Lavoro del futuro

Il lavoro sta cambiando rapidamente e con esso, i lavoratori. BCG ha condotto una ricerca intitolata “The Employer’s Report Card on the Future of Work” per determinare quanto le aziende siano pronte a cogliere questo cambiamento. L’indagine ha incluso interviste ai dirigenti di circa 350 aziende in 47 paesi in tutto il mondo, di cui oltre un terzo appartenente alla C-suite, che impiegano complessivamente oltre 6 milioni di persone. Hanno fornito i loro punti di vista sull’importanza di 12 dimensioni chiave per lo sviluppo del lavoro verso i modelli del futuro e sui progressi compiuti dalle aziende rispetto a questi indicatori. Le dimensioni in questione sono riconducibili a quattro categorie: come lavoriamo, come guidiamo il lavoro, come ci organizziamo, di cosa abbiamo bisogno. I grandi avvenimenti che hanno colpito le società moderne negli ultimi anni hanno concorso ad accelerare delle trasformazioni già latenti, fornendo al mondo del lavoro un impulso che, se colto, può generare molto valore per le aziende e rispondere ai rinnovati bisogni dei lavoratori”Spiega Matteo Radice, Managing Director e Partner di BCG. “Per essere davvero pronte alle sfide che riguardano il futuro del mondo del lavoro, quindi, le aziende sono chiamate a investire tempo e risorse per evolvere in modo adeguato.”

C’è ancora molto da fare sul lato umano

L’analisi mostra che molte aziende globali sono ancora indietro rispetto a dimensioni orientate alla persona. Solo il 9% può considerarsi all’avanguardia nella leadership generativa, e la percentuale scende al 5% quando si tratta di ricerca di talenti nuovi e diversi. Anche se alcuni progressi sono stati fatti, soprattutto nell’attenzione alla cultura aziendale e ai nuovi modelli di lavoro, la maggior parte delle aziende si trova ancora nelle prime fasi introduttive di nuovi modelli o di test di una o più dimensioni. La corsa delle aziende verso i modelli di lavoro del futuro richiede quindi un passaggio concreto all’azione, ma le aziende a livello globale non investono in egual misura nelle diverse categorie.

Luci e ombre dell’Italia

Guardando all’Italia, per quanto in linea con i dati globali, emergono notevoli differenze in alcune aree specifiche. Il nostro Paese è, ad esempio, in anticipo in dimensioni come l’apprendimento continuo, l’area tech e la leadership generativa, ma è indietro per quanto riguarda le relazioni con il cliente, lo sviluppo di un’offerta di valore per il dipendente e leadership sociale. Anche le priorità differiscono a livello globale: per l’Italia spiccano le nuove modalità di organizzazione del lavoro, l’apprendimento continuo e l’impatto sociale, mentre c’è minore attenzione per l’organizzazione orientata  allo sviluppo dei nuovi talenti. Priorità comune tanto all’Italia quanto al resto dei Paesi dell’indagine, è invece lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi di lavoro sia riguardanti i lavoratori desk-based che i deskless, in modo da ottimizzare la produttività e rispondere alle necessità dei dipendenti.

Le maggiori complessità a livello globale

All’interno del quadro complessivo, è possibile individuare tre principali problemi a livello globale: uno relativo alla tendenza che le aziende hanno a concentrarsi maggiormente sui dipendenti in ufficio che possono lavorare da remoto, rispetto ai deskless, ossia coloro che non possono farlo per la natura stessa del lavoro (come i lavoratori delle fabbriche, negozi, hotel, ristoranti, ospedali) e che costituiscono più di tre quarti della forza lavoro globale.

“La più bassa predisposizione allo sviluppo di modelli di lavoro innovativi si trova in alcuni dei settori con la più alta percentuale di lavoratori deskless: energia, prodotti di consumo e vendita al dettaglio che contano più della metà di lavoratori deskless all’interno del proprio organico, che valgono rispettivamente per il 54, 59 e 69% di esso”, osserva Giulia Airaghi, principal Bcg per l’area people e organization.In generale, le iniziative incentrate sui lavoratori “senza scrivania” sono in netto ritardo: il 38% delle aziende non sta ancora implementando orari flessibili o benefit differenziati per i lavoratori deskless e il 37% di questi ultimi rischia di lasciare il lavoro per mancanza di flessibilità, limitate opportunità di avanzamento di carriera e problemi legati alla retribuzione. Per il 30% dei dirigenti intervistati, il principale ostacolo alla flessibilità è il potenziale impatto negativo di questa sulla cultura aziendale, in particolare riguardo il senso di inclusione e di appartenenza all’azienda da parte dei dipendenti. Eppure, i lavoratori non sono dello stesso parere. Come chiaramente emerge dalla ricerca: il 52% dei dipendenti intervistati dichiara di aver maturato un miglior senso di appartenenza all’azienda in contesti ibridi e remoti.

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C’è ancora poca flessibilità

In generale, le iniziative incentrate sui lavoratori “senza scrivania” sono in netto ritardo: il 38% delle aziende non sta ancora implementando orari flessibili o benefit differenziati per i lavoratori deskless e il 37% di questi ultimi rischia di lasciare il lavoro per mancanza di flessibilità, limitate opportunità di avanzamento di carriera e problemi legati alla retribuzione. Per il 30% dei dirigenti intervistati, il principale ostacolo alla flessibilità è il potenziale impatto negativo di questa sulla cultura aziendale, in particolare riguardo il senso di inclusione e di appartenenza all’azienda da parte dei dipendenti. Eppure, i lavoratori non sono dello stesso parere. Come chiaramente emerge dalla ricerca: il 52% dei dipendenti intervistati dichiara di aver maturato un miglior senso di appartenenza all’azienda in contesti ibridi e remoti.