L'Aie taglia le previsioni della domanda di greggio

L’ultima volta che l’Agenzia internazionale per l’energia ha dovuto fare conti con un calo della domanda globale di petrolio, risale al 2009. Dopo 11 anni È quanto l’Aie si trova nella stessa situazione alla luce dell’emergenza coronavirus che si sta manifestando proprio adesso, in una “situazione fluida con uno straordinario livello di incertezza”.

Secondo l’Aie la crescita della produzione negli Stati Uniti e in altri paesi non Opec sarebbe destinata a perdere slancio dopo il 2022

Sulla flessione pesa la riduzione della richiesta cinese e dell’impatto sullo spostamento di persone e merci. L’Agenzia prevede che nel 2020 la domanda globale scenderà di 90 mila barili al giorno a quota 99,9 milioni, con una riduzione di 825 mila unità rispetto alla stima fatta appena il mese scorso: una valutazione che – naturalmente – dipende dalla rapidità con cui i governi si muoveranno per arginare l’epidemia e dal successo dei loro sforzi.

L’Aie, si legge su Adnkronos, ha anche sviluppato altri due scenari sulla possibile evoluzione della domanda globale di petrolio nel 2020. Nell’ipotesi più pessimistica con un virus non arginato, la domanda globale potrebbe ridursi di 730.000 barili al giorno nel 2020 mentre in quella ottimistica aumenterebbe di 480 mila bpd.

Le prospettive a medio termine dell’Oil 2020. L’outlook dell’Agenzia prevede una crescita annuale della domanda globale di petrolio destinata a essere rallentata dalla crescita minore dei consumi di carburanti per il trasporto. Effetto, questo, che verrà prodotto dalla contrazione nel 2020 e da un forte rimbalzo previsto nel 2021.

Tra il 2019 e il 2025, pertanto, la domanda mondiale di petrolio dovrebbe crescere ad un tasso medio annuo di poco inferiore a 1 milione di barili al giorno. Nell’intero periodo, la domanda aumenterebbe di un totale di 5,7 milioni di barili al giorno, con la Cina e l’India a coprire circa la metà della crescita.

Allo stesso tempo, la capacità di produzione mondiale di greggio dovrebbe aumentare di 5,9 milioni di barili al giorno, con oltre tre quarti provenienti da produttori non Opec. Ma la crescita della produzione negli Stati Uniti e in altri paesi non Opec sarebbe destinata a perdere slancio dopo il 2022, consentendo ai produttori mediorientali di riportare i rubinetti verso l’alto e aiutare a mantenere in equilibrio il mercato mondiale del petrolio. Si prospetta, quindi, una ulteriore centralizzazione geografica del peso, anche politico, sul mercato dell’oro nero.

Il rapporto sul mercato a medio termine considera anche l’impatto delle transizioni di energia pulita sulle tendenze del mercato petrolifero. Si prevede che la crescita della domanda di benzina e diesel tra il 2019 e il 2025 si indebolirà man mano che i paesi di tutto il mondo attueranno politiche per migliorare l’efficienza e ridurre le emissioni di anidride carbonica.

Nel mercato del petrolio è in corso uno shock della domanda e dell’offerta (Richard Flax, Moneyfarm)

Ne potrebbe quindi beneficiare anche l’automotive elettrico, uno degli sbocchi possibili per un settore, quello automobilistico, tra i più colpiti dall’epidemia in corso. 

Le prime analisi dal mondo della finanza sull’andamento dei prezzi e sulla frattura interna all’Opec, sono quelle di M&G Investments e Moneyfarm.

“Il prezzo del greggio è caduto del 25%-30%, aggiungendo un nuovo motivo di preoccupazione per i mercati. La guerra dei prezzi è raramente una buona idea”, dice Richard Flax (il primo in foto), chief investment officer di Moneyfarm

Nel mercato del petrolio è in corso “uno shock della domanda e dell’offerta (con l’aumento tattico della produzione saudita) e le conseguenze sul prezzo sono quelle che vediamo in questi giorni.

Il prezzo inferiore del barile è una buona notizia per molti, specialmente attraverso costi di trasporto più bassi”. Ma avvisa Flax: “l’effetto di questo beneficio sarà però parzialmente vanificato da una domanda che resta congelata, almeno per le prossime settimane”.

L’indice VIX ha raggiunto un nuovo picco. I porti sicuri continuano invece a crescere. Il contesto è molto polarizzato: il rischio paga, gli asset difensivi crescono”, continua il responsabile investimenti di Moneyfarm. “A un certo punto ci sarà spazio per aumentare l’esposizione azionaria ma questo momento non è ancora arrivato. Il presente scenario può essere complesso per gli investitori e il nostro consiglio resta sempre lo stesso: focalizzarsi sul lungo termine e lavorare per massimizzare i ritorni in ottica lungimirante”.

Per Randeep Somel (il secondo in foto), director of global equity di M&G Investments. “Il nervosismo della domanda globale creato dal Covid-19 ha messo in luce le crescenti fragilità di uno dei più grandi gruppi intergovernativi del mondo, l’Opec”. 

La Russia ha adottato misure severe sul suo bilancio nazionale, trovandosi ora nella posizione di chi può permettersi un prezzo del petrolio più basso (Randeep Somel, M&G I.)

La mancata voce unitaria dell’organismo davanti ad una pandemia globale ha origini lontane. “Il rapporto si è logorato negli ultimi cinque o sei anni a causa della volatilità della domanda di petrolio e dell’economia globale”, spiega Somel.

“Ai problemi si è aggiunta una nuova offerta di petrolio portata sul mercato con l’avvento della fratturazione idraulica (fracking). Questo ha portato gli Stati Uniti a diventare il più grande produttore mondiale di petrolio e ha ancora maggiormente privato l’Opec della capacità di mantenere il prezzo attraverso il controllo degli approvvigionamenti”.

La creazione dell’Opec + tre anni fa, con l’ingresso di Russia, Kazakistan e Messico ha reso ancora più complessi gli equilibri interni. Il no del Cremlino a un taglio concordato dell’offerta per controllare il prezzo ha portato al fallimento dell’ultimo incontro dell’organismo. L’Arabia Saudita oggi ha deciso di procedere autonomamente sul taglio alla produzione, probabilmente, con più attenzione agli equilibri interni che a quelli generali del club dei paesi produttori. 

“La Russia”, continua il director of global equity di M&G, “ha adottato misure severe sul suo bilancio nazionale, il che significa che ora si trova in una posizione in cui può permettersi un prezzo del petrolio più basso. I produttori americani di shale oil, che hanno costi più elevati, sono stati aiutati dai bassi costi di indebitamento nel finanziare continuamente la loro produzione”. Adesso, il calo dei prezzi rischia di mettere in crisi questo equilibrio. 

Anche M&G vede nel calo del prezzo un’occasione per alcuni settori. “I consumatori ne trarranno vantaggio spendendo meno per la benzina e avranno più da spendere per altri prodotti”, dice Randeep Somel. “Sarà positivo anche per altre industrie, come le compagnie aeree, che hanno visto diminuire la domanda a causa del Coronavirus, ma che ora vedranno diminuire anche i loro costi più alti”.

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