LA MIA FASE 2/ Roncalli (Westpole): «Il Coronavirus è un enorme stress test»

La nostra fase due è iniziata con la programmazione della riapertura graduale delle sedi, partendo da quella di Roma il 18 maggio per poi procedere con le tre del nord Italia (Milano, Bologna e Venezia) dal 3 giugno, seguendo una richiesta proveniente in primo luogo dalle oltre 250 persone che lavorano in azienda.

In WESTPOLE già da metà 2019 avevamo avviato un progetto di Smart Working che come primo passo dava a tutti la possibilità di lavorare un giorno alla settimana da remoto, con l’obiettivo di estendere gradualmente questa misura anche agli altri giorni della settimana.

Non c’è dubbio che questa emergenza abbia rappresentato anche per tutti noi un grosso “stress test”: se nelle prime due settimane infatti il lavoro autonomo dalla propria abitazione era vissuto quasi come un sollievo, con il prolungarsi delle misure di distanziamento e con il perdurare della chiusura delle sedi si è chiaramente manifestato a tutti i livelli il bisogno di tornare a una nuova normalità.

Un’esperienza che ho vissuto direttamente sulla mia pelle: abituato com’ero da anni di routine che prevedeva ogni giorno feriale sveglia allo stesso orario, tragitto in auto verso la sede di lavoro e ritorno, non mi era mai nemmeno passato per la mente di usufruire del giorno di possibile smart working. “Cosa penseranno gli altri se inizio a non presentarmi in ufficio lunedì?” mi chiedevo. Paradossalmente invece, da quando le misure hanno consentito di uscire di casa, ho iniziato a percepire un senso di paura nel rifare gli stessi itinerari e incontrare “estranei”.

Credo fermamente quindi che il ruolo delle aziende oggi sia anche quello di supporto al ritorno alla normalità: pur con le necessarie misure che prevedono ingressi contingentati (oggi la nostra sede di Roma prevede turni di massimo 20 persone, a fronte di una capacità di 90 postazioni) e dispositivi di protezione, è fondamentale poter tornare a riappropriarci dei nostri spazi, a vedere persone intorno a noi e in generale a superare la situazione di solitudine e incertezza che ci ha accompagnato per così tante settimane.

Allo stesso modo sono sicuro che lo Smart Working nei prossimi mesi ci lascerà un’eredità importante e i nostri sforzi per adattarci a una realtà diversa non saranno stati vani.

Abbiamo aperto negli ultimi mesi i nuovi uffici a Milano e Roma in una logica di open space, di condivisione delle idee, con spazi comuni per agevolare il lavoro di gruppo e questa logica non cambierà anche quando potremo finalmente tornare a muoverci senza mascherina e gel igienizzante. Quello che gradualmente ci auspichiamo possa cambiare a lungo termine è la logica dell’utilizzo di questi luoghi, il punto d’arrivo al quale tendiamo è quello di lasciare estrema libertà a chi lavora in azienda passando dalla logica delle otto ore in ufficio ad una “a obiettivi”, dove sarà naturale vivere l’ufficio come una seconda casa durante i brainstorming, le presentazioni o le riunioni operative ma dove i team potranno organizzarsi autonomamente anche per svolgere parte delle attività dal proprio salotto, dal bar sotto casa o da una panchina del parco.

I dati recenti (anche se limitati a un breve intervallo di tempo e a un lavoro che è stato sicuramente “remoto” ma non ancora del tutto “smart”) che hanno visto un incremento medio tra il 5 e il 10% dell’efficienza nella risoluzione dei ticket, della consegna dei progetti e dello svolgimento dei task ci confortano in questo senso ma la strada ancora è lunga. WESTPOLE stava già cambiando e questa emergenza ci ha cambiati ulteriormente. Sicuramente dal punto di vista lavorativo non torneremo ad essere “quelli di prima”, ma forse questi mesi ci avranno aiutato a scrollarci di dosso alcune abitudini che appartenevano già al passato, ma eravamo troppo presi dalla routine per accorgercene.

* Coo e Cfo di Westpole