È da 53 anni che mi chiam(an)o Francesco, ho una famiglia con tre figli insieme a mia moglie Paola e sono amministratore delegato e socio dell’azienda di famiglia che esiste da 111 anni: la Fratelli Pagani Spa, che mantiene il nome del bisnonno, “il” (come si dice a Milano) Francesco Pagani. Io e mio fratello abbiamo però il cognome della famiglia di papá, Cardazzi, figlio di Olga Pagani, ultima discendenza di Francesco.
La nostra generazione di imprenditori è nata con il lavoro nelle mani e nel cuore da piccole imprese familiari, come la Pagani come: Beretta, Veroni , Rovagnati, Fumagalli, Raspini, Brugnolo, Viani, e vorrei mettere tutti i nomi dei nostri clienti e amici di famiglia da generazioni, aziende che nello scenario mondiale si definiscono multinazionali “tascabili” rispetto ai ben noti colossi del food. Oggi l’intero gruppo, che valeva 1miliardo delle nostre vecchie lire nel ‘90 , vale circa 50 milioni di euro ed è leader di fatturato in Italia nel settore degli aromi e ingredienti per carni elaborate rosse e bianche e dei salumifici.
Possiamo dire che dopo oltre trent’anni di lavoro contribuiamo a migliorare il gusto e profumo dei prelibati salumi italiani grazie alle nostre spezie e ai nostri ingredienti genuini e tipici della tradizione. Abbiamo saputo meritarci la fiducia di tutti i più bei nomi della salumeria italiana che tutt’oggi serviamo con grande passione e dedizione e di altrettanto importanti aziende alimentari. Oltre il lavoro della Pagani ricevuto da papà, negli ultimi anni abbiamo acquisito la totalità di una azienda che opera B2C nel settore del bio, Cerreto, e una quota di una azienda di oli e condimenti, anche lei B2C, Collina Toscana.
È proprio la partecipazione diretta della famiglia che ci caratterizza da sempre e che ci ha portato a un doppio risultato: primo, l’amore per i raffinati profumi orientali delle spezie e delle erbe aromatiche di quando ero bambino e andavo a nascondermi per gioco tra i sacchi del pepe indiano insieme ai miei amici e che impregnava i miei vestiti, come anche oggi spesso capita; poi, avere fatto conoscere la qualità dei nostri sapori in diversi luoghi del modo, aprendo e avviando quattro filiali e servendo numerosi dealer in diversi Paesi.
Forse il destino di ogni generazione deve essere temprato da un evento memorabile che lascia profonde cicatrici, come è successo a me ed è ben visibile nella radiografia dei miei polmoni, si chiama Covid-19.
Dopo aver presentato in modo sommario la mia esperienza di imprenditore vorrei entrare nel merito di questo straordinario evento che di per sé ciascuno valuta riferendosi alla propria realtà e attraverso i filtri la nostra esperienza personale e direi ciascuno col proprio temperamento.
Alla fine di febbraio ha inizio ufficialmente la “guerra al Virus”: da zero a 100 in 1 secondo e siamo proiettati in una realtà stile Matrix. Riusciamo in pochi giorni a mettere in sicurezza uffici amministrativi e commerciali, tutti in smartworking, viene solo un addetto per funzione. Implementiamo la sicurezza dei nostri dipendenti della produzione, dove già lavorano con mascherine e guanti, scaglionando gli ingressi nelle aree condivise, pause caffè, pranzo e spogliatoio. Adottiamo tutte le strategie del “buon padre di famiglia” come richiede la sicurezza sul lavoro, controllando la temperatura all’ingresso e situazione di tosse e raffreddore; cose che normalmente a casa ha sempre fatto mia moglie ai figli con amore, mentre il titolare ad ogni minima distrazione si prende una denuncia penale… questi sono i momenti in cui rimpiango di non essere allenata “all’attenzione” come lei!
Anche io a febbraio a ogni viaggio osservavo una quarantena di cinque giorni in casa con uso esclusivo di un bagno, senonché mia moglie si sveglia una mattina con la febbre e anche io tre giorni dopo a cui si aggiunge il senso di oppressione al petto. Tanto che una sera, per acutizzarsi dei sintomi, ho pensato potesse andare peggio. Per fortuna al 112 mi ha risposto un addetto esperto che alla mia richiesta di una ambulanza mi ha risposto con convinzione al telefono: «Non venga al pronto soccorso, stia a casa, io sento che lei respira bene!»… Noi italiani siamo unici: con pochi strumenti troviamo soluzioni geniali.
Mi ha sorpreso per la versatilità nell’uso medico del telefono, ancora prima dell’arrivo del 5G, ma nello stesso tempo ho riflettuto se effettivamente sempre “una telefonata allunga la vita”…
Ringrazio il medico – che riconosco aveva ragione, ma al momento devo averlo insultato.. – e da lì inizia il calvario della quarantena di una famiglia di quattro ammalati in casa, mentre fuori il mondo cambia.
Nelle settimane successive per precauzione rimangono a casa prima 10 e poi 15 dipendenti, oltre allo smartworking, ma le aziende alimentari hanno dovuto far fronte a questo.
