Il dato certo è che c’è l’inflazione, come combatterla è la domanda che tutti si pongono. La Bce in primis, ma anche la Banca d’Italia, il cui governatore Ignazio Visco ieri ha portato il proprio saluto alla XIV Conferenza MAECI. Visco ha ammonito non soltanto contro i rischi di una rincorsa prezzi e salari, che non servirebbe certo a combattere l’inflazione, ma ha posto l’accento anche sulla progressiva frammentazione dei mercati, conseguenza della situazione geopolitica attuale, al centro della quale c’è la guerra in Ucraina.
Quanto costa la frammentazione all’economia
“I costi di un ritorno alla frammentazione delle nostre economie sarebbero ingenti – ha detto Visco – con riferimento alle sole restrizioni al commercio di beni e servizi, il Fondo monetario internazionale stima che esse potrebbero causare perdite fino al 7 per cento del PIL globale. Ma ci sono anche altri canali che verrebbero minati, quali la diffusione delle conoscenze, la mobilità della forza lavoro e dei capitali, le minori opportunità di diversificazione dei rischi. Soprattutto, in uno scenario di frammentazione, verrebbero a mancare le leve necessarie ad affrontare i grandi problemi globali della cui soluzione le tensioni geopolitiche che stiamo vivendo sembrano offuscare la necessità”.
Inflazione e come combatterla, la politica monetaria non basta
La rincorsa ai rialzi dei tassi è l’altro aspetto che in queste settimane è al centro del dibattito, in attesa anche di quelle che saranno le decisioni della Fed. “La politica monetaria dovrà quindi continuare a muoversi con prudenza – ha detto Visco – facendosi guidare dai dati che via via si renderanno disponibili, in modo da riportare l’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio periodo, senza mettere a rischio la stabilità finanziaria e minimizzando gli effetti negativi sull’ancora fragile ripresa”. L’altro elemento di cui bisogna tenere conto riguarda invece l’occupazione. “Vi si è aggiunta – continua – la peculiare dinamica del mercato del lavoro, dove i posti disponibili superano largamente le richieste di occupazione, con forti spinte al rialzo delle retribuzioni”.
Quali soluzioni alla frammentazione dei mercati
Vista la realtà geopolitica il tema della frammentazione economica pone quindi una riflessione a parte. “Oggi non possiamo più dare per scontato il proseguimento di uno sviluppo basato sull’apertura globale delle economie. – ha detto – Dopo decenni di integrazione dei mercati, l’acuirsi delle tensioni geopolitiche produce, insieme con i rischi di contrapposizione politica e militare fra paesi, anche pericoli di una nuova frammentazione del sistema economico e finanziario.In Europa è in corso una riflessione su questi temi e, in particolare, su come rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione Europea. Un rilievo crescente sembra essere dato alla costituzione di catene di approvvigionamento robuste rispetto al rischio di shock geopolitici – specialmente per le risorse energetiche, i semiconduttori, le materie rare – nonché al rafforzamento della competitività internazionale delle imprese attraverso l’innovazione tecnologica in settori strategici”. L’altro tema portante è quello, già ipotizzato da diversi economisti, di un ritorno a una simil economia di stato. “Il ricorso al concetto di interesse nazionale per giustificare diverse forme di intervento dello Stato in economia è andato crescendo. – ha detto – A settori tradizionali come la difesa e le infrastrutture critiche, si sono aggiunti nuovi ambiti quali la protezione
dei dati personali e industriali, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie. Anche su queste materie è utile una risposta unitaria, anziché diversificata tra i nostri paesi. Non si può però mancare di sottolineare che a livello globale, anche per evitare l’insorgere di nuove forme di protezionismo di cui sono evidenti i costi e incerti i benefici, è di certo necessario che vi siano in tutti questi ambiti, e perseguiti da tutti i paesi, trasparenza, piena compatibilità con il diritto internazionale e comprensione dei rischi connessi con un regresso forte nella cooperazione internazionale. Perché lo spirito di collaborazione che negli ultimi anni è stato alla base della globalizzazione non venga drammaticamente meno, occorre un grande sforzo di diplomazia, a tutti i livelli, politico, economico, finanziario”.