Rappresentanti delle istituzioni nazionali ed europee hanno discusso oggi la bozza di revisione della direttiva dell’Unione europea sulla prestazione energetica degli edifici, che sarà sottoposta al voto della commissione Industria, Ricerca ed Energia (Itre) dell’Europarlamento il 9 febbraio prossimo. La conferenza, intitolata “La direttiva Ue sull’efficienza energetica delle case e le politiche sull’immobiliare allargato in Italia”, si è tenuta presso lo spazio Esperienza Europa di Roma ed è stata inaugurata dal ministro per gli Affari europei, il sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, che ha illustrato il ruolo del settore immobiliare nel processo di transizione ecologica.
Cosa propone la revisione della direttiva europea
La revisione della direttiva, proposta dalla Commissione europea nell’ambito del progetto “Fit for 55”, propone obiettivi ambiziosi: ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra del 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, per poi conseguire la neutralità carbonica nel 2050. Un contributo fondamentale al risparmio energetico dovrà provenire dagli edifici, che rappresentano il 36 per cento delle emissioni e il 40 per cento dei consumi. La revisione prevede in particolare l’azzeramento delle emissioni nei nuovi edifici entro il 2030, termine che viene esteso al 2050 per quelli già esistenti. Traguardi intermedi sono previsti per gli immobili residenziali: raggiungere la classe energetica E entro il primo gennaio 2030 e la classe D entro il primo gennaio 2033.
Tempistiche, queste, che fanno discutere soprattutto in Italia, che conta un parco residenziale – in gran parte vetusto – di 12,2 milioni di edifici, con milioni da ristrutturare nell’arco di pochi anni. Come evidenziato da Fitto, il piano di decarbonizzazione degli immobili dovrà “dialogare” con il RepowerEu e tenere conto delle “peculiarità” del panorama italiano. “Uno Stato come il nostro – ha sottolineato il ministro per gli Affari europei – non può affrontare il problema dell’efficientamento energetico degli immobili al pari di altri Paesi”. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin ha posto l’accento sulle specificità del panorama italiano: “La direttiva sulla ‘green house’ va sicuramente emendata per adattarla al contesto italiano, che è diverso e speciale rispetto a quello europeo. Deve essere sfruttata la spinta all’innovazione tecnologica. Il governo ha chiare le esigenze del Paese e le difenderà senza arretramenti, non imponendo lavori onerosi ai privati. L’Italia è antica, preziosa e fragile, e dobbiamo conservarla al meglio per le future generazioni”.
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L’Italia punta a negoziare gli obiettivi
Un invito alla prudenza sul tema dell’ottimizzazione delle prestazioni energetiche degli edifici giunge anche dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, secondo cui l’Italia intende negoziare obiettivi “realistici e modalità d’attuazione che non mettano in ulteriore difficoltà le nostre imprese e famiglie”. Nonostante “il Paese sia consapevole che in questo momento di transizione ecologica anche il comparto immobiliare è chiamato a fare la sua parte, il governo presieduto da Giorgia Meloni ha ribadito in ogni circostanza che occorre operare in una cornice di ambientalismo ragionevole”, ha infatti chiarito il ministro. Più vigoroso è stato l’appello del sottosegretario della presidenza del Consiglio, Alessandro Morelli, secondo cui il percorso dell’efficientamento energetico da intraprendere in Europa “deve essere quello del buonsenso, sia per quanto riguarda l’immobiliare che relativamente ai motori”. “Essere proprietari di una prima casa in Italia ha un significato, è un aspetto peculiare della nostra cultura che ha profonde radici”, ha affermato Morelli, avvertendo che le scelte che stanno arrivando da Bruxelles “rischiano di essere punitive”. “L’Italia – ha sottolineato – non si oppone ad un percorso di miglioramento dell’efficienza energetica, ma deve essere un percorso che premi il nostro parco immobiliare”.
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