Leadership ne ha da vendere, su questo non c’è dubbio. Ma Giorgia Meloni, dal racconto che Luigi Bisignani e Paolo Madron fanno di lei e del suo clan nel loro saggio best-seller (quinta edizione!) “I potenti al tempo di Giorgia” emerge come una giovane politica determinata, ambiziosa e talentuosa, ma impegnata in una sorta di alternanza scuola-lavoro, dovendo imparare (e far imparare ai suoi, impresa disperata) quasi tutte le cose che bisogna saper fare al governo: che è ben diverso che fare politica dall’opposizione. Dunque il tentato “cappotto” sulle nomine e la retromarcia di compromesso; il vuoto di una politica industriale identitaria, diversa dall’embrione ereditato da Draghi, col quale peraltro l’idillio è già finito; promesse come la rete telefonica unica già archiviate “all’apparir del vero”; casualità evidenti nella scelta di ministri e “apparatniki”, anche nelle proprie file.
Dunque, cari autori, avete scoperto una Giorgia discente brillante ma ancora un po’ lontana dal diploma?
(Bisignani): La campagna delle nomine è stata emblematica. Avrebbe voluto fare strike, concedendo poco e niente e piano piano si è dovuta ricredere, soprattutto sul tandem Scaroni-Cattaneo all’Enel, dove ha dovuto abbandondare il suo candicato Donnarumma. Quando si è accorta di dover venire a patti anche con Forza Italia ma soprattutto con i leghisti ha venduto quel che doveva essere un successo totale, una vittoria senza prigioneri, sposando la logica della maggioranza. Poi, per carità: è riuscita a mettere a segno alcune pedine importanti, come Cingolani a Leonardo, contro Crosetto che voleva altre scelte, e poi a Terna questa manager sconosciuta al grande pubblico, Giuseppina Di Foggia, ma Donnarumma se l’è perso per strada…
Ma la premier ha una sua visione di politica economica e industriale per il Paese? Da quel che scrivete si direbbe di no…
(Madron): Anche lì, quel che era stato detto, mi viene in mente il caso eclatante dalla nazionalizzazione della rete Tim: non s’è visto. Una grande incompiuta è proprio Open Fiber, che dovrebbe incidere profondamente sul servizio di connettività che il Paese deve dare ai cittadini… visto in quanti posti non si riesce ancora a prendere la linea… e che sconta l’errore di fondo di alcune scelte del passato.
(Bisignani): L’ottica della Meloni è ancora ispirata dalla logica del clan. Da un lato un vecchio clan che bisogna arginare, dall’altro il suo clan, nuovo come lei, ristretto, anzi ristrettissimo, a Palazzo Chigi, che la fa ragionare in quell’ottica. In tutto questo lei non ha ancora un’idea né di politica industriale né di politica economica, anche se bisogna riconoscere che sta facendo passi da gigante. Ma quel tipo di visione non ce l’ha: altrimenti avrebbe dovuto mettere mano alla Cassa depositi e prestiti, che è ferma da quasi un anno.
I numeri della semestrale affermano il contrario. Ma parliamo piuttosto della scelta dei ministri…
(Bisignani): Un’altra anomalia. Soprattutto Urso e Pichetto, detto Pochetto, sono state scelte discusse. Al Mimit i tavoli di crisi sono centinaia e sembrano abbandonati, privi di idee di politica industriale, idee che Crosetto avrebbe avuto. Abbiamo poi un ministro dell’economia, persona gentilissima e carinissima, che però si volta sempre dall’altra parte. Tre ministri-chiave di questo governo che sono inadeguati. Ritengo che Meloni e Quirinale se ne rendano conto e che ci sarà una ridefinizione della squadra di governo perché così non va. Durante la vituperata Prima Repubblica c’erano tavoli sulla politica industriale che hanno fatto grande l’Italia.
(Madron): è evidente lo scollamento tra alcuni ministri e il premier, e infatti nel nostro libro evochiamo l’ipotesi del rimpasto che all’epoca sembrava quantomeno precoce ed oggi è sulla bocca di tutti. Basta del resto sfogliare le cronache… una proposta come quella di Giorgetti, agganciare il canone Rai all’utenza dei telefoni mobili: sono estemporaneità di cui probabilmente la premier non ha mai sentito parlare. Prendiamo il tema della digitalizzazione della Pubblica amministrazione che si trascina da anni, potremmo dire che l’unico risultato conseguito è che adesso, autenticando la Pec, il cittadino può ricevere i documenti… una piccola cosa. Del resto poiché la Meloni, come tutti, guarda i sondaggi, vede che il suo partito tiene e il suo consenso personale è addirittura superiore a quello della coalizione, e quindi non percepisce l’urgenza del rimpasto. In realtà questo governo ha un forte tema di coordinamento tra ministri, ognuno dice la sua, fa la sua intervista, senza regia… Lei si è appellata alla moderazione, ma ogni giorno tra Urso, Pichetto e Giorgetti ognuno tira fuori le sue idee. Per Giorgia stare all’estero è riposante!
