Rush finale per la vendita della raffineria siciliana di Priolo al gruppo Goi Energy, il fondo cipriota/israeliano scelto da Lukoil per il passaggio di testimone. Secondo quanto risulta a Economy, infatti, il Governo starebbe per chiudere l’analisi delle garanzie sul Golden Power.
Le garanzie in questione riguardano temi tutt’altro che scontati: la solidità finanziaria del Gruppo, il rispetto delle politiche ambientali e la continuità occupazionale e produttiva di uno degli stabilimenti più strategici d’Italia, che da solo copre oltre il 20% dell’intero fabbisogno nazionale.
Il dossier della vendita era giunto sulla scrivania di Giorgia Meloni come eredità dello scorso governo e subito gli osservatori politici, e gli esperti del settore, l’avevano identificato come una possibile criticità per il neo presidente del consiglio. Anche se ancora la questione non è chiusa e negli uffici di Piazza Colonna stanno lavorando alacremente agli ultimi dettagli, a distanza di pochi mesi la situazione sembra disinnescarsi: la trattativa (tra privati) che agli inizi di gennaio ha visto la scelta del fondo cipriota, gli incontri istituzionali e il recentissimo confronto con le organizzazioni sindacali, insieme con le ultime informazioni ricevute qualche giorno fa, sembrano aver completato il quadro degli adempimenti a carico del compratore dando cosi al Governo l’ultima e definitiva parola, attesa a giorni.
Un quadro che naturalmente fa paura ai concorrenti rimasti alla finestra. Ed è ovvio che a questi soggetti ha fatto gioco la tesi secondo cui Goi sarebbe una specie di travestimento dei venditori russi, un modo per vendere senza vendere. Goi Energy ha smentito reiteramente e seccamente affermando di non avere “nessun legame con Mosca, né come società, né nella persona del suo amministratore delegato Michael Bobrov (sudafricano), né infine dei suoi azionisti”.
E’ poi venuta in ballo – e sempre con un preciso “cui prodest” – un’altra circostanza anti-Goi, che cioè Trafigura – secondo maggior trader di petrolio al mondo, impegnata nell’affare con Goi e con cui la stessa Goi ha siglato una partnership commerciale di lungo periodo – avrebbe avuto legami con Mosca. Ovvio che sì: sarebbe stato ben strano il contrario, che cioè il più grande trader del mondo non avesse in passato rapporti con uno dei maggiori produttori del pianeta. Ma i rapporti, con l’embargo internazionale imposto alla Russia, sarebbero del tutto caduti e oggi Trafigura aiuterà Goi con materie prime provenienti da terre ben lontane da Mosca. È nota, d’altra parte, la decisione presa lo scorso luglio dalla società di cedere i propri investimenti in Vostok Oil a Nord Axis Limited, interrompendo così qualsiasi rapporto con Mosca.
Comunque Trasfigura è un soggetto noto e apprezzato in Italia. Tanto che pochi giorni fa si è conclusa l’operazione commerciale tra Trafigura e Sace, società del Mef, che ha concesso al colosso industriale garanzie su un finanziamento di 500 milioni di dollari per fornire materie prime all’industria italiana. Anche qui, difficile immaginare che il Governo conceda fiducia e garanzie a qualcuno dalla reputazione non chiara. A meno di clamorosi, ma assai improbabili, errori dell’intelligence.
Insomma, le garanzie fornite da Goi sulla propria indipendenza da Mosca sembrerebbero aver le carte per convincere i piani alti. Il progetto occupazionale e di rilancio dei posti di lavoro, quello di riconversione green del sito e gli investimenti per l’ammodernamento delle infrastrutture esistenti e l’innovazione dell’impianto attraverso la ricerca e le tecnologie di alto livello, sembrano essere garanzie solide e in linea anche con le aspettative delle istituzioni locali e dei sindacati.
Anche questo delicato capitolo quindi potrebbe chiudersi a breve in modo utile per tutti, a cominciare dal Paese. Mancano pochi passi, non resta che attendere.