Sebbene il 17 dicembre, termine fissato per il recepimento della Direttiva UE (2019/1937) sulla protezione dei whistleblower, sia molto vicino, sono ancora molte le aziende che non si sono adeguate ai nuovi requisiti. È quello che è emerso in occasione della European Compliance & Ethics Conference 2021 , durante la quale è stata presentata la terza edizione del “Whistleblowing Report”: lo studio condotto annualmente dalla Scuola universitaria professionale dei Grigioni (Svizzera) in collaborazione con EQS Group, azienda tedesca leader nella fornitura di soluzioni digitali per compliance e per investor relations. La ricerca prende in considerazione un campione di 1239 aziende, divise in PMI e imprese che superano i 250 dipendenti, e analizza il verificarsi di episodi di irregolarità, gli impatti della pandemia da Covid-19 in materia, così come il grado di preparazione delle aziende ad adeguarsi ai requisiti previsti dalla nuova Direttiva UE (2019/1937).
In oltre il 30% del campione analizzato si sono verificati comportamenti illegali o non etici che violano le norme di legge applicabili o l’etica e che le aziende maggiormente interessate dal fenomeno sono quelle di grandi dimensioni e con sedi internazionali. Buona parte delle aziende di grandi dimensioni dichiara di avere implementato un sistema adibito alla raccolta e alla gestione delle segnalazioni, mentre è ridotta la percentuale di PMI dotate di canali di whistleblowing. Dati interessanti vengono proprio da coloro che hanno già implementato dei sistemi di denuncia interni: nel solo 2020 un terzo delle aziende ha dichiarato di aver potuto identificare l’80% delle proprie perdite finanziarie grazie alle segnalazioni ricevute. Oltre ai vantaggi in termini di risparmio economico, infine, l’attivazione di sistemi di segnalazione sembra tradursi in una migliore comprensione dalla compliance da parte dei dipendenti, nel miglioramento dei processi e nel rafforzamento del compliance management.
Indipendentemente dalle opinioni dei singoli, tuttavia “le aziende dovrebbero utilizzare il tempo rimanente per implementare un sistema di segnalazione efficiente che rafforzi i loro processi e la loro cultura aziendale” – come spiega il Prof. Dr. Christian Hauser nella sessione di presentazione del report.
Il Coronavirus e i conseguenti licenziamenti e cambiamenti nelle modalità di lavoro sembrano avere impattato anche il fenomeno del whistleblowing. Nel 2020, le aziende europee con un sistema di segnalazione già consolidato hanno ricevuto un numero di denunce nettamente inferiore rispetto al 2018. Questa diminuzione potrebbe essere attribuita alla diffusione di modalitá di lavoro da remoto che ha determinato la mancanza di occasioni di scambio informale e un accesso limitato alle informazioni. Dallo studio, tuttavia, è emerso che la probabilità di essere interessati da condotte illegali è maggiore nelle aziende che hanno ridotto il personale in seguito all’emergenza pandemica oppure che hanno fatto ampiamente ricorso al lavoro a distanza.
Anche in Italia la tematica del whistleblowing è sempre più al centro dell’interesse generale, come testimonia l’ampia partecipazione alla tavola rotonda dedicata al mercato italiano e organizzata ieri, giovedì 7 ottobre, in occasione della seconda giornata della Conferenza ECEC 2021. Focus dell’incontro sono state l’analisi dei contenuti della Direttiva UE, le implicazioni in termini di GDPR e cybersecurity così come il cambiamento del ruolo dei professionisti della compliance all’interno dell’azienda. Protagonisti dell’incontro sono stati: il dott. Francesco Albieri – Internal Audit & Compliance Director di Webuild S.p.A. e Presidente dell’Associazione Italiana Internal Auditors (AIIA), l’avv. Elisa Romano – Data Protection & Information Security Officer di Automobili Lamborghini S.p.A., gli avvocati Francesca Gaudino e Roberto Cursano – Partner di Baker McKenzie Italia, e il dott. Gabriele Faggioli – Presidente di Clusit e Direttore Osservatorio Cybersecurity & Data Protection del Politecnico di Milano.