Nel “nouveau chemin” che il presidente Macron ha tracciato, con tante belle parole si capisce: è in gioco la sua rielezione nel 2020 e ha meno di cinquecento giorni per far uscire la Francia dalla crisi economica post-Covid, c’è posto anche per loro, i “cadres”, quei cinque milioni di dipendenti che rappresentano il “funzionariato” nel settore pubblico e il “middle management” che fa funzionare l’industria e l’apparato economico del settore privato.
Hanno, in genere, un diploma (di solito il bac+5 e qualche specializzazione professionale), buoni impieghi, buoni stipendi, buone pensioni e non hanno mai conosciuto vere fasi di crisi occupazionali, neppure negli anni durissimi della de-industrializzazione del primo decennio del 2000, che ha devastato tutta la Francia del nord, dalla Piccardia al Pas de Calais (che, infatti, è diventato il regno di Marine Le Pen e del Front National). Già nel 2018 il tasso di disoccupazione dei quadri era al 3,4%, una percentuale da pieno impiego. L’anno dopo le assunzioni (quasi tutte con Cdi, contratti a tempo indeterminato) erano salite a 281mila unità con la prospettiva di arrivare a 296mila nel 2020, questo maledetto anno del Covid.
Il Coronavirus ha congelato tutto e anche se i quadri non sono alla disperazione come i ristoratori, gli albergatori, i piccoli e piccolissimi imprenditori, per non dire degli 11 milioni di operai e impiegati del settore privato che da aprile vivono solo di “chomage partiel”, di cassa integrazione, anche loro, questa middle class del sistema produttivo, cerniera importante dell’economia, hanno cominciato a soffrire. Per questo Macron li ha citati nel discorso del 14 luglio e il ministero del lavoro (dove nel frattempo la ministra Muriel Penicaud ha lasciato il posto alla sua collega Elisabeth Borne nel nuovo governo Castex a cui il presidente ha affidato la “mission” di non fare più “âneries”, asinate, sciocchezze come ha strillato in copertina il settimanale Le Point) ha deciso di sostenere in qualche modo quello speciale “Pôle Emploi” che si occupa specificatamente del collocamento/ricollocamento dei quadri.
Stiamo parlando dell’Apec, Agence nationale pour l’emploi des cadres, una agenzia nata nel dopoguerra (1947, Quarta Repubblica) con il compito di presidiare il mercato del lavoro dei quadri, organizzare l’incontro tra domanda e offerta (grazie a centinaia di “conseillers” impegnati in 48 uffici regionali sparsi in tutto il Paese) e finanziata dalle trattenute sullo stipendio degli attivi (il 6 per mille, più della metà a carico delle aziende). Da qui la tradizionale governance paritaria tra rappresentanti dei datori di lavoro (Medef, la Confindustria, e Cpme e U2P, le due confederazioni delle piccole e medie imprese) e dei lavoratori, cioè dei quadri (che qui hanno ben quattro sindacati, la Cfe-Cgc, e a seguire la Cdft-Cadres, FO-Cadres e perfino la Cgt-Cadres, la più a sinistra).
Non esiste in Italia una realtà operativa come questa, un ufficio del lavoro dedicato esclusivamente ai quadri come l’Apec francese che, oltre agli uffici e a 900 “conseillers”, ora dispone anche di un efficientissimo portale (www.apec.fr) dove nel mese d’aprile, all’inizio della pandemia quando la Francia era tutta “confineé” con l’apparato economico e produttivo congelato, c’erano 45mila annunci di ricerca del personale (la metà della media del periodo: 95mila annunci), poi spariti e quindi tornati a quota 70mila alla fine del mese di luglio, segno che le cose cominciano ad andar meglio come testimoniano, del resto, i vari indici del consumo e perfino gli indici di Borsa.
All’efficienza della struttura, finanziata dai diretti interessati (imprese e quadri) come s’è detto, si è aggiunta, dal 1° luglio, una risorsa umana di particolare valore: un direttore generale che viene dall’alta burocrazia lavoristica e dal mondo dell’impresa, Gilles Gateau, un grand commis di lungo corso che ha lavorato con Martine Aubry, ministra del lavoro negli anni ’90, e con Manuel Valls, primo ministro con Hollande all’Eliseo, poi direttore del personale all’Edf, l’Enel francese, e ad Air France nella stagione calda delle contestazioni violente del sindacato piloti (Gateau è quello delle “chemises dechireés”, delle camicie stracciate dai dimostranti all’aeroporto di Parigi). Gateau all’Apec non rischia la camicia, ma il suo programma è ambizioso: fare dell’agenza “un reel phare dans la tempeste”. Che sia il Covid o un default globale i quadri francesi posssono contare sull’Apec. Un modello che i quadri italiani dovrebbero copiare.