Luigi Di Maio è ragazzo sveglio che ha capito in fretta come accattivarsi l’affetto degli elettori, tanto da portare un movimento un po’ naïve a diventare la prima forza politica del nostro paese. Ha saputo battere sui tasti giusti del malcontento italico e ha poi raccolto alle urne quanto seminato in cinque anni. Per questo l’intemerata via social (ça va sans dire) e nel salotto di Vespa ha lasciato un po’ di sasso. Ma come, Luigi, denunci un testo sulla pace fiscale manipolato. Da chi? Manine tecniche o politiche dice il ministro del Lavoro. Al Quirinale però, e qui si sfiora il grottesco, dichiarano di non sapere nulla. Non delle manipolazioni, ma proprio del testo, che non ha mai varcato la porta degli uffici di Mattarella. Insomma, un pasticcio che ha prontamente fatto tornare alla mente l’acquisto quasi comico della casa di Via degli Annibaldi da parte di Claudio Scajola – che, a proposito di eterno ritorno, in una spirale che avrebbe fatto impallidire Vico, è tornato a fare il sindaco di Imperia dopo aver definito un “rompicoglioni” Marco Biagi, aver dichiarato che durante il G8 di Genova tutto aveva funzionato a meraviglia ed essersi poi fatto comprare una casa senza neanche accorgersene.
L’idea però è che un giovane politico con ambizioni da leader sappia benissimo che questa improbabile denuncia sia il metodo più efficace per rinsaldare un elettorato che tra Tap incancellabile, Tav che si farà, Ilva che continuerà a intossicare Taranto e una costante e continua prevalenza della Lega nelle iniziative del governo, rischia la disaffezione in cerca di nuovi lidi. Gridare al complotto è un po’ un omnibus valido per ogni stagione. E’ il “mamma li turchi” medievale che permette una pronta coesione. Perché la Lega sta prendendo il sopravvento in questo strano governo bicefalo, mentre i Cinque Stelle sembrano essersi trasformati – proprio loro – in tanti “yes man” che sono pronti a dare ragione all’alleato nonostante tutto.
Il punto è che le elezioni europee si avvicinano: e mentre Salvini ha ben chiaro dove vuole andare (addirittura si dice pronto a candidarsi come leader del blocco populista e sovranista di Visengrad) i Cinque Stelle stanno ancora cercando una casa a Bruxelles. Con il rischio sempre più concreto di trasformarsi in una forza cadetta, subalterna alle decisioni dei leghisti che avrebbero tutto l’interesse ad andare all’incasso dopo le europee (che si preannunciano trionfali) e costruirsi – grazie a una legge elettorale bizzarra fortemente voluta da Renzi proprio per arginare, ironia della sorte, i Cinque Stelle – un governo monocolore sovranista.
Di fronte a Di Maio si apre uno scenario da incubo: gli storici aficionados stanno iniziando a stufarsi e si rischia una scissione. Da una parte i “fichiani”, più vicini a istanze di sinistra. Dall’altra una parte più populista e malpancista che non avrebbe problemi a confluire nella Lega. Per questo il ministro del lavoro ha deciso di sparigliare le carte, gridando allo scandalo e minacciando di portare le carte in tribunale (e visti i tempi della giustizia, auguri!). Un estremo tentativo di ridare importanza al suo ruolo e al suo partito – pardon movimento. Una mossa che, a conti fatti, rischia di rivelarsi quasi disperata. E questa volta, non a sua insaputa.