La consulenza nelle risorse umane cambia pelle, guidata dal driver ineludibile dell’innovazione tecnologica che porta le aziende a riconsiderare radicalmente strategie e organizzazione del loro capitale umano. Nasce da questa premessa l’accordo tra due realtà di riferimento in Italia nel settore delle risorse umane: Eos Management Consulting e Glasford International ltaly, che stringono un accordo societario per formare un gruppo integrato con competenze nei servizi consulenziali per le imprese. Il focus è su tre ambiti: Organizzazione, Executive Search e Human Capital. L’operazione è stata realizzata costituendo una holding che ha il controllo delle due aziende sottostanti che mantengono la piena autonomia operativa, ancorché in una logica di integrazione. Il nuovo gruppo EOS-Glasford, con oltre 40 professionisti, ha nel suo patrimonio genetico l’expertise internazionale di Glasford nell’Executive Search e le consolidate competenze di consulenza organizzativa e HR di EOS. Presidente è il professor Maurizio Decastri, ordinario di Organizzazione Aziendale presso l’Università̀ di Roma Tor Vergata mentre Massimo Quizielvù di Glasford è amministratore delegato. Completa la governance il consigliere d’amministrazione Mauro Ghiselli, già ceo di Eos Management Consulting.
L’annuncio della nascita del nuovo gruppo è stato fatto a Milano nel corso della presentazione del volume «Verso un nuovo Rinascimento. L’impresa di Valore» (Guerini Editore) curato da Maurizio Decastri, Massimo Quizielvù ed Emanuela Ferro, Partner & Business Strategy Leader di Glasford. Il volume raccoglie le testimonianze di una ventina di manager di primarie aziende italiane che riflettono sui nuovi modelli manageriali, culturali e organizzativi che si stanno imponendo nelle aziende italiane con l’uscita dall’emergenza pandemica in vista di un auspicato «nuovo Rinascimento».
«La risultante di operazioni societarie di successo non è mai una somma degli addendi, – spiega a Economy Massimo Quizielvù, Presidente e ceo di Glasford International Italy e Amministratore Delegato della nuova holding. – Unendo le competenze di Glasford ed Eos creiamo un gruppo diversificato in grado di proporsi in modo autorevole ed efficace ad aziende in cerca di un partner che le accompagni nel loro sviluppo. La nostra mission sarà quella di accompagnare le persone e le organizzazioni, in modo evolutivo e continuo, perché raggiungano pienamente i propri obiettivi di crescita».
Quando è nata l’idea di unire le due società?
Abbiamo iniziato a parlarne con Maurizio De Castri in piena pandemia: all’emotività indotta dall’emergenza sentivamo il bisogno di rispondere con un progetto di futuro insieme. Ci siamo, quindi, proposti di fare qualcosa più di lungo periodo dialogando con imprenditori e manager. È allora che è maturato il concetto di “nuovo Rinascimento”: ci siamo resi conto che la principale variabile del cambiamento era l’accelerazione dovuta al fortissimo impatto della tecnologia, accompagnata da una maggiore velocità di ricambio generazionale e dall’affermarsi di un nuovo concetto di di sostenibilità. Tutto questo metteva in crisi i tradizionali modelli di consulenza verticali, cioè focalizzati solo su executive search oppure organizzazione o people. Si trattava di prendere consapevolezza che questi tre ambiti erano diventati sempre più correlati. Ad esempio, l’inserimento di un nuovo manager impatta chiaramente anche sulle leve organizzative e strategiche. Senza voler diventare tuttologi, era importante considerare il capitale umano come un “organismo”, quindi nel suo insieme.
Come si traduce in pratica questa visione?
Il nostro valore aggiunto è di essere capaci di proporre nella nostra offerta consulenziale un modello pienamente integrato. Ad esempio, ci affianchiamo alle progettualità dei nostri clienti creando gruppi di lavoro con varie competenze per arrivare agli obiettivi che ci siamo dati. È un dna che ci portiamo dietro. La nostra cultura è lavorare con le aziende nel lungo periodo, anche per 10 15 anni, progettando cose che magari inizialmente non ci sono.
Che cosa cerca oggi un’azienda in un manager?
Si tratta di un trend iniziato prima della pandemia: persone che ragionino e propongano una loro progettualità piuttosto che la sola specificità di competenze. Naturalmente, deve essere una progettualità coerente con la visione aziendale. Le aziende oggi hanno una identità molto forte, più che in passato, e i manager devono poter dare un valore aggiunto al progetto aziendale in cui vengono inseriti. È un aspetto fondamentale. Un secondo elemento è quello della interdisciplinarietà. In passato si cercavano manager che avessero già esperienza nel fare una determinata mansione, oggi è sempre più importante avere in squadra persone con idee e soluzioni originali, quindi provenienti anche da mondi aziendali e professionali molto diversi.
Glasford è la gamba di executive search nel nuovo gruppo. Come giudica l’attuale situazione del lavoro e il problema del talent shortage?
Parto da una considerazione forse un po’ scomoda. È vero che c’è scarsità di risorse, ma ci sono anche limiti da parte degli employer. Il sistema Italia non è riuscito a crescere in produttività come altri paesi europei, creando valore e potendo quindi remunerare il lavoro in modo efficace. Il risultato è che forniamo risorse e competenze ad altri paesi che le pagano di più. C’è poi un gap importante tra le grandi multinazionali e il sistema delle piccole e medie imprese. Le prime mantengono livelli di attraction competitivi, mentre nelle medio-piccole si fa più fatica e, soprattutto, manca spesso una pianificazione adeguata delle carriere manageriali.
C’è anche una carenza di figure professionali tecniche o scientifiche…
È vero, ma il problema va considerato in modo più ampio. La velocità con cui cambiano le competenze non permette più come in passato modelli formativi stabili e consolidati. Un profilo che mi serve oggi domani potrebbe essere obsoleto. Quindi, non c’è solo un problema di shortage sulle competenze create dal mercato o delle università, ma dobbiamo porre con forza il tema dell’upskillig e reskilling del capitale umano. In passato le aziende potevano garantire ai propri dipendenti un percorso di carriera stabile che arrivava fino alla pensione o, al limite, al prepensionamento. Oggi le competenze evolvono in modo molto più rapido ed è fondamentale gestire questa variabile. Quindi non solo formazione permanente, ma anche upskilling, cioè un salto formativo, di discontinuità, per fornire alle persone una strumentazione adeguata alle esigenze del momento. Tra le responsabilità oggi richieste a chi è a capo di funzioni apicali vi è quindi anche quella di garantire l’evoluzione delle competenze manageriali all’interno dell’organizzazione.
Avete anche presentato un libro con le testimonianze di una ventina di grandi manager e opinion leader. In sintesi, che cosa emerge?
Mi è davvero difficile riassumere le posizioni e gli spunti di grande interesse di così tanti capi impresa, tuttavia due temi mi sembrano emergere più di altri: l’evoluzione tecnologica come fattore straordinariamente importante e che si configura sempre più a supporto delle azioni dell’uomo, e la sostenibilità, naturalmente non solo quella ambientale, ma in una logica di durata nel tempo. È il modello dell’azienda agricola che deve avere i suoi tempi per la semina per poi arrivare al raccolto. Molte aziende hanno puntato tutto sulla velocità e poi sono gradualmente scomparse. Evidentemente, non erano sostenibili. Ma il valore di questo libro è anche dato dalla possibilità che abbiamo avuto di confrontarci – eravamo nel periodo di lock down – con imprenditori e manager di grande qualità, con i quali abbiamo avuto diverse ore di colloquio approfondito sui vari temi. E’ stato molto bello e stimolante: il futuro si costruisce anche così.