Accedere a strumenti di credito prima fuori portata come lo sconto fatture, grazie alla possibilità di mettere a disposizione del sistema bancario l’ingente mole di informazioni richiesta. Oppure leggere tutti assieme i dati di Industria 4.0 per utilizzarli al meglio, traendone una strategia utile all’azienda. Sono solo due esempi delle possibilità aperte dall’intelligenza artificiale (A.I.) anche alle piccole e medie imprese. «L’A.I. è un acceleratore che può permettere alle Pmi di competere con le grandi aziende» dice Tommaso Cohen, Coo & Cfo del Gruppo TeamSystem, che mette a disposizione soluzioni che integrano l’A.I. ai suoi 1,7 milioni di clienti. E in questa intervista a Economy avverte: non dimentichiamo che l’output dell’A.I. ha comunque bisogno di un’interpretazione critica da parte di chi gestisce il business.
Cohen, che ruolo ha Teamsystem nel portare l’A.I. alle Pmi?
La missione che ci siamo dati è quella di aiutare le Pmi italiane, che seguiamo in grande numero, a usare la tecnologia per essere più competitive sul mercato. È il nostro mantra: in ogni cosa che facciamo ragioniamo su come possiamo portare anche le nostre piccole e medie aziende a essere più produttive e poter competere anche con imprese di dimensioni maggiori. Da questo punto di vista vediamo l’A.I. come una grande opportunità. Ci piace definirla come un abilitatore di semplicità per i nostri clienti; attraverso l’utilizzo dell’A.I. oggi anche aziende che non hanno capacità di investimento importanti su queste materie possono fare quel che prima era loro precluso. C’è un grande gap, da una parte quasi il 60% delle grandi imprese già oggi utilizza l’A.I. e il machine learning in maniera proattiva per proporre nuove soluzioni ai clienti, utilizzando al meglio i dati a disposizione; dall’altra solo il 6% delle Pmi lo fa, soprattutto se stimolata dai clienti o dai provider di tecnologia.
Ci fa un esempio di utilizzo strategico dell’A.I. nelle Pmi?
Immaginiamoci quanto potrebbe essere importante per una Pmi avere la stessa capacità di previsione delle esigenze di cassa di una grande impresa, e quindi avere la possibilità di accedere a strumenti di credito in maniera più sofisticata. Noi offriamo questa possibilità, portando all’interno delle imprese algoritmi e strumenti che, senza la necessità di avere delle skill particolari all’interno dell’azienda, aiutano a comprendere quale sarà l’andamento di cassa nei mesi successivi, e quindi quali possono essere gli strumenti a disposizione. Oggi anche la capacità di lettura dei prezzi di mercato sia in termini di fornitura che di prezzi da applicare, che per tante grandi imprese del mondo consumer o della distribuzione sono un elemento distintivo, con l’A.I. può essere messa a disposizione delle Pmi.
L’utilizzo dell’A.I. può quindi aiutare le Pmi a raggiungere strumenti di credito altrimenti inaccessibili?
Proprio così. Oggi con le informazioni che ci sono in azienda lette in tempo reale, l’utilizzo di algoritmi come quelli di credit scoring, molto più sofisticati del passato, permette a una platea di aziende anche molto piccole di accedere a strumenti che altrimenti non sarebbero stati alla loro portata. Per esempio lo sconto fatture, uno strumento cui, per quanto banale, oggi le aziende di piccole dimensioni non hanno accesso. Gli strumenti tradizionali del sistema bancario non sono in grado di servirle perché non hanno abbastanza informazioni su aziende così piccole. Questo può fare la differenza in termini di competitività, l’accesso al credito e quindi la possibilità di investire è un elemento fondamentale.
Quali altre applicazioni può avere l’A.I. nelle Pmi?
