
Quanto costa passare il testimone alla staffetta sbagliata (o non passarlo affatto)? Più o meno 25 miliardi di euro. A prendersi la briga di studiare il danno economico e sociale causato dai fallimentari passaggi generazionali delle imprese italiane è il Centro di Ricerca sulle Imprese di Famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Cerif), l’associazione senza fini di lucro che riunisce le imprese di famiglia italiane. La sua missione, “Sustaining Family Business Growth Vitality”, consiste proprio nell’osservare, studiare ed analizzare in modo rigoroso le imprese di famiglia fornendo strumenti e soluzioni a supporto delle loro attività. «Il mondo imprenditoriale italiano è costituito per l’82% da aziende a conduzione familiare, di cui il 97% hanno meno di 20 dipendenti, e ogni anno sono oltre sessanta mila gli imprenditori coinvolti nel passaggio generazionale», spiega Claudio Devecchi, amministratore unico e direttore scientifico Cerif. Seconso cui il 49% delle imprese familiari (quindi parliamo di più di 3,5 milioni su un totale di 4,3 milioni) alla seconda generazione letteralmente scompare: 16.513 passaggi generazionali che non vanno a buon fine. E il danno economico e sociale, per il sistema Italia, sarebbe quantificabile, appunto, in oltre 25 miliardi di euro. Eppure il 46% delle imprese familiari ha già la generazione successiva presente in azienda, ma il ricambio non viene pianificato nei dettagli: tre imprenditori su quattro considerano il passaggio generazionale un evento difficile da gestire e si dichiarano impreparato e solo il 22% delle aziende ha definito accordi per la successione, ma spesso è una pianificazione insufficiente. Così, appena il 17% delle pmi, secondo il Cerif, supera la terza generazione. Ma qual è la ricetta per il passaggio generazionale felice?
Secondo uno studio Cerif il danno per il sistema Italia dei mancati passaggi del testimone arriva ai 25 miliardi di euro
Tutta questione di fiducia
Chiariamo subito una cosa: di casi di successo di passaggio generazionale col “tira e molla” (quando cioè vi è un continuo e indeciso lascia e riprendi tra fondatore e successore) e “traumatici” (per la morte improvvisa del fondatore) non ce ne sono. Segno che le idee devono essere chiare fin dall’inizio. E che il passaggio va pianfiicato per tempo. Cerif ha analizzato i migliori passaggi generazionali, quelli che hanno generato un esito positivo non solo a livello aziendale (la mera sopravvivenza già lo sarebbe), ma anche finanziario: si tratta di 20 eccellenze con un fatturato medio aziendale pari a 93 milioni di euro e una media dipendenti per azienda pari a 200 lavoratori. In pratica, il campione caratteristico della pmi italiana. I modelli di passaggio generazionale adottato dai “campioni” (in tutti i sensi) esaminati dal Cerif sono due: quello “semplice”, che ricorre nel 60% dei casi, e quello “dinamico”, che interessa il restante 40% delle aziende esaminate. La differenza tra i due modelli? «Nel passaggio semplice il fondatore/titolare passa il testimone all’erede senza la presenza della discontinuità o della traumaticità», chiarisce De Vecchi: «Decide semplicemente di lasciare il campo di gioco all’erede e si ritira in buon ordine. Ciò accade in quanto il processo di transizione generazionale è stato pianificato per tempo e realizzato con efficacia. Il passaggio generazionale dinamico è stimolato da elementi di discontinuità interni ed esterni messi in atto dal potenziale erede. Tipici elementi di discontinuità di solito sono: una start up per l’erede, la crescita aziendale per acquisizioni, la managerializzazione in azienda, lo spin-off guidato dall’erede, l’internazionalizzazione, l’ingresso di un private equity, l’innovazione. Il passaggio si conclude quando il fondatore/titolare vede che i risultati di questi elementi sono positivi e dà fiducia all’eredeconsegnandogli le chiavi dell’azienda di famiglia».
Largo ai giovani
Secondo Credit Suisse, le aziende familiari quotate hanno ritorni superiori alla media. Forse perché non c’è quello scollamento tra management e proprietà che a volte fa naugrafare anche ol più solido dei business. O forse è questione di “freschezza mentale” Perché le eccellenze esaminate dal Cerif vedono la presenza al vertice dell’azienda nel 65% dei casi esaminati di un giovane imprenditore, accompagnata da una performance economico-finanziaria forte, robusta e consistente. Si tratta di imprenditori che hanno fatto crescere il fatturato, spesso raddoppiandolo in sei-sette anni, senza aiuti esterni, ma unicamente ricorrendo all’autofinanziamento. Mica facile. Eppure, gli eredi, parallelamente a questa crescita, sono riusciti a mantenere i principali indicatori e ratio economico-finanziari molto positivi. La storia familiare, l’innovazione, la giovane età dell’imprenditore, la performance economico- finanziaria: sono questi i fattori della buona riuscita di un passaggio generazionale. Tre quarti delle eccellenze esaminate dal Cerif hanno la business history familiare come elemento qualificante. «La storia della famiglia e dell’azienda di famiglia condizionano il passaggio generazionale”, precisa Devecchi: «Ciò accade perché lo stile della casa, le “tante battaglie condotte sul campo”, gli esempi ricevuti, la vita vissuta dal fondatore e dagli eredi in tutte le sue dimensioni (affettive, valoriali, materiali, psicologiche), i condizionamenti sociopolitici ed economici ricevuti, tutto ciò contribuisce a determinare in modo indelebile il dna degli eredi». L’altro fattore di successo presente nel 70% dei casi di eccellenza è l’innovazione: «La famiglia che governa l’impresa deve ricorrentemente interrogarsi su cosa ha fatto, cosa sta facendo e cosa intende fare nel futuro prossimo per alimentare il vantaggio competitivo», continua Devecchi. «Occorre quindi innovare ovunque: dentro la supply chain, nell’IT, trasformandola da routine contabile a leva di business, nei prodotti e nei processi, nei servizi resi al cliente, nelle politiche di sviluppo del personale, nelle architetture organizzative e nella politica finanziaria».
I casi da cui imparare
Giunto ormai alla sua ottava edizione, il premio “Di padre in figlio – Il gusto di fare impresa” promosso da Cerif ha premiato la vitivinicola siciliana Donnafugata Spa, ormai alla quinta geenrazione, perché «La successione è avvenuta in modo graduale, caratterizzata da importanti elementi di innovazione. Si segnalano in particolare l’integrazione verticale dell’attività, la modernizzazione della struttura organizzativa e una forte politica di comunicazione e di immagine, estremamente originale e fuori dall’ordinario. L’approccio fresco e innovativo degli eredi ha permesso all’azienda di superare anche la crisi economica e finanziaria del 2008. Un ulteriore elemento di eccellenza rispetto alla generalità delle imprese familiari italiane è stato la presenza di un Presidente del cda esterno alla famiglia”. Gli altri premi? Sono andati a Cavanna Spa (Innovazione), Mantero Spa (Internazionalizzazione), Idea Spa (Giovane Imprenditore), Molino Rossetto (Storia e tradizione), Diemme Industria Caffè Torrefatti S.p.A. (Piccole imprese), Fratelli Polli Spa (Apertura del capitale), M.E. Marittima Emiliana Spa (Donne al comando), Globalpesca Spa (Fratelli al comando).