Indipendentemente dal settore e dagli obiettivi, chiunque voglia affermare il proprio brand personale deve battersi contro un primo, grande scoglio: la soglia di attenzione degli interlocutori. Già molto limitata di per sé, si è abbassata ancora di più a causa del bombardamento di stimoli a cui i media ci sottopongono di continuo. “You never get a second chance to make a first impression”, direbbero gli inglesi. E hanno ragione. Quando il professionista o imprenditore si presenta a qualcuno, non può permettersi di sbagliare: deve scegliere poche parole giuste per comunicare il suo valore aggiunto. Ecco, quelle parole sono la sua etichetta.
Attenzione, però. L’etichetta personale è molto di più di un vuoto slogan a effetto. Tutto nasce dalla promessa al mercato, cioè una dichiarazione di cosa il pubblico può aspettarsi. Per colpire nel segno deve contenere almeno tre elementi: il pubblico, il risultato promesso e il modo. Il mio esempio? “Aiuto imprenditori e professionisti a diventare volti noti del loro settore attraverso strategie di personal branding”. Una volta identificata, la promessa al mercato va sintetizzata in un’etichetta che, nel mio caso, è “business celebrity builder”. Tre parole chiare, dirette e concrete per descrivere una mission professionale. Molto più d’impatto rispetto al canonico (e spesso un po’ freddo) job title, l’etichetta va riportata sul biglietto da visita, come headline su Linkedin, nella home page del sito web e in qualsiasi altro materiale di comunicazione.
Sono decine, forse centinaia, le etichette elaborate da Stand Out, la prima agenzia di servizi integrati di personal branding. Scandagliando la memoria alla ricerca delle più riuscite, è impossibile non citare Simona Bastari. Il suo lavoro è di per sé una bella sfida, perché di primo acchito può sembrare agli antipodi rispetto a ciò che “funziona”. Simona, infatti, è un amministratore di condominio. Un mestiere che ai più evoca riunioni noiose e interminabili, spese da pagare, liti che scattano per la minima inezia.
Per colpire nel segno, il personal branding deve contenere almeno tre elementi: il pubblico, il risultato promesso e il modo
Il suo percorso con Stand Out ha preso il via da un’analisi delle sue competenze e caratteristiche e dalle esigenze del suo mercato, fino a mettere a punto un’etichetta che la rendesse unica: l’amministratore del condominio felice. Poteva sembrare un azzardo, ma ha funzionato. A tre anni dall’avvio della sua strategia di personal branding, Simona è titolare di uno studio che gestisce un elevato numero di stabili, vanta innumerevoli interviste su testate e reti televisive nazionali ed è ritenuta un modello dai colleghi. Condominio Felice è diventato anche un brand che punta ad affermarsi in tutt’Italia. Ma lasciamo che sia lei a raccontarsi in prima persona.
Cosa significa essere l’amministratore del condominio felice?
All’interno di un condominio i rapporti umani sono importanti quanto le questioni pratiche: puoi occuparti al meglio di conti, fornitori, pagamenti e urgenze, ma se trascuri le persone non stai facendo un buon lavoro. Per evitare contrasti serve un amministratore presente e capace di mediare con serenità. Oltre che alla corretta amministrazione, il mio focus è quindi orientato a migliorare il livello di felicità condominiale, attraverso attività condivise che consentano ai condomini di conoscersi, risolvere conflitti e creare rapporti positivi.
Investire sul personal branding è stato utile per la tua carriera?
Di sicuro la visibilità mediatica ha fatto molto, permettendomi di vincere lo scetticismo iniziale e affermarmi come una micro-celebrità di settore. La mia etichetta non è qualcosa di posticcio ma riflette ciò che realmente sono, un po’ come un abito cucito su misura.
L’autore, Gianluca Lo Stimolo Business Celebrity Builder Founder & CEO Stand Out