È molto interessante, per fare un altro esempio, quel che avviene nel mondo manifatturiero. Industria 4.0 rende molto sofisticata la capacità di controllo della produzione delle imprese del manifatturiero di piccole e media dimensione. L’integrazione tra Iot e A.I. permette anche alle Pmi di avere un controllo molto interessante dal punto di vista della qualità e del miglioramento dell’efficienza e della produttività della filiera. Chi produce le macchine e i sensori ci mette del suo, ma ci vuole anche l’integrazione con il software di gestione della produzione: l’A.I. può aiutare a leggere tutti insieme i dati che vengono forniti da queste diverse componenti e restituire qualcosa di utilizzabile. La chiave di volta è mettere insieme queste informazioni. Esistevano anche 3 o 5 anni fa, ma oggi esiste una capacità e una consapevolezza diversa del poterle mettere insieme e ottenerne un’azione pratica che dia beneficio all’impresa.
Come vi ponete nei confronti dei vostri clienti Pmi?
Cerchiamo di esercitare un ruolo da catalizzatore, di portare questo tipo di tecnologia e di competenza attraverso i prodotti in maniera molto semplice. Quello che il cliente vede è semplicemente il risultato di questo lavoro. Dietro ci sono tanta ricerca e tanti investimenti, abbiamo più di mille software engineer che lavorano tutti i giorni per migliorare i nostri prodotti. Abbiamo una base di 1,7 milioni di clienti in Italia, e quindi una comprensione di tante dinamiche che rimettiamo a disposizione delle Pmi anche attraverso il machine learning e l’A.I.
Le piccole imprese possono permettersi i vostri prodotti che utilizzano la A.I.?
Assolutamente sì: il vantaggio dell’aver creato questo ecosistema così ampio che siamo in grado di servire, è che permette di mettere a scala gli investimenti e restituire questo vantaggio all’interno dei prodotti a prezzi totalmente accessibili. Oggi l’investimento delle Pmi in digitalizzazione e tecnologia è crescente nel tempo, ma rappresenta ancora una piccola parte del loro costo, quindi non si tratta di fare grandi investimenti economici, ma più nel voler utilizzare questi strumenti. È piu un passaggio culturale, come in tutte le grandi trasformazioni da un lato c’è il timore di cambiare e anche di fidarsi di quel che deriva dalla lettura dei dati e delle informazioni, dall’altro la voglia di sperimentare il beneficio che se ne può trarre.
Che tipo di atteggiamento hanno le Pmi verso questi strumenti?
C’è un gruppo non piccolissimo di front runner che stanno abbracciando questa rivoluzione e ne stanno cogliendo i benefici; quasi il 40% dei commercialisti, per esempio, in Italia è nostro cliente. È una delle categorie in Italia con la maggiore professionalità. C’è anche un altro gruppo che invece è più resistente al cambiamento. La cosa interessante è il trend: l’abbiamo visto con l’adozione del cloud, lo stiamo vedendo adesso con l’adozione dell’A.I., ogni volta che arriva una nuova ondata tecnologica è un po’ più veloce la capacità di adattarsi, di accettare, utilizzare e sfruttare le nuove tecnologie. Sono ottimista, credo che nel giro di pochi anni l’A.I. diventerà patrimonio comune delle Pmi. Ma non bisogna mai dimenticare un aspetto fondamentale.
Quale?
L’A.I. è un acceleratore, perché fa saltare dei passaggi. Se prima avevo necessità di avere determinate skill di tipo analitico per poter utilizzare le informazioni digitali che ci sono in azienda, oggi c’è un passaggio in meno da fare, la capacità analitica me la può mettere a disposizione l’A.I. Ma devo sviluppare comunque delle skill importanti di tipo critico: quello che restituisce l’A.I., per quanto accurato e lo sarà sempre di più, ha comunque necessità di un’interpretazione critica da parte di chi gestisce il business. Questo dobbiamo averlo bene in mente. Se non conserviamo uno sguardo critico, se non cerchiamo di capire fin dove può arrivare l’A.I. e dove invece il fattore umano deve restare fondamentale, rischiamo di travisarne il senso.