
C’era una parola sulla bocca di tutti, al 29esimo Forum di Scenari Immobiliari di Santa Margherita Ligure, Milano. Ma è una scommessa facile, quella sul capoluogo lombardo: l’afflusso dei grandi capitali dei fondi internazionali, le riqualificazioni che non lasciano spazio al degrado – dopo Porta Nuova e City Life ora è la volta dell’area che ruota intorno a piazzale Loreto, al centro del progetto guidato da Nhood, LOC Loreto Open Community – e quell’aria da capitale europea col perfetto equilibrio tra arte, shopping e business che Roma non ha mai saputo conquistare. E non è un caso se nel momento più atteso del Forum (secondo solo alla cena di gala a Villa Durazzo, se ci passate l’ironia) sono stati proprio i primi protagonisti della rinascita milanese, Mario Abbadessa, country manager del fondo americano Hines, e Manfredi Catella, il numero uno di Coima (che insieme avevano dato il via al progetto di Porta Nuova, per poi separarsi) a parlare di… Roma. Proprio così: data per scontata la crescita di Milano, ora lo sguardo si sposta altrove. A Genova, a Bologna, ma soprattutto a Roma, una delle città più belle del mondo, che merita di essere rivalorizzata. E i protagonisti della riqualificazione prossima ventura della capitale, sul palco di Santa Margherita Ligure, ovvero Giovanni Maria Benucci (Fabrica Immobiliare) e Alessandro Caltagirone, sono già pronti a cogliere le opportunità in arrivo con i fondi del Pnrr.
E se quella degli uffici, a Roma, è una battaglia persa in partenza, anche per via della scarsa domanda, oltre che per la scarsa qualità dell’esistente Barbara Cominelli, a capo di JLL, punta più su student housing, residenze, leisure, sanità, logistica e riconversioni di asset non performanti: basti pensare che se Milano conta 320 green building, Roma ne ha appena 90 e gli investitori richiedono i cosiddetti “net zero buildings”. Così, non è difficile attendersi, per Roma, l’assalto alla diligenza del Pnrr
E Hines? «Ci abbiamo pensato, a Roma, e continuiamo a pensarci», ha spiegato Mario Abbadessa, sottolineando che al momento, comunque sui 4 miliardi allocati (più un altro miliardo che verrà investito quest’anno, su Roma l’investimento al momento è pari a zero. «Abbiamo un tema di allocazione dei capitali: abbiamo troppa liquidità e troppa pressione per investire. Se entriamo a Roma entriamo in maniera pesante, aprendo un ufficio», ha detto. «Roma, però, è singolare perché è l’unica città al mondo dove gli asset intangibili sono più di quelli tangibili. Roma ha il doppio degli abitanti di Milano, in termini di passeggeri è il triplo di Milano, però se andiamo a vedere gli aspetti immobiliari si inverte la situazione: Milano ha tre volte le transazioni che ci sono a Roma. Perché a Milano ci sono 4 miliardi di investimenti e a Roma ce ne sono 1,7? Visto da fuori sembra assurdo. C’è qualcosa che non va. Anche all’estero, ci sono città come Atene o Lisbona in cui aprono ìgrandi catene alberghiere e dove investono i grandi mercati di capitali, che a Roma sono assenti. Non si spiega. Effettivamente una spiegazione non c’è, stando solo ai dati. Il problema è che a Roma, per essere trasparenti, ci sono due problemi: la reputazione – Milano i giochi olimpici li ha fatti, Roma li ha rifiutati, a Milano non c’è spazzatura in strada, a Roma sì – e Roma parte in salita, il secondo, fondamentale è che a Milano c’è un metodo di lavoro, una società civile, che dopo la crisi ha fatto sistema e le cose vengono messe a terra. Ci sono grandi fondamentali su Roma e una grande domanda inevasa, è un mercato primario, però questi due temi bloccano la liquidità mondiale che invece avrebbe ansia di atterrare. Io non sono focalizzato su soldi pubblici, ma sulla risoluzione di queste tematiche. Perché i capitali privati ci sono e aspettano solo di poter atterrare».
Una visione quasi opposta a quella di Manfredi Catella, che invece ha ricordato che la spinta alla riqualificazione di Milano è proprio partita dal pubblico, in particolare dall’allora sindaco Gabriele Albertini: «Un sindaco con una visione, alcuni progetti con grandissimi rischi, come Porta Nuova, la continuità fa le cinque amministrazioni che per 25 anni si sono passate il testimone, alcuni episodi di accelerazione come l’Expo. Ma soprattutto – ha detto Catella – nel 2000 c’era in municipio Emilio Cazzani, il capo del settore urbanistica a Milano e le persone che lavoravano con lui erano di altissima qualità e quello è stato un elemento determinante». Insomma, i capitali non c’erano e sono arrivati successivamente – ricordiamo che Porta Nuova è interamente di proprietà del fondo sovrano del Qatar. Per Roma il discorso sarà presumibilmente inverso: prima arriveranno i capitali, pubblici, e il privato seguirà.
«In una dimensione come Roma, che è sette volte Milano, lo spazio di manovra è enorme, anche senza pubblica amministrazione», ha sottolineato Giovanni Maria Benucci, che a Rome vive e opera da sempre. «Indubbiamente c’è un difetto di governance di cui si è preferito attribuire la responsabilità più alla burocrazia che alla mancanza di visione. Il che, però, non esaurisce il tema. Roma è una città sicura, con buona pace dello stereotipo di “mafia capitale”, e ha un’alta qualità della vita. Fra le grandi città è la più verde d’Europa e con la qualità dell’aria migliore. Queste cose, visto che si parla solo di cinghiali, bisogna che si parli. Ma le opportunità migliori da cogliere non sono quelle evidenti. Ci sono senz’atro sfide da cogliere, ma anche monumentali opportunità da cogliere. E Roma è già partita. Tito Livio diceva: è tipico degli umani patire e agire in grande. Se po’ fa’».
La sintesi? La migliore, indubbiamente, è quella restituita da Alessandro Caltagirone: «Oggi l’immobiliare di Roma è un bene sottovalutato, non è cresciuto come avrebbe potuto. Ma è immerso in una situazione sicura: la legge sulla proprietà, gli standard di sicurezza che non sono comuni nel mondo, i palazzi che sono lì per centinaia di anni, il mercato è sicuro perché è una città grande. Ha un potenziale di crescita che va bene per l’investitore speculativo ed è un bene sicuro che va bene per il cassettista. Ma sullo sviluppo, è vero: a Roma manca una linea guida. È come avere un’auto col pieno di benzina e nessuno che gira la chiave».