di Valeria Massarelli
Il futuro dell’intelligenza artificiale ha già tanto da spartire con la storia. Certamente non una storia che viene da lontano, eppure sufficientemente matura da avere avuto il tempo di infilarsi nelle nostre vite senza che, quasi, ce ne accorgessimo. ChatGpt, il software di casa OpenAI che sa rispondere alle nostre domande e conversare con noi ha acceso l’occhio di bue sui chatbot super intelligenti, ma più che innestare il processo di sviluppo, aggiungendo un elemento di novità rivoluzionaria, ha reso l’A.I. (al secolo artificial intelligence, l’intelligenza artificiale) mainstream. Questa app ha registrato la crescita più veloce di sempre, raggiungendo i 100 milioni di utenti a due mesi dal lancio. Altri enormi player globali del mondo digital, come Instagram o TikTok, hanno dovuto aspettare oltre due anni per lo stesso risultato.
Ma, si diceva, il fatto che tutti l’abbiano scoperta, non vuol dire che l’AI sia nata ora. Tutt’altro. Ogni volta che chiediamo al nostro assistente vocale, sia esso Siri o Alexa, di impostare il timer per la pasta, ogni volta che Netflix o Amazon ci suggeriscono qualcosa da vedere o comprare, ogni volta che abbiamo bisogno di un’auto di car sharing o ci facciamo assistere in chat sulla piattaforma del nostro operatore telefonico, stiamo interagendo con l’intelligenza artificiale. Secondo Wikipedia il primo utilizzo di A.I. in ambito commerciale fu nel 1982 con R1: un software della Digital Equipment che configurava gli ordini per nuovi computer e che “nel 1986, fu in grado di far risparmiare alla compagnia 40 milioni di dollari”. Ecco perché, più che parlare di futuro, vale la pena tenere gli occhi sul presente in cui l’elemento di novità sta più che altro nella diffusione e nell’accessibilità a un numero crescente di applicazioni: un vero e proprio obiettivo per chi oggi lavora nel settore.

Massimo Ruffolo, Ceo e fondatore di Altilia, parla di “democratizzazione dell’A.I. applicata” per indicare quel processo di messa a disposizione alle imprese di soluzioni pronte per l’uso. Nel caso di Altilia, queste soluzioni riguardano l’analisi e la comprensione automatizzata di qualsiasi tipo di documento nell’ambito della quotidianità operativa e decisionale quotidiani delle imprese. Si va dalla lettura di fatture estere, bollettini di pagamento ed estratti conto bancari per la chiusura delle partite sui sistemi di contabilità all’estrazione dei dati e informazioni rilevanti da contratti per interpretare e monitorare in maniera automatica clausole e condizioni. «Grazie all’A.I. – spiega Massimo Ruffolo – si libera il tempo impiegato in un processo ripetitivo e si ovvia alla possibilità di errore umano. Operiamo andando a integrare nei sistemi aziendali i nostri robot pre-addestrati che sanno svolgere quello specifico compito. Le imprese ottengono risultati concreti come minor perdita di credito, la possibilità di azione immediata sui clienti insolventi, la riduzione dei costi e il miglioramento della revenue e dei margini». L’attività di Altilia è quindi nell’ambito applicativo del così detto Idp (Intelligent Document Processing), ma non è che una parte delle molte possibilità che le Pmi possono sfruttare del vasto panorama dell’intelligenza artificiale. Anche settori come la logistica e la produzione tout court possono giovarsi efficacemente dell’ingresso dei robot. L’azienda per le ricerche di mercato Interact Analysis ha stimato che il mercato dei robot industriali crescerà del 10% all’anno, dopo che nel 2021 ha registrato un incremento a livello globale del 25%.
In numeri assoluti, la vendita di robot dovrebbe passare da poche centinaia a migliaia: nel 2025, saranno acquistati 640mila robot mobili autonomi e 43mila veicoli a guida automatizzata. I robot mobili hanno il loro principale impiego nella logistica: aumentano l’efficienza in magazzino e prevedono la collaborazione con i dipendenti secondo una logica che sottosta allo sviluppo di tutte le soluzioni di AI applicata ad oggi disponibili: non sostituzione dell’umano, ma integrazione in tutte quelle attività ripetitive che sprecano l’indole intellettiva, a favore di un maggior impiego dell’intelligenza “naturale” laddove utile o necessaria. Ne è un esempio l’A.I. previsionale, una versione più evoluta della business intelligence, ambito in cui opera Vedrai, nata “per aiutare i decision maker delle aziende a prendere decisioni migliori in condizioni di incertezza, risparmiando tempo e riducendo i costi di scelte sbagliate”. Vedrai ha realizzato «dei sistemi di supporto alle decisioni, che – spiega il business development manager, Renato De Marco – chiamiamo “agenti virtuali”: monitorano milioni di dati interni ed esterni all’azienda e ne trasformano la complessità in informazioni strategiche facilmente leggibili dalle imprese».
Se il core business di Vedrai è la A.I. previsionale, la società sta già accelerando anche nell’utilizzo della tecnologia che sta alla base di ChatGpt e in tutte le tematiche connesse al natural language processing e all’A.I. generativa. «In questa direzione – sottolinea De Marco – si inserisce l’acquisizione del 60% di Indigo.ai che Vedrai ha concluso ad agosto 2022; la piattaforma di Indigo.ai utilizza tecnologie come ChatGpt per aiutare le aziende a costruire chatbot in grado di entrare in sintonia con i loro clienti allo scopo di aumentare le vendite e migliorare il customer service».
E siamo arrivati a un’altra applicazione dell’intelligenza artificiale che è, forse, quella che meno necessita di approfondimento. L’idea di fornire assistenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e su molteplici canali, dal web alle app fino ai social network, va incontro ai ritmi del digital, che impongono una reperibilità costante, e anche all’evoluzione culturale e comportamentale degli utenti che, in questa disponibilità continua di risposte, hanno perso la capacità dell’attesa. Esserci, quindi, equivale a soddisfare un’aspettativa che si è consolidata come minimo sindacale nella user experience contemporanea. Il bot che conversa è più che mai al centro dell’attenzione proprio per via di ChatGpt e c’è da credere che gli assistenti virtuali per il customer care a disposizione delle imprese saranno sempre più sofisticati e verosimili da riuscire a conquistare la fiducia di un numero crescente di consumatori, con il risultato di posizionarsi in snodi essenziali dei processi di vendita. Un percorso in cui si inserisce l’automazione del marketing e dell’advertising che usa i chatbot per la raccolta dati che vanno ad alimentare – e perfezionare – i sistemi di marketing verso il target profilato.

Tornando in azienda, o più precisamente nell’ambito della produzione, l’intelligenza artificiale porta negli stabilimenti sistemi in grado di migliorare i processi sotto il profilo del controllo qualità e della congruità dei tempi, oltre che la così detta manutenzione predittiva dei macchinari che consente l’ottimizzazione della produzione. In questo settore di applicazione è attiva AISent che spazia dal controllo e miglioramento della qualità di una vasta gamma di prodotti dell’industria manifatturiera, alla modellizzazione matematica per l’ottimizzazione dei processi produttivi e la manutenzione predittiva su macchine industriali. «Il nostro sogno – svela l’amministratore delegato, Daniele Gamba – è quello di rendere le fabbriche più intelligenti ed umane, lasciando i lavori gravosi e meccanici ai robot. Ci occupiamo di computer vision – aggiunge -, con cui costruiamo macchine di controllo qualità e asservimento tramite robot, e di creazione di modelli matematici per fare manutenzione predittiva, ottimizzare i processi identificando le cause dei problemi, ed accompagnando i clienti più importanti nel creare nuovi algoritmi da includere nei propri prodotti».
Infine, la possibilità di utilizzare l’intelligenza artificiale nella produzione dei contenuti. L’attività su ChatGpt è stata ampiamente indagata da utenti più o meno autorevoli che hanno tentato di metterla alla prova. I risultati paiono discreti ma, soprattutto, la tecnologia ha ispirato varie declinazioni possibili. La società internazionale di headhunting e risorse umane Reverse, ad esempio, ha avviato una serie di sperimentazioni per applicare al comparto della ricerca di personale le potenzialità ChatGpt. «Tra le azioni che stanno riscontrando più successo – racconta Daniele Bacchi, Ceo e cofounder di Reverse – c’è sicuramente l’aiuto che ChatGpt fornisce al recruiter nel momento in cui si trova a dover intervistare i candidati che svolgono mestieri molto specifici e altrettanto diversi dal suo. ChatGpt è in grado, infatti, di fornire chiarimenti e spunti di approfondimento per capire meglio anche le competenze tecniche che la figura cercata deve possedere. Non sembra essere così lontano il momento in cui avrà la possibilità di simulare un colloquio tecnico».
Insomma, il futuro (che è già presente) dell’intelligenza artificiale è un dato di fatto, contestualizzato per contemporaneità e operatività vigente. Al di là delle singole applicazioni, è caratterizzato da due parole: velocità e efficienza. L’A.I. viaggia verso la puntualità in un percorso di approssimazione costante perché è destinata a migliorarsi ad ogni nuovo input di dati. Intanto, al grado di puntualità alla quale è arrivata oggi, è pronta a entrare in impresa, non per scansare l’uomo, ma per sollevarlo.