Il Gruppo Hera approva il Piano industriale al 2024

È un termine “ombrello”, una parola che ha moltissime sfaccettature: è rigenerazione, che, se riferito a un colosso come la multiutility bolognese Hera, può essere declinato in numerosi modi. Prima di tutto, ha una valenza economica: se il Gruppo emiliano ha raggiunto un margine operativo lordo superiore al miliardo di euro – con tanto di ingresso nel segmento Ftse Mib di Borsa Italiana – una parte dei meriti deve proprio essere riconosciuta alle attività svolte in questa direzione. Nel solo 2018 gli investimenti hanno sfiorato i 463 milioni di euro, mentre il Gruppo ha distribuito quasi 2 miliardi tra lavoratori e stakeholder vari. Per aziende che erogano servizi ambientali, idrici ed energetici, mai come oggi si sta facendo cogente l’importanza di trovare un modo di prosperare che sia positivo per l’ambiente in un’ottica interamente declinata al futuro. «Ed è proprio guardando al futuro – spiega il presidente esecutivo di Hera Tomaso Tommasi di Vignano – che, in questi anni, abbiamo lavorato per trasferire benefici alle comunità locali, facendo sinergie, economie di scala e dialogando con tutti i nostri stakeholder. Al punto che, nelle regioni in cui operiamo, i cittadini giudicano la qualità della vita migliore della media del resto del Paese».

Vanno lette in questo senso alcune attività portate avanti dal Gruppo come, per quanto concerne la frazione organica, la recente inaugurazione del nuovo impianto di Sant’Agata Bolognese che, frutto di un investimento di 37 milioni di euro, produce ogni anno fino a 7,5 milioni di metri cubi di biometano, combustibile rinnovabile al 100%, e anche 20 mila tonnellate di compost, un biofertilizzante da destinarsi principalmente all’agricoltura. «Con questa struttura, dunque, intendiamo favorire il processo di decarbonizzazione della produzione energetica, grazie a un risparmio annuo di 14.600 tonnellate di CO2, dando ulteriore impulso all’economia circolare cui da tempo si sta orientando il territorio di una regione avanzata come l’Emilia-Romagna».

Hera ha raggiunto un mol di un miliardo, con investimenti per 463 milioni. Al centro rimane la sostenibilità ambientale

Un’altra iniziativa riguarda la collaborazione con Eni, concepita per mettere in valore gli oli vegetali esausti di uso domestico, come quelli di frittura, recuperati da Hera attraverso circa 400 contenitori stradali e in circa 120 centri di raccolta. L’accordo ne prevede infatti il trasferimento alla bioraffineria Eni di Porto Marghera, dove gli oli diventano green diesel, un biocarburante che già alimenta i mezzi che Hera utilizza per la raccolta rifiuti nell’area di Modena. O, ancora, altre iniziative relative al mondo della plastica: grazie all’acquisizione di Aliplast, Hera è leader italiana nel segmento del riciclo e rigenerazione di questo materiale, grazie a impianti all’avanguardia, presenti anche all’estero, che consentono di lavorare 90.000 tonnellate all’anno.

Da notare, infine, che dei 3,1 miliardi di investimenti programmati dal Piano industriale al 2022 ben 2 saranno dedicati a iniziative e interventi che, nel garantire l’efficienza e la resilienza delle reti. Nel 2018 il Mol a valore condiviso del Gruppo Hera è stato di 375,2 milioni di euro, il 36% del complessivo (+14% rispetto ai 329 milioni dell’anno precedente). Una percentuale destinata a salire al 40% nel 2022. Sullo sfondo, il ruolo della città a livello mondiale: sempre più fulcro della vita, con una quota crescente della popolazione mondiale che si trasferirà nei grandi centri urbani, ma anche sempre più agente inquinante e potenziale rischio per l’ambiente, con il 70% delle emissioni complessive che provengono dalla città.

«Da un lato quindi – chiosa l’amministratore delegato del Gruppo Hera Stefano Venier – essa dovrà adottare un modello di sviluppo basato sull’economia circolare e, come tale, capace di incorporare e sviluppare le sue 5R: Riduzione, Riuso, Riciclo, Recupero e, soprattutto, Rigenerazione. Dall’altro lato, la città dovrà maturare la capacità di adattarsi in maniera agile e preventiva alle sempre più rapide evoluzioni del contesto esterno. Il pensiero – in questo caso – non può che andare ai cambiamenti climatici in corso. I loro effetti sono inediti e sempre più dirompenti, e possono mettere in ginocchio intere economie».