In inglese si chiama “whistleblowing” e allude alla pratica sportiva di segnalare un fallo col fischietto. In Italia una traduzione garbata non c’è. Formalmente si allude alla “denuncia”, in pratica si pensa alla “spiata”. Ebbene, questa pratica è finalmente regolamentata da marzo, dopo anni di limbo (se ne parlò per la prima volta nel 2011) e sta andando in applicazione in questi giorni, dopo l’approvazione lo scorso marzo del nuovo Decreto Legislativo in cui vengono introdotti molti aspetti innovativi che riguardano i canali e la gestione delle segnalazioni, gli ambiti di applicazione oggettivi e soggettivi, gli impatti reputazionali e le sanzioni. La cosa riguarda in sostanza “il dipendente pubblico che segnala illeciti nell’interesse generale, dei quali sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro”. Le novità di legge coinvolgono anche chi ha già implementato un Modello 231/01 e, conseguentemente, un canale di segnalazione per i relativi illeciti.
Le nuove disposizioni entreranno definitivamente in vigore dal 15 luglio 2023 per la maggior parte dei destinatari e saranno rivolte, in buona sostanza, sia agli enti pubblici, ad esclusione dei comuni con meno di 10mila abitanti, sia agli enti privati con più di 50 dipendenti, ovvero a quelli, fra i privati, che operano in alcuni specifici settori, come, ad esempio, nell’ambito di prodotti e mercati finanziari, della tutela dell’ambiente o dei trasporti, indipendentemente dal numero di dipendenti.
La prima grande novità, quantomeno per gli enti privati, va rinvenuta proprio nell’obbligo (e non più nella mera facoltà) di istituire canali di segnalazione interna e di introdurre strumenti approntati alla concreta tutela dei segnalanti. Per i privati, infatti, l’istituzione di tali sistemi era, sino a oggi, rimessa alla libera scelta di dotarsi di un Modello di organizzazione gestione e controllo, conformemente alle previsioni del decreto legislativo 231/2001.
In altri termini, ai sensi della normativa appena richiamata (tuttora in vigore), l’ente nell’ambito del quale siano commessi dei reati può riuscire ad andare esente da conseguenze sanzionatorie se dimostra, fra l’altro, di aver introdotto efficaci protocolli di whistleblowing.
Oltre all’abbandono della facoltà in favore dell’obbligo di istituire canali di whistleblowing, un’altra novità sostanziale può sicuramente individuarsi nell’ampliamento degli illeciti oggetto di segnalazioni. Il decreto estende il whistleblowing non solo alle “materie” di rilievo squisitamente penalistico già considerate dal decreto legislativo 231 (corruzione e frodi, in primis), ma anche a malpractice, non necessariamente delittuose, che incidono direttamente sugli interessi strategici comunitari (privacy, antitrust, ambiente), o a condotte che si assumono essere in violazione degli standard etici a cui gli enti intendono spontaneamente aderire.