Situazione diversa per i nostri clienti. Alcuni hanno lavorato coi supermercati dove hanno osservato un aumento sostenuto del preconfezionato, che per motivi igienici era preferito. Anche le botteghe di macelleria si sono impegnate a fondo, con qualche restrizione e qualche adattamento, hanno potuto servire tutte le famiglie rinchiuse in casa. Chi invece era specializzato nel HoReCa ha subito un fortissimo contraccolpo di fatturato che si sta traducendo in un successivo problema finanziario, per la scarsa solvibilità dei propri clienti.
Risultato per noi: + 15% di fatturato a marzo con ridotta capacità produttiva e -25% ad aprile per le mancate festività di Pasqua non celebrata, ma a pieno organico. Nel 2020 un nostro punto di miglioramento era la riduzione delle scorte puntando all’efficientamento della produzione. In questo caso il fatto di non avere ridotto ancora i livelli di scorta si è rivelato un punto di forza.
La realtà Coronavirus cambia anche la routine e la pressione su vari reparti. La direzione, dopo avere gestito il cambiamento e la minaccia all’interno della struttura, ha il compito di motivare e infondere positività, e nel nostro caso questa fase l’ha attuata inizialmente solo mio fratello Marco per ovvi motivi.
Oltre alle giuste e doverose parole di ringraziamento abbiamo distribuito premi economici a tutte le nostre maestranze che rappresentano il piu’ grande patrimonio dell’azienda.
L’amministrazione sta iniziando a focalizzarsi con aumentata attenzione alla finanza e ai pagamenti; nel nostro caso non vediamo sensibili variazioni alla fine di aprile ma forse è presto.
Le vendite: il -25% del mese di aprile richiede ora azioni straordinarie di analisi delle gamme di prodotto, dei clienti e dei loro canali distributivi e nuovi surrogati alla visita del venditore sono da collaudare.
L’assistenza dei tecnici allo sviluppo e alla promozione dei nostri prodotti presso i clienti. Tutto molto fermo in quanto ancora il contatto di personale nostro negli stabilimenti produttivi per assisterli nella produzione industriale non viene ovviamente permesso.
Il Marketing lavora a quei surrogati a cui mi riferivo. Abbiamo deciso di intensificare a due o tre giorni alla settimana le prove nel nostro mini-salumificio pilota, facendo riprese video che posteremo sui social iniziando attività di webinar dimostrativi su diversi prodotti di salumeria e di gastronomia.
Sui mercati internazionali abbiamo intensificato la ricerca di venditori on site, ben consapevoli che questa situazione non finirà presto e che accelererà la selezione naturale all’interno dei mercati.
Per questo la mancanza di resilienza potrebbe portare a problemi seri nel 2020.
L’indotto del turismo vale il 12% del Pil nazionale e il food gioca un ruolo rilevante. Dobbiamo aspettare l’avvicinarsi dell’estate per cercare di rifare le nostre proiezioni in modo attendibile e intanto navigare a vista.
Diversi sono gli aspetti da valutare: l’impatto dal mancato turismo internazionale che do per scontato; quali clienti lavoreranno a regime normale, chi andrà a velocità ridotta chi si fermerà; l’aumento della povertà degli italiani che in estate resteranno in Italia, ma dove?; l’aumento del debito nazionale e alle misure future ad esso collegate.
Su questo ultimo punto mi sento più vicino, a medio termine, ad una politica che finanzi le aziende che offrono impiego e sviluppo e naturalmente facendo beneficiare i propri dipendenti con aumenti dei salari netti per minore tassazione, piuttosto che mantenere un sussidio, come quello giustamente dato oggi per necessità.
In Italia abbiamo una associazione dedicata ai business di famiglia e si chiama Aidaf, fondata e diretta da imprenditori; funziona bene ed eroga utili servizi e promuove la condivisione delle esperienze.
Riporto il pensiero del cavaliere del lavoro Francesco Casoli , presidente nazionale dell’Aidaf dal 2019, che durante un recente convegno virtuale ha trasmesso informazioni e opinioni personali. In America le aziende prevedono una ondata di povertà e per questo cercano di essere più competitive e stanno tagliando gli investimenti sulla ricerca. Dal suo punto di vista l’impresa italiana deve affermare la propria eccellenza aumentando gli sforzi sulla qualità delle proprie produzioni. Tutta la produzione del made in Italy basa l’espansione internazionale su questo riconosciuto punto di forza. Al momento mi è sembrata una opinione molto istintiva assolutamente di pancia ma che oggi provo a calare nella nostra realtà.
A questo potrei solo aggiungere, nel nostro caso: diciamolo sinceramente, in Italia il cibo scadente non lo vuole nessuno, a noi piace mangiare bene e da imprenditore voglio essere convinto di ciò che produciamo. Non potrei provare la stessa emozione che provo quando sento l’intenso profumo delle nostre spezie impregnato nei vestiti dopo una bella giornata di lavoro.
L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro, non dimentichiamolo… e non tradiamo la missione che i padri fondatori hanno voluto sottolineare nella Costituzione!