Non avete citato Lollobrigida…
(Bisignani): Perché è quello che si sta comportando meglio, ma lei non può fare sia il premier che il presidente del partito, che ha lasciato in mano al simpatico Donzelli, il quale però non riesce a star dietro alle esigenze che provengono dalla base. Prima o poi Meloni dovrà affidare Fdi a qualcuno di fiducia, non credo che metterà formalmente al vertice la sorella Arianna che pure, con Patrizia Scurti, è oggi la vera regista-ombra del governo.
Non c’è più San Draghi ad ispirare ed aleggiare?
(Madron): All’inizio il rapporto con Draghi era forte, ora non più, anche perché sia il sottosegretario alla presidenza Fazzolari che altri hanno scatenato i media amici, addebitando al governo precedente tutte le colpe sui ritardi e i difetti del Pnrr. E poi c’è un altro fatto, c’è il male oscuro della destra, che quando va al potere ha bisogno – chissà perché – di essere legittimata da sinistra, e questo spiega il rapporto di Mantovano con Violante e De Gennaro, un rapporto molto forte, che fa storcere il naso alla base dura e pura di Fdi.
Già, il Pnrr…
(Bisignani): È stato scritto in modo confuso, si sono affastellati i parti con Comuni e Regioni, ci sono talmente tanti enti da coordinare che si rischia davvero di non far partire nulla, in un Paese come il nostro, con i suoi 8100 campanili. Hanno collocati una mandria di Carneadi nelle strutture di missione, un poltronificio per disperati…
(Madron): L’Italia prende 209 miliardi, è il Paese che ne beneficia di più, e ci abbiamo buttato dentro di tutto, sagre comprese. E tentare di fornire giustificativi di spesa, il governo ha rifrullato le deleghe, ponendo oggi tutto il Pnrr in mano a Fitto, con una pletora di persone che sono lì a chiedersi cosa debbono fare…
Basta così, che se no qui ci querelano tutti!
(Bisignani): Finora né smentite né querele. Si saranno risentiti Patrizia Scurti e Giambruno, forse: abbiamo raccontato qualche passaggio della loro vita, ma con divertimento. Urso è stato un po’ tartassato, c’è qualche passaggio sulle esuberanze giovanili di lei, che forse non saranno piaciute all’interessata ma alle donne sì, perché emerge il ritratto di una ragazza tutto pepe, con molte difficoltà a farsi accettare e nella politica.
Certo non è un libro agiografico, ma abbiamo anche deciso di tralasciare tanti dettagli interessanti perché provenivano da fonti anonime. E così il nostro libro è stato tra i più copiati tutti i giornali, quasi sempre senza citarci, perché abbiamo indovinato molte cose con grande anticipo…
(Madron): Abbiamo tirato fuori connessioni tra personaggi che non s’immaginavano: penso al capitolo sul ruolo di Alberoni, con la compravendita della villa in Versilia… e a tutta una serie di contatti, legami eccetera, che il libro ha tirato fuori.
(Bisignani): Per non parlare dello scoop, che è tutto di Paolo, sulle intercettazioni, che è arrivato sul tavolo del Copasir.
Insomma, vi siete divertiti!
(Bisignani): Come dei pazzi a raccogliere notizie, e poi a scrivere. Paolo è quello che fisicamente batteva sulla tastiera, io sono negato. Ci siamo divertiti sì, e la cosa incredibile e che ci trovavamo a dire le stesse battute nello stesso momento. Siamo diventati una coppia di fatto, scrivere è stato il divertimento assoluto, parlare con le persone e dividersi i compiti è stato facile.
Un tandem letterario, come Fruttero e Lucentini!
(Madron): Direi piuttosto Age e Scarpelli, perché questa è una commedia all’italiana, che scrivevano per Monicelli e Risi. Un’affiatamento che si riverbera anche sulle presentazioni in giro per l’estate italiana.
(Bisignani): Stiamo preparando un altro libro, stavolta su un personaggio tra cronaca politica e gossip… che sarà tremare un po’ di persone, compreso il protagonista del libro!
Ma insomma, qui si vuol spaventare qualcuno!
(Madron): Ma no, siamo due bonari signori di una certa età, Luigi è già nonno, io sto per diventarlo…
(Bisignani): A me, a parte la memoria di Andreotti, non me ne frega niente di niente…
(Madron): Luigi non smentisce mai…
Concludendo, siete alla quarta edizione, oltre le 15 mila copie vendute… L’avreste mai detto?
(Madron e Bisginani): Assolutamente sì! Non perché siamo bravi quanto per la Meloni. La gente vuol sapere di lei, piace a destra ma anche a sinistra e della sua vita non si sapeva molto, perché finora tutti i libri usciti su di lei erano moscissime retrospettive sul fascismo, la Roma nera. Questo è il primo libro che squarcia un po’ il velo sulla sua vita, e lo fa in maniera divertente…