LA MIA FASE 2/Pompili (Sopra Steria): «Lo smart working non si improvvisa»
Il team Salesforce di Sopra Steria in video call

L’emergenza da Covid-19 si è abbattuta sulla vita di ognuno di noi, stravolgendone la routine e dando una scossa a ogni punto fermo. Questo è un assunto che ci accomuna tutti. Perciò dobbiamo fare tesoro della lezione appresa per affrontare le sfide dell’immediato futuro. Così il lockdown è stata la palestra per sperimentare le buone pratiche che guideranno la ripresa.

Nelle settimane tra il primo e il secondo Dpcm ho messo in pausa i timori di Stefania e, come Amministratrice Delegata di Sopra Steria Italia ho avuto un unico pensiero: non aggiungere ulteriori preoccupazioni ai miei collaboratori, oltre mille colleghe e colleghi nelle sette sedi della penisola. Volevo che ognuno di loro sapesse che Sopra Steria era al suo fianco, con una struttura solida, a disposizione. A inizio marzo mancava qualsiasi elemento per ragionare in prospettiva, ma nonostante ciò, alcune decisioni andavano prese seduta stante.

Da qui la scelta immediata, in anticipo sulle disposizioni governative, di chiedere a tutti i collaboratori di proseguire la propria attività da casa, in modalità “Smart Working”. Ci tengo a scriverlo con la lettera maiuscola per difenderne la qualifica di “Smart”, “Intelligente”, e non confonderlo con il più semplice “telelavoro”, ossia la traslazione in un luogo privato di azioni prima svolte in ufficio. Lo Smart Working vero e proprio, o Lavoro Agile, non si improvvisa: è un ripensamento viscerale dell’attività, nonché una ridefinizione della cultura aziendale per sganciarsi dal controllo puntuale e focalizzarsi sul raggiungimento di obiettivi prestabiliti. Questa modalità consente, appunto, di essere agili e perciò di organizzare gli impegni di lavoro in compatibilità con le videochiamate tra familiari in una regione lontana, o di incastrare nell’agenda, tra un meeting e l’altro, la call con la professoressa per impostare la routine scolastica dei ragazzi, affrancandosi dall’idea della perdita di tempo o del senso di colpa, ma gestendo in modo proficuo e ottimizzato la propria attività.

Lo Smart Working agevola un sano equilibrio tra vita personale e lavorativa e funziona bene nell’emergenza se già si è allenati nella “normalità”. Questa modalità presuppone un’organizzazione a rete, dove ognuno è abile e abilitato, dove ogni “nodo” propaga la sua competenza verso gli altri, dando vita a un tessuto solido ma flessibile, adatto ad estendersi. In una rete, il singolo può mettere a frutto la sua abilità per raggiungere obiettivi adeguati, avendo attorno altri “nodi” con cui confrontarsi e dei “leader” a cui riferirsi, che siano modelli e guida. In Sopra Steria lo abbiamo implementato per fasi, in oltre un anno e mezzo di sperimentazioni, e il risultato è che il nostro lavoro non si è mai fermato, nemmeno durante l’emergenza sanitaria. La Fase 1 è stata per noi un momento di resilienza, ossia di riadattamento a una nuova situazione, mantenendo focus e obiettivi invariati.

Sono a capo di un’azienda leader nella digital transformation e ancora non ho menzionato alcuna tecnologia, e non è un caso, perché il cambiamento parte dalle persone, non dagli strumenti. Le tecnologie ci devono essere, certo, e sono fondamentali, ma vanno governate scientemente. E’ questa la chiave di volta.

Tra i tanti messaggi che questa pandemia ci ha inviato, ce n’è uno pronunciato a voce ferma: a livello capillare, nell’immediato, non ci servono robot o ologrammi, serve che tutti abbiano accesso agli strumenti di base (internet, dispositivi come i computer) e che ci sia più conoscenza diffusa del digitale. E’ stato bello scoprire che una mamma 70enne, digiuna di tecnologia, riuscisse a collegarsi a una piattaforma online per la lezione di pilates e che il nonno del piano di sotto potesse telefonare al supermercato e farsi inserire nel software per un accesso prenotato la mattina dopo, senza coda. E’ stato meno bello sapere che alcuni alunni non abbiano potuto assistere alle spiegazioni online perché non dotati di computer o di una buona connessione a internet, e di servizi al cittadino sospesi perché le banche dati della pubblica amministrazione non parlano la stessa lingua tra loro.

La notizia cattiva: c’è ancora molto da fare; la notizia buona: dipende solo da noi. La tecnologia non è né buona né cattiva, è un arnese, sta a noi utilizzarlo con un piano strategico, per raggiungere obiettivi che sì, devono essere positivi e rispondere alle esigenze reali dei più.

Le aziende, che sono casse di risonanza capaci di influenzare la società, hanno delle responsabilità. Dove possibile, negli ambienti di lavoro, è giunto il tempo di usare processi innovativi per abilitare e agevolare il singolo, l’uomo e la donna. Lo scrivo per esteso proprio perché c’è bisogno di ribadirlo ogni volta che si può: “anche la donna”. Anzi, “soprattutto la donna”. Le donne devono esserci di più, in sempre più “nodi” della rete e, come conseguenza, in sempre più ruoli apicali. E lo Smart Working, quando “Smart” ribadisco, può proprio essere un valido supporto affinchè professionista e mamma non siano più due opzioni.

Per chiudere il cerchio: l’assunto iniziale ci accomuna tutti, la svolta che vogliamo dare alla storia no. E’ ora di ripartire, meglio.