Quando avvicina l’imprenditore veneto, il Giè, il mediator Primo Strafalcioni così lo apostrofa: «Varda Giè, se te ghè problemi con la banca, non preocuparte, pareciame le carte che ghe penso mi, conosso na scorciatoia!»
Ah, il fascino della scorciatoia italiana.
Il piccolo imprenditore veneto è affascinato dal venditor di tappeti finanziari; non conscio del fatto che le Banche non si accontentino più di chiedere bilancio, visura e modello unico, vuol percorrere la scorciatoia promessa e si affida al mediator Primo Strafalcioni, che così lo rincuora: «Se te ghè problemi con la banca, non preocuparte, pareciame le carte».
Solo che, ce ne vogliono altre, di carte.
E i mesi, passano: «Ciao, Giè… son mi, Primo, tuto ben? Voleo dirte de star tranquilo par la pratica con la banca, lo so che xe passà za tri mesi e la to domanda de fido non la xe gnancora rivà ala fine … però te lo sè come la xe … in agosto, in banca, non i varda gnanca na pratica de fido e adesso se ne gà mucià on casin e ora i gà ciapà in man danovo tute le carte – e caro mio lori i gà i so tempi, i xe dipendenti è no profesionisti come noialtri! – e i me gà manda na mail che ghe serve altre carte, sti cani da lostia! I vole la ricevuta del’invio del modelo unico appena fato e on piano finanziario; dighelo al comercialista che el ghe manda tuto se no la pratica non la va vanti».
Ah, ma allora ci vuole anche un piano finanziario, guarda un po’!
Insomma, non basta un documento del passato, come un bilancio, ma anche una previsione del futuro; e chi lo avrebbe mai detto? La deve scrivere il commercialista, secondo il consulente finanziario (naturalmente senza pagarlo, non sia mai, che già gli paghi “la contabilità”).
Win The Bank forma I dottori commercialisti nelle competenze necessarie per adeguarsi alle nuove richieste dei loro clienti
Al che, il commercialista faceva presente al nostro Giè che, data la situazione economica corrente e previsionale nonché quella finanziaria, senza una chiara e ben definita visione strategica del progetto, rappresentata con un appropriato piano (il business plan) che spiegasse dove avrebbe impiegato quei soldi e come avrebbe concretizzato la restituzione la Banca non gli avrebbe concesso credito.
«Ma steto schersando, a xe na vita che fago l’imprenditore, te vorè mia dirme che no son bon de fare i affari; a non go mai avù problemi mi con le banche e se na banca non la me da i schei, a vo da n’altra!».
Questo, il Giè pensiero, che non teneva conto del fatto che il linguaggio bancario è ormai universale e dovunque vai non si trova nessuna scorciatoia possibile; la comunicazione finanziaria tra banca e impresa, questa sconosciuta. Sono partito da questo racconto, che mi ha fatto l’amico dottor Remigio Baschirotto, commercialista veneto, per riflettere sul cambiamento della professione. Nella narrazione di questo caso reale si nota come il commercialista sia considerato quasi un accessorio alla trattativa bancaria, nella quale si danno per scontate due cose; che si possano improvvisare i documenti, e che tale improvvisazione sia peraltro a titolo gratuito. Del resto, che ci vorrà mai a buttar giù due numeri?
A buttar giù due numeri, forse poco; a fare un lavoro professionale, utile alla decisione bancaria e prima ancora alla vita aziendale, serve ben altro. Nell’Italia di dolore ostello, ancor donna di provincia, serve talora masticare il dialetto; ma per dialogare con una banca oggi occorre conoscere la terminologia inglese, saper calcolare unlevered cash flows e free cash flows. Chiaramente, si tratta di competenze evolute e capacità di calcolo non banali, ben difformi dal mestiere del “portar le carte in banca”. I risultati cognitivi tuttavia, sono sideralmente diversi. Si pensi, ad esempio, al saper dialogare con l’imprenditore sulle tipologie dei flussi e sulle determinazioni del valore d’azienda in chiave finanziaria, ragionando di WACC ed EVA.
Sia ben chiaro, anche il piccolo imprenditore è in grado di comprendere questi concetti; semmai, il problema è chiedersi quanti commercialisti siano davvero in grado di calcolarli (e spiegarli). è molto importante, per un imprenditore, capire se la propria impresa produce o distrugge ricchezza, come nel caso in esempio, che raffigura un bilancio riscritto in NOPAT ed EVA.
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Non è una questione di “se” succederà, perché il mercato è già cambiato. I dati statistici dicono che il credito sta diventando selettivo, e il mondo dei Giè e dei Primo Strafalcioni è destinato a scomparire, come i dinosauri. Il punto, semmai, è capire cosa vogliano fare i commercialisti.
Ci sono quelli che non accettano il cambiamento, non ammettono la propria mancanza di specializzazione e si adattano a sopravvivere di contabilità, tra scadenze fiscali, vessati da una burocrazia che ha tolto loro ogni dignità professionale e umiliati da coloro che dicono loro di “preparar le carte” (gratuitamente, per carità).
Poi, ci sono quelli come il dottor Remigio Baschirotto che ha liberamente deciso di riprendere in mano il proprio destino di consulente, scegliendosi i clienti tra quelli che non cercano scorciatoie ma esperti veri, e che sono disposti a pagar fior di parcella a chi risolve un problema aziendale.
Il dottor Baschirotto, per fare il libero professionista e non lo schiavo dello Stato, sta seguendo il Corso annuale di specializzazione Master Bank (per ulteriori informazioni www.masterbank.it ).