A 12 mesi dall’insediamento di Biden alla Casa Bianca come 46mo presidente degli Stati Uniti sorge spontanea la domanda se il Paese stia meglio rispetto alla precedente amministrazione Trump. La domanda di fatto non è nuova perché già utilizzata in passato da Ronald Reagan nel 1980, quando l’allora candidato del partito repubblicano, nel presidential debate con lo sfidante presidente Jimmy Carter, chiese: «Are you better off today than you were four years ago?» (stai meglio oggi rispetto a quattro anni fa? – riferito alla situazione economica americana) e la risposta di Carter fu un chiaro “no” che ne decretò la sua sconfitta e la netta vittoria di Reagan.

«Are you better off today than you were four years ago? Yes!»

La risposta con Biden ò invece un netto “sì”! L’economia Usa non solo si è ripresa, ma è cresciuta a un ritmo e a una velocità che non ha eguali nella storia americana. Utilizzando le due metriche enfatizzate da Trump per misurare il suo “successo”, i posti di lavoro e la Borsa, Biden ha superato qualsiasi presidente creando da gennaio a oggi 6,11 milioni di nuovi posti di lavoro e con l’indice S&P 500 che segnala le performance delle 500 maggiori aziende listate in Borsa che ha registrato un aumento storico del +37.4% (Obama 24%, Trump 21,3%). Inoltre il tasso di disoccupazione è sceso al 4,2%, inferiore al livello pre-pandemia, i depositi bancari degli americani sono cresciuti del 50% rispetto a prima della pandemia e Biden ha siglato un monumentale piano da ben 3 triliardi di dollari per il miglioramento (finalmente) delle infrastrutture americane. Unico fattore negativo, per obiettività, il costo della vita che è aumentato del 6,2% nell’arco di 12 mesi, il più alto degli ultimi 30 anni (con conseguente inflazione più alta negli Usa rispetto all’Europa), causato principalmente dall’aumento dei prezzi dei beni energetici, delle materie prime, dalle difficoltà delle supply-chains a livello globale. In particolare la repentina ripresa dell’economia americana, facilitata anche dalla riapertura di tutte le attività commerciali, ha stimolato una forte domanda interna di prodotti di consumo, aspetto che ha letteralmente reso complesso soddisfare una richiesta così elevata soprattutto perché anche in presenza della difficoltà di approvvigionamento dei prodotti, ragione di molti colli di bottiglia nelle forniture, i consumatori americani non hanno smesso di acquistare, forti della loro liquidità e capacità di spesa. In questo scenario Biden dimostra forte ottimismo confermando che l’inflazione ha raggiunto l’apice e dichiarando: «I think you’ll see it change sooner, quicker, more rapidly than people think. Every other aspect of the economy is racing ahead» (“Penso presto vedrete il cambiamento, più velocemente, più rapidamente di quanto la gente pensi. Ogni altro aspetto dell’economia sta correndo avanti”). La gestione della pandemia Covid qui negli Usa non è stata elemento di rallentamento dell’economia e il 61,4% della popolazione è oggi pienamente vaccinato.

Infrastrutture la vera leva della più grande economia al mondo

Tra i 50 states, la Florida, il cui governatore Ron DeSantis è repubblicano, non ha applicato nessuna delle misure restrittive auspicate da Washington (quale obbligo della vaccinazione per alcune categorie di lavoratori e per le aziende con oltre 100 dipendenti, obbligo della mascherina a causa delle preoccupazioni per la violazione delle liberta’ individuali) e nonostante questo approccio, a inizio dicembre era lo Stato con il più basso numero di casi Covid, 6 ogni 100.000 abitanti. Oggi con la variante Omicron la Florida rimane tra gli stati con casistiche inferiori (23 ogni 100.000), inferiore alla media nazionale di 40 su 100.000, mentre per diversi stati la situazione è differente come per esempio New York (83), Massachusetts (74) (dati New York Times del 20 dicembre). Ma è il piano di rinnovamento delle infrastrutture che ridarà splendore e prestigio agli Usa, contribuendo a riconfermare il ruolo di più grande economia al mondo. Fortemente voluto dal Presidente Biden, e gestito da Pete Buttigieg, US Secretary of Transportation (Ministro dei Trasporti), considerato oggi il candidato democratico di punta per le presidenziali del 2024, il piano prevede l’ammodernamento delle infrastrutture, tra cui anche i terminals degli aeroporti, oggi di gran lunga inferiori rispetto alla concorrenza asiatica ed europea, il trasporto elettrico e l’ottimizzazione dei collegamenti multimodali tra porti, aeroporti, snodi ferroviari e di trasporto merci stradale. Tra i più importanti progetti, l’ammodernamento del percorso ferroviario più trafficato d’America, il corridoio Boston-Washington che include le metropoli di New York, Philadelphia e Baltimora ed è più noto come Northeast Corridor, BosWash (dalle iniziali delle città).