Decreto migranti
GIORGIA MELONI PREMIER

“Prima devo trovare i soldi”, dice la premier Giorga Meloni, riferendosi al disastro dell’alluvione. E ha ragione, perché oggi al nostro governo – cioè al nostro Stato – non è possibile aprire un cassetto e pescare i soldi necessari alla ricostruzione senza prima trovare le coperture necessarie a rispettare i vincoli del bilancio pubblico, sempre striminzito rispetto alla bisogna: la sovranità viaggia su due gambe, una è la gestione dell’economia attraverso la moneta, e (giustamente) l’Italia, aderendo al progetto europeo, l’ha in gran parte ceduta, ed ora deve chiedere il permesso; e l’altra è la difesa, che abbiamo dovuto appaltare alla Nato, cioè agli Stati Uniti, quando uscimmo dalla guerra nazifascista sconfitti e distrutti.

Dunque siamo uno Stato a sovranità limitata, perfino quando si tratta di ricostruire decine di paesi devastati e ridare una casa a decine di migliaia di persone.

Lo Stato potrebbe riscattarsi in quel che resta da gestire, gli affari interni di natura ordinaria.

E’ ordinaria amministrazione ad esempio presidiare sui territori il rispetto delle misure di sicurezza sui luoghi di lavoro, ma questo non accade, e anche ieri – pur se i media lo notano e lo denunciano sempre più flebilmente – c’è stata una strage, cinque vittime in poche ore. Ogni storia fa storia a sé, ma il fenomeno è sconvolgente e l’Italia è purtroppo tra i Paesi europei con il più alto tasso di infortuni sul lavoro, anche mortali. Sui territori, però, controlli scarsi o assenti. Una tragedia continua, una vergogna senza fine.

Mentre a Napoli il turismo fiorisce quanto e più che prima del Covid, la malavita organizzata fa quello che vuole e lo scrittore Roberto Saviano – analista attento, che piaccia o meno – sottolinea l’imperversare indisturbato delle “stese”, le sparatorie dimostrative all’impazzata che lasciano ogni volta a terra feriti incolpevoli, se non morti.

A Milano come a Livorno, agenti di pubblica sicurezza male addestrati e solitamente isolati sul campo si trasformano in bestie – e quindi vanno puniti – perché nella complicatissima gestione dell’ordine pubblico vengono mandati allo sbaraglio, senza addestramento, senza attrezzature e senza né preparazione né considerazione attorno a sé, mentre indisturbata prosegue la conquista dei territori urbani da parte del racket della droga, che creano attorno a sè un alone di disperazione, degrado e violenza. A chi consigliereste mai di arruolarsi in polizia, oggi in Italia?

Lo Stato non c’è. A parte pochi idealisti, nelle posizioni di vertice degli uffici pubblici abbondano gli opportunisti. Pigri, pavidi, concentrati unicamente a difendere la poltrona. Del resto, moltissime leggi sono sostanzialmente inapplicabili. I governi le hanno lasciate inerti, a peggiorare col tempo per l’aggiungersene di nuove, sempre peggiori.

E tutto questo disastro la destra di governo non lo sta minimamente intaccando. Come ci si chiedeva di una sinistra indifferente ai problemi delle fasce più povere della popolazione “che sinistra è”, così bisogna chiedersi oggi di una destra disattenta al presidio del territorio “che destra è”.

Accomunati, sinistra e destra, da un’unica fulminea capacità: l’occupazione militare delle poltrone del potere, dalla Rai in giù.

Brutto spettacolo.

 

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Sergio Luciano, direttore di Economy e di Investire, è nato a Napoli nel 1960. Laureato in lettere, è giornalista professionista dal 1983. Dopo esperienze in Radiocor, Avvenire e Giorno è stato redattore capo dell’economia a La Stampa e a Repubblica ed ha guidato la sezione Finanza & Mercati del Sole 24 Ore. Ha fondato e diretto inoltre il quotidiano on-line ilnuovo.it, ha diretto Telelombardia e, dal 2006 al 2009, l’edizione settimanale di Economy. E' stato direttore relazioni esterne in Fastweb ed Unipol. Insegna al master in comunicazione d’impresa dell’Università Cattolica e collabora al Sussidiario.net.