un count down dei giorni e delle ore che separano dall’addio alla professione. Che non soddisfa più, non piace, non incentiva. Oppure ancora denunciare le condizioni di lavoro tramite social network e postare un video (è successo in Texas) in cui si abbandona il posto di lavoro perché il capo umilia e usa epiteti sessisti.

La spettacolarizzazione di qualsiasi evento

È tutto molto bello. Attenzione però: Andy Warhol lo diceva già in tempi non sospetti che ognuno avrebbe avuto 15 minuti di celebrità nel futuro. Ma forse il biondo creatore della Factory non sapeva che un giorno si sarebbe scelto di abbandonare il proprio impiego tramite TikTok. E Affari&Finanza lo spiega bene: il video della giovane che molla WalMart perché stufa delle condizioni di lavoro è stato visto 40 milioni di volte. Ora, si potrà pensare che la denuncia mezzo social abbia portato a un’indagine interna e al licenziamento del capo sessista. E invece no. La denunciante se n’è andata e il responsabile è rimasto al suo posto.

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Nella spettacolarizzazione di qualsiasi atto della nostra vita (per ora la toilette rimane ancora chiusa anche metaforicamente, ma per quanto?) non si può non notare come anche un tema serissimo come il lavoro sia diventato parte integrante di un gigantesco show. È notizia di ieri che la fidanzata di un calciatore del Manchester United (Mason Greenwood) ha scelto Instagram per raccontare le violenze che avrebbe (ha?) subito dal compagno. Il post poi è stato cancellato, ma la “macchina” si era già messa in moto, la polizia ha arrestato il giocatore e la squadra lo ha sospeso. Se la sua colpevolezza dovesse essere accertata, allora perché rimuovere il post? Perché non tenerlo a imperitura memoria? Ma soprattutto, perché non far seguito alle immagini con una denuncia in piena regola, come da prammatica? La polizia si è attivata perché ha raccolto i contenuti condivisi dalla giovane e ha scelto di proseguire, arrestando Greenwood.

In Italia (per fortuna) la musica è diversa

Tornando all’epica del lavoro abbandonato. Se il Covid ha veramente permesso alle persone di rompere gli argini di impieghi che non le soddisfacevano più, beh allora parliamo di un evento significativo nella vita dell’Occidente. Ma se invece la speranza è quella di poter contare sul sostegno dei social per iniziare una nuova vita, lasciando quella precedente e prendendo come scusa il desiderio di cambiare, allora forse è necessario qualche aggiustamento. D’altronde, se è vero che si vive una volta sola, è anche un po’ ingenuo cercare di autosabotarsi sperando che internet arrivi a soccorrerci. In Italia, per il momento, non si hanno notizie di analoghi trend. È vero, aumentano le dimissioni, ma gli economisti concordano nel rubricare questo fenomeno a una dinamica normale in cui si concordano uscite con il datore di lavoro impossibilitato a licenziare per ragioni economiche. Da noi, al massimo, si registra un incremento di aperture delle partite iva, che non vuol necessariamente dire “voglia di libertà”, ma magari, più prosaicamente, necessità per poter lavorare. Ecco, la differenza tra l’Italia e gli Stati Uniti, tra un sistema economico tradizionale – con tutte le storture e le lungaggini che ben conosciamo – e uno turbocapitalista in cui un posto letto può costare migliaia di dollari è ancora ben tracciato. E TikTok, qui da noi, rimane ancora appannaggio dei tormentoni (l’ultimo in ordine di tempo è quello di “We usciamo”, cui tutti si sono prestati, a partire dai Ferragnez). Per fortuna.