Un video che sta facendo il giro dei social media mostra una donna che pulisce una spiaggia a Bali mentre viene filmata da un’amica, presumibilmente per ottenere visibilità sui social media. Nel video, la donna raccoglie l’immondizia e la mette nei sacchi. Tuttavia, dopo aver finito di registrare, come mostra un altro video, lascia l’immondizia sulla spiaggia e se ne va. Questo comportamento – davvero desolante – ha suscitato molte critiche da parte dell’utente TikTok @TheSocialJoker che era presente in quella spiaggia e – incuriosito dalla scena – ha filmato una sorta di backstage, decidendo poi di pubblicarlo. (13 luglio 2023)
Da questa situazione possiamo dedurre due lezioni: innanzitutto il sempre più fragile confine fra verità e finzione in quella parte di contenuti pubblicati sui social media e costruiti per cercare disperatamente consensi e like. La ricerca continua di momenti stupefacenti che spinga a guardare il video anche se d’impulso e dimenticandolo subito dopo sta raggiungendo dimensioni quasi inimmaginabili
Ho avuto una conferma di questi comportamenti qualche giorno fa in metropolitana, vedendo molte persone – senza differenza di età, genere o razza – che scandivano compulsivamente i contenuti social del loro smartphone, aprendo e chiudendo in una sequenza velocissima e infinita – quasi una sorta di rito propiziatorio per allontanare la noia – questa tipologia di video. Il loro volto era fisso sullo schermo, con la testa inchinata, e non mostrava la benchè minima espressione, tant’è che l’attività di navigazione con il dito per cercare nuovi contenuti e la fruizione dei contenuti appena trovata, non creavano nessuna variazione di espressione, come se fosse un continuum. Quasi che l’attività stessa di ricerca fosse equivalente alla fruizione del contenuto e non semplicemente strumentale. Il ricercare non è più mezzo ma si trasforma in fine. Qui sta la perversione della fruizione compulsiva sui social.
La seconda lezione ci ricorda che – soprattutto nel mondo digitale dove tutto viene conservato e può essere visto, rivisto e analizzato da milioni di persone – chiunque inganna alla fine verrà scoperto. Questa caratteristica del digitale come Grande Fratello che tutto osserva, si applica anche a coloro che pensano di diventare essi stessi dei grandi fratelli, capaci di creare contenuti fittizi e orientare grazie ad essi il punto di vista degli altri.
La mise en abyme (l’inabissamento) resa possibile dal digitale può creare infiniti livelli dove l’osservatore viene a sua volta osservato, in una sorta di meccanismo ricorsivo che ci ricorda la Maison d’escalier di Escher: una rappresentazione artistica e suggestiva dei diversi, potenzialmente infiniti, possibili punti di osservazione.
Da questo episodio possiamo anche comprendere meglio l’importanza del contesto per capire quando qualcosa che viene comunicato tramite un video e ci sembra vero, può nei fatti risultare falso. Il video mostra in effetti una ragazza che raccoglie dei rifiuti e li mette in un sacco della spazzatura che porta lontano dal mare; questo fatto è vero; ma poi – guardando da una diversa prospettiva (il secondo filmato) – si vede la ragazza abbandonare il sacco in mezzo alla spiaggia e andarsene via divertita con la sua amica regista improvvisata.
Una maggiore conoscenza del contesto è dunque una tecnica utile per svelare alcune tecniche sofisticate utilizzate per creare fake. Vi possono essere, ad esempio, delle frasi tolte in modo artificiale dal contesto in cui sono state pronunciate e il cui significato suggerito è falso anche se la frase è stata effettivamente pronunciata.
Celebre è l’affermazione fatta dal presidente americano Harry S. Truman: “If you can’t convince them, confuse them”. La frase fu effettivamente pronunciata, ma il significato che il presidente Truman attribuì a questa affermazione era molto diverso da quanto si può intendere leggendo la frase avulsa dal contesto. Infatti Harry Truman usò questa espressione in un suo discorso del 1948, ma non intendeva difendere la tecnica descritta nell’adagio. Al contrario Truman affermava che erano i suoi avversari politici ad usare quella tattica, azione però da lui reputata spregiudicata e immorale.