«C’è un tema che è bene spiegare: non c’è nessuna contraddizione tra transizione energetica finalizzata alla progressiva riduzione ed all’azzeramento delle emissoni di CO2 e quanto dobbiamo fare per affrontare la crisi energetica che stiamo vivendo. Dobbiamo anzi accentuare l’impegno a produrre energia verde, priva di emissioni di CO2. Ben venga tutto quello che ci avvicina a quest’obiettivo, che contribuisce anche alla nostra indipendenza energetica. Ma dobbiamo tener conto del fattore tempo». Paolo Scaroni, oggi deputy chairman di Rothschild & Co., è stato amministratore delegato dell’Enel dal 2002 al 2005 e poi per tre mandati dell’Eni, fino al 2014, nove anni durante i quali il patrimonio netto del gruppo petrolifero controllato dallo Stato è passato da 39 a 61 miliardi distribuendo 36 miliardi di dividendi, dei quali 12 al Tesoro, ed è considerato uno dei massimi esperti al mondo del mercato degli idrocarburi e dell’energia in genere.
Cosa intende con “fattore tempo”, dottor Scaroni?
La transizione energetica è una scelta irrinunciabile ma richiede tempo per giungere ai suoi obiettivi. Se oggi in Italia potessimo moltiplicare per 10 i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche installate, potremmo drasticamente ridurre le importazioni di combustibili fossili. Ma purtroppo non possiamo immaginare scenari irrealistici o forzature del nostro costume di vita, a meno che non si decida, tutti insieme, di rinunciare a riscaldare casa o viaggiare in auto o in aereo…
Però intanto l’impennata dei prezzi ci ha travolti. Da dove è nata?
Da lontano. Le indicazioni strategiche assunte dalla Cop 26 di Glasgow a fine 2021 hanno indotto molti operatori dell’energia a ridurre le esplorazioni per la ricerca di nuovi giacimenti e ad estrarre meno idrocarburi. Questa minore estrazione non è stata compensata da un simmetrico aumento di produzione da fonti rinnovabili e tutto ciò ha implicato la crescita del prezzo degli idrocarburi.
Altro che transizione…
No, la transizione ci sarà, ma ci sono tempi tecnici da accelerare il più possibile, non basteranno pochi anni.
Peraltro a Glasgow si parlò di bandire il gas e il nucleare, scelta che la Commissione europea volle ratificare nel dicembre successivo, salvo dover tornare sui propri passi con la tassonomia definitiva sotto l’imperversare della crisi energetica…
Sì, a Bruxelles si è deciso di assumere una posizione più saggia, e il nucleare è stato ricompreso, su spinta non solo della Francia, tra le tecnologie ammesse per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero nel 2050. E il mondo ha ripreso a investire nel nucleare. Non solo in Francia ma anche in Finlandia , Giappone, Inghilterra e molti altri Paesi.
L’Eni è entrato nella ricerca per la fusione nucleare, il cosiddetto nucleare sicuro…
Che è però sul piano operativo un obiettivo ancora lontano.C’è chi pronostica risultati a 10 anni, io temo sia un po’ ottimistico. Ma sia chiaro: nel mondo sta ripartendo la corsa al nucleare tradizionale, anche se di nuova generazione. Anche negli Usa è ripartito il nucleare, mentre in Cina e in India non si era mai fermato. L’energia nucleare presenta una serie di grandi vantaggi: innanzitutto si può produrre tanta elettricità consumando poco suolo mentre le rinnovabili occupano molto territorio. E poi il nucleare produce sempre, non dipende dalle condizioni meteorologiche. Il tutto producendo zero emissioni…
Parliamo di gas. Che ne pensa della situazione delle forniture e dei prezzi?
Per non avere più bisogno del gas russo, l’Europa deve mettere in conto che il prezzo del gas che consumerà sarà tra il doppio e il triplo di quello americano per i prossimi vent’anni: oggi è il quadruplo. Ci siamo insomma costruiti un’Europa con prezzi del gas e dell’elettricità nettamente più alti di quelli americani, che avrà conseguenze importanti per il nostro settore industriale. Il nostro continente dovrà attrezzarsi per vivere in quella situazione, trovando contromisure, perché altrimenti tutti i settori industriali energivori tenderanno a spostare i loro investimenti negli Usa.
Dunque le sanzioni – per sacrosante che siano sul piano morale ancor prima che politico – sono un enorme costo… E viene in mente che se la Russia vende alla Cina il petrolio che non vende più all’Europa, la quale acquista dall’Arabia il petrolio che quest’ultima non vende più alla Cina, si tratta solo di una partita di giro…
No, le sanzioni mordono anche la Russia perché i suoi nuovi clienti pagano il loro petrolio a prezzi molto inferiori a quelli che pagavamo noi. La strategia della Nato è stata un successo. Per il gas è diverso: senza gasdotti verso l’Asia la Russia oggi non può sostituire il cliente Europa.
Nel frattempo in Italia è scattata la caccia allo speculatore…
È un classico: quando i in Italia c’è un aumento di prezzo tutti se la prendono con la speculazione. Credo proprio che non c’entri nemmeno il famigerato mercato di Amsterdam. La verità è che per scelte ambientali e il conflitto in Ucraina i prezzi sono ripartiti e stiamo trasferendo denaro ai Paesi produttori di petrolio e di gas. Il modo migliore per ridurre i prezzi è la riduzione della domanda, ed è quel che è avvenuto nel mercato del gas: grazie a un microfenomeno che è stata la capacità degli europei di tagliare un po’ di consumi e grazie a un macrofenomeno che sono state le temperature in questo autunno-inverno caldissimo abbiamo davvero ridotto il consumo del gas.
Ma ci arriveremo alle emissioni-zero nel 2050?
Solo a patto di elettrificare le nostre economie. Per darle un’idea, noi europei oggi, fatto 100 il totale dell’energia che consumiamo, solo il 20% è elettrico mentre l’80% è energia da idrocarburi che bruciamo. Per arrivare al net-zero dovremo elettrificare almeno il 50% dei nostri consumi energetici. Questo prevede reti, infrastrutture, accumuli che dobbiamo realizzare. Ci sono poi consumi energetici che non possono essere sostituiti dall’elettricità. Aeroplani elettrici per ora non se ne vedono… Per gli impieghi che richiedono alte temperature abbiamo bisogno di un combustibile analogo al gas, per esempio l’idrogeno. Naturalmente l’idrogeno deve essere prodotto da fonti rinnovabili. Ma come si fa a produrre idrogeno verde?
Già: come si fa?
Bisogna essere in grado di produrre molta elettricità da rinnovabili (sole, vento o nucleare) e utilizzare questa elettricità per rompere la molecola dell’acqua e estrarne idrogeno verde.
Quanta elettricità prevede nel settore dei trasporti?
Per quanto riguarda il trasporto leggero, mi sembra che stiamo facendo passi avanti. Ci vorrà tempo, ma ricordiamoci sempre che l’auto elettrica è verde. Se facciamo come in Cina, dove si vendono molte auto elettriche ma il 65% dell’elettricità è prodotto da carbone, siamo da capo. D’altra parte mentre noi stiamo parlando, in Europa tutte le centrali a carbone stanno andando a pieno regime. Quando guidiamo le nostre auto elettriche e ci sentiamo verdi, ricordiamocelo: quasi certamente, l’energia elettrica che ci muove è stata prodotta anche emettendo C02. Per quanto riguarda i trasporti pesanti, ho l’impressione che l’elettrico soffra un vincolo addizionale perché oggi le batterie pesano talmente tanto da diventare un problema. Pensi che le batterie di una berlina elettrica efficiente oggi pesano 540 chili. Immaginiamoci quanto dovrebbero pesare le batterie di un camion a rimorchio. Quindi il trasporto pesante elettrico senza miglioramenti tecnologici, soprattutto nelle batterie, non lo vedo